Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22268 del 04/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11146-2019 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 168, presso lo studio dell’avvocato LUCA TANTALO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TIZIANO SOLIGNANI;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE TUCCIMEI, 1, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO HALL, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO SECHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 425/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 03/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa TRICOMI LAURA.

RITENUTO

CHE:

Con la sentenza depositata il 3/10/2018 la Corte di appello di Cagliari- Sezione Distaccata di Sassari, ha confermato la sentenza del Tribunale di Sassari del 13/6/2017 con la quale era stata assegnata alla ex coniuge S.R. la casa coniugale affinché ci vivesse con i figli, era stato posto a carico di C.G. un assegno di Euro 600,00= in favore di ciascuno dei figli G. e F., maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, oltre il 50% delle spese straordinarie di natura scolastica e sanitaria, ed un assegno divorzile di Euro 300,00= in favore dell’ex coniuge. Era stata altresì respinta la richiesta formulata dal C. di assegnazione di una porzione della casa familiare, individuata nel secondo piano, da lui costruito in sopraelevazione.

C.G. ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; S.R. ha replicato con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 147, 148, 155, 337 ter, 337 quinques, 2697 c.c., e della L. n. 898 del 1970, artt. 4,5 e 6.

Il ricorrente sostiene che, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento per i due figli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, i giudici del merito avevano proceduto a valutare le condizioni economiche pregresse del ricorrente, attraverso un giudizio ipotetico e probabilistico, non fondato su dati realmente esistenti, mentre sarebbe stato onere della S. assolvere all’incombente probatorio.

Si duole che non si sia tenuto conto del reddito documentalmente risultante dalle buste paga, progressivamente ridottosi negli anni, ma delle asserzioni indimostrate della S. circa l’elevato tenore di vita assicurato dal C. quando viveva in famiglia, senza tener conto del fatto che nel 2012 egli era anche divenuto padre di una bambina, nata da una nuova relazione.

Quanto alla previsione dell’assegno divorzile si duole che la Corte distrettuale abbia confermato l’assegno nella misura già in precedenza determinata, sulla considerazione che egli non aveva provato che la S. svolgeva un’attività lavorativa che le consentisse di provvedere alle sue esigenza di vita: osserva che, essendo incontestata lo svolgimento di attività lavorativa da parte di questa, e contestato solo l’ammontare della retribuzione, avrebbero dovuto disporsi – come era avvenuto nei suoi confronti – indagini di Polizia Tributaria.

Sostiene quindi che, avrebbe dovuto tenersi conto del risparmio di spesa che la ex moglie conseguiva in ragione dell’assegnazione della casa coniugale, utilizzata – a suo dire anche per ospitare degli studenti a pagamento.

Svolge poi questioni circa i rapporti tra giudizio di separazione e giudizio di divorzio.

1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 337 septies c.c. e della L. n. 898 del 1970, art. 9, dolendosi che il giudice di appello, sulla premessa che la costituzione di un nuovo nucleo familiare e la nascita di un nuovo figlio non avevano fatto venire meno gli obblighi già gravanti a suo carico nella medesima qualità, non abbia tenuto conto, nemmeno nella quantificazione, del depauperamento provocato dalla nuova famiglia.

1.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 337 sexies c.c. e si duole che non sia stata accolta la sua richiesta di assegnazione parziale della casa coniugale (primo piano) alla ex coniuge ed ai figli e di assegnazione ad egli medesimo ed alla nuova famiglia del secondo piano: sostiene in proposito che si tratta di due unità abitative autonome, anche se egli stesso riconosce che il secondo piano non è dotato di abitabilità.

2.1. I motivi primo e secondo, da trattare congiuntamente perché strettamente avvinti, sono inammissibili.

2.2. Va puntualizzando che la controversia riguarda la attribuzione e la determinazione dell’assegno divorzile in sede di giudizio divorzile e non già la modifica dello stesso, di guisa che il richiamo alla L. n. 898 del 1970, art. 9 non è pertinente.

