LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7170-2015 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MIGLIACCIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE;
– controricorrenti –
e contro
EQUITALIA GERIT S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 7049/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/09/2014 R.G.N. 4912/2012; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.
RILEVATO
CHE:
Con sentenza del 29.9.04, la Corte d’Appello di Roma – in riforma della sentenza del 21.2.12 del Tribunale della stessa sede – ha rigettato l’opposizione di M.M. avverso cartella esattoriale con la quale gli era stato intimato di pagare all’INPS Euro 5.409 a titolo di contributi e sanzioni dovuti per iscrizione d’ufficio alla gestione separata lavoratori autonomi L. n. 335 del 1995, ex art. 2, comma 26.
In particolare, la corte -ritenuto che il termine prescrizionale dei contributi non potesse decorrere che dalla data di comunicazione dei redditi del lavoratore- ha rilevato che nella specie il termine non era decorso.
Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per due motivi, cui resiste con controricorso l’INPS. Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
CHE:
Con il primo motivo di ricorso si deduce -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.- violazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10, comma 1, per avere la sentenza impugnata ritenuto essenziale la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini del sorgere del debito contributivo.
Con il secondo motivo si deduce -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.-violazione degli artt. 2934 e 2935 c.c., L. n. 335 del 1996, art. 3 comma 9, L. n. 335 del 1996, art. 2, comma 26, L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 212, per avere la sentenza impugnata trascurato la possibilità di riscuotere i crediti sin dalla nascita del crediti medesimi a seguito del mero svolgimento dell’attività lavorativa, non essendovi impossibilità giuridica di far valere il relativo diritto.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione: essi sono fondati.
Questa Corte (Cass. 19640 del 24 luglio 2018 e Cass. 13463 del 29 maggio 2017) ha già ritenuto rilevante ai fini dell’inizio del decorso del termine prescrizionale la data in cui diritto può essere fatto valere, escludendo in ipotesi analoga a quella di specie cause giuridiche che abbiano ostacolato l’esercizio del diritto.
In particolare, si è affermato che l’impossibilità di far valere un diritto, alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, nel cui ambito, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (cfr. sentenze n. 21026 del 06/10/2014 e n. 10828 del 26/05/2015).
Questa Corte ha pure già ritenuto, con specifico riferimento alla materia in oggetto (Cass. n. 13463 del 29/05/2017 e Cass. 19640 del 24 luglio 2018), che in tema di contributi cd. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito L. n. 233 del 1990, ex art. 1, comma 4, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ne consegue che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l’atto, eventualmente successivo con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, un maggior reddito.
E’ pertanto infondata la tesi fatta valere dall’INPS secondo cui il diritto ai contributi a percentuale sul reddito sarebbe sorto solo quando l’Istituto ha avuto contezza del suo credito e cioè solo dopo che l’Agenzia delle Entrate ha accertato d’ufficio che il lavoratore autonomo avesse conseguito un reddito mai dichiarato prima. Invece il diritto in questione era già sorto al momento del fatto generatore dello stesso ovvero alla scadenza del termine stabilito per il pagamento dei medesimi contributi all’INPS.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata.
Non essendo necessari altri accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, accogliendo l’opposizione del M. alla cartella esattoriale, essendo decorso il termine prescrizionale, computato con la decorrenza suindicata, ed essendo la prima richiesta dell’INPS dei contributi -richiamata in atti- successiva allo spirare del termine.
Le spese dell’intero processo vanno compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione proposta da M.M..
Spese dell’intero processo compensate.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2021
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