Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.22087 del 02/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12634-2015 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI;

– ricorrenti –

contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6996/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/11/2014 R.G.N. 720/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

RILEVATO

CHE:

Con sentenza del 6.11.14, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede del 2002 che aveva accolto l’opposizione avverso la cartella con la quale l’INPS aveva chiesto il pagamento di Euro 14.359 per contributi a percentuale gestione artigiani relative all’anno 2004, per maggior reddito accertato a seguito di segnalazione dell’Agenzia delle entrate.

In particolare la corte territoriale riteneva prescritto il credito, la cui decorrenza andava ancorata al periodo contributivo rilevante.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per tre motivi; la controparte è rimasta intimata.

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo di ricorso, pur non formalizzato con specifica epigrafe, si lamenta in sostanza che il termine prescrizionale relativo ai contributi previdenziali non poteva decorrere che dal momento dell’accertamento del reddito d’impresa in misura superiore a quello previsto dalla L. n. 223 del 1990, art. 1, comma 4, non essendo configurabile prima del detto accertamento fiscale il diritto ai contributi a percentuale.

Con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – violazione dell’art. 2935 c.c. e D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, per avere la sentenza impugnata trascurato che il termine di prescrizione dei contributi non era decorso per essere stato interrotto dalla notifica dell’avviso di accertamento del reddito ad opera dell’agenzia delle Entrate.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione dell’art. 2941 c.c., n. 8, L. n. 233 del 1990, artt. 1 e 2, D.L. n. 384 del 1992, art. 3bis, conv, con modif. in L. n. 438 del 1992, per avere la sentenza impugnata trascurato che il contribuente ha dolosamente occultato i debito contributivo, sicché il termine di prescrizione del relativo diritto era sospeso fino all’accertamento dello stesso ad opera dell’Agenzia delle Entrate.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Questa Corte (Cass. 19640 del 24 luglio 2018 e Cass. 13463 del 29 maggio 2017) ha già ritenuto rilevante ai fini dell’inizio del decorso del termine prescrizionale la data in cui diritto può essere fatto valere, escludendo in ipotesi analoga a quella di specie cause giuridiche che abbiano ostacolato l’esercizio del diritto.

In particolare, si è affermato che l’impossibilità di far valere un diritto, alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, nel cui ambito, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (cfr. sentenze n. 21026 del 06/10/2014 e n. 10828 del 26/05/2015).

Questa Corte ha pure già ritenuto, con specifico riferimento alla materia in oggetto (Cass. n. 13463 del 29/05/2017 e Cass. 19640 del 24 luglio 2018), che in tema di contributi cd. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito L. n. 233 del 1990, ex art. 1, comma 4, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ne consegue che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, deve identificarsi con la scadenza deltermine per il loro pagamento e non con l’atto, eventualmente successivo con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, un maggior reddito.

E’ pertanto infondata la tesi fatta valere dall’INPS secondo cui il diritto ai contributi a percentuale sul reddito sarebbe sorto solo quando l’Istituto ha avuto contezza del suo credito e cioè solo dopo che l’Agenzia delle Entrate ha accertato d’ufficio che il lavoratore autonomo avesse conseguito un reddito mai dichiarato prima. Invece il diritto in questione era già sorto al momento del fatto generatore dello stesso ovvero alla scadenza del termine stabilito per il pagamento dei medesimi contributi all’INPS.

Il secondo motivo di ricorso è invece fondato.

Muovendo proprio dal fatto che il D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, ha demandato all’Agenzia delle Entrate un’attività di controllo sui dati denunciati dal contribuente, commettendole anche di richiedere il pagamento dei contributi e premi omessi o evasi, questa Corte (Cass. n. 17769 del 2015 e Cass. 13463 del 29 maggio 2017) ha già avuto modo di affermare che, ove il maggior contributo previdenziale dovuto sia accertato dall’Agenzia prima dello spirare del termine di prescrizione, la notifica dell’avviso di accertamento incide sia sul rapporto tributario che su quello contributivo-previdenziale, determinando l’interruzione della prescrizione anche in favore dell’INPS.

Il terzo motivo resta assorbito.

La sentenza impugnata va conseguentemente cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2021

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