2.3. Quindi, appare opportuno premettere, che, con la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 11490 del 1990, era stato affermato il carattere esclusivamente assistenziale dell’assegno divorzile, il cui presupposto è stato individuato nell’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge istante a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, ed il cui ammontare da liquidare in base alla valutazione ponderata dei criteri enunciati dalla legge (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio), con riguardo al momento della pronuncia di divorzio. Tale orientamento, rimasto fermo per un trentennio, è stato modificato con la menzionata sentenza n. 11504 del 2017 di questa Corte, che, muovendo anch’essa dalla premessa sistematica relativa alla distinzione tra il criterio attributivo e quello determinativo, ha affermato che il parametro dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante deve essere valutato al lume del principio dell’autoresponsabilità economica di ciascun coniuge, ormai “persona singola”, ed all’esito dell’accertamento della condizione di non autosufficienza economica, da determinare in base ai criteri indicati nella prima parte della norma. Con la recente sentenza n. 18287 del 2018 le Sezioni Unite di questa Corte sono nuovamente intervenute, e, nell’ambito di una complessiva riconsiderazione della materia, hanno ritenuto che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi o all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive del coniuge richiedente deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

2.4. Tuttavia le due doglianze con cui sono denunciati plurime violazioni di legge non considerano che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, viceversa, quando, come nella specie, si alleghi un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa il vizio è esterno all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, nei limiti previsti dal nuovo testo del numero 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, che, da una parte, ha circoscritto il sindacato di legittimità sulla motivazione alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza qui non ricorrenti, e, dall’altra, ha introdotto il vizio di omesso esame di un fatto che sia decisivo ed oggetto di discussione tra le parti.

A tale stregua, le censure non considerano che i fatti in esse dedotti sono stati puntualmente oggetto di specifica disamina da parte della Corte distrettuale, come si evince dalla sentenza (fol.5 e ss).

2.5. La Corte di appello, applicando i criteri come elaborati dalla pronuncia a Sezioni Unite del 2018, ha dato conto delle emergenze istruttorie e della palese incongruenza tra quanto risultante dai CUD più recenti di C. ed i più elevati guadagni percepiti in costanza di matrimonio, nonché le spese per il mantenimento, comunque regolarmente sostenute dallo stesso anche negli ultimi anni in cui si sarebbe verificata la contrazione del reddito; del fatto che era comprovato che questi – residente in Bulgaria -aveva svolto anche attività lavorative in altri nazioni, diverse da quelle documentate, e in relazione alle quali non aveva esplicitato i guadagni: non è pertanto vero che la decisione si basa su illazioni, giacché il ragionamento logico presuntivo si fonda sull’elaborazione di plurimi elementi di fatto, univoci e concordanti, sintomatici della percezione di un reddito maggiore di quello riferito e/o documentato dal C., desunto sia in ragione delle spese sostenute, sia delle ulteriori attività lavorative svolte, senza che in proposito sia stata offerta dal ricorrente alcuna spiegazione puntuale e circostanziata tesa ad avvalorare l’effettivo drastico ridimensionamento dei reddito denunciato e a smentire le convincenti conclusioni della Corte di appello, né sia stato indicato alcun fatto di cui sia stato omesso l’esame.

La statuizione impugnata risulta in linea con i principi di recente espressi perché – a differenza di quanto sembra ritenere il ricorrente – non si fonda sulla comparazione con il pregresso tenore di vita, ma applica i principi elaborati nel 2018 dalle Sezioni Unite, valorizzando la circostanza che nel corso del matrimonio la S. non aveva lavorato, occupandosi della casa e dei figli, mentre lui era impegnato in attività lavorative all’estero; mediante il richiamo e la conferma della prima decisione, tiene altresì conto della durata del matrimonio e del progredire dell’età dei coniugi e della prole, nonché – a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente anche dell’avvenuta assegnazione della casa familiare alla S. e del fatto che il ricorrente aveva formato una nuova famiglia allietata dalla nascita di una bambina.

Orbene le critiche svolte riguardano sostanzialmente la valutazione che dei molteplici fatti ha compiuto la Corte distrettuale sulla scorta dei plurimi criteri enucleabili dalla lettura della L. n. 898 del 1970, art. 5, come valorizzati nelle ultime decisioni di legittimità, mentre peccano per difetto di specificità in ordine alla tempestiva deduzione da parte del ricorrente di circostanze di fatto di cui sia stato omesso l’esame.

Non si ravvisa, quindi, l’inversione dell’onere della prova, di cui il ricorrente si duole, atteso che quanto dedotto dallo stesso circa l’attività lavorativa svolta dalla moglie ed altre disponibilità economiche, non è stato preso in considerazione perché si trattava di circostanze nuove, mai prima dedotte.

In proposito le censure sostanzialmente sollecitano un inammissibile riesame del merito, posto che non emergono fatti tempestivamente dedotti non esaminati, tali non risultando, alla stregua della decisione circa la novità degli stessi – sul punto non impugnata – l’eventuale attività lavorativa della S. e gli altri introiti percepiti – sempre a dire del ricorrente – affittando alcune stanze a studenti.

2.6. Ugualmente risulta immune da vizi la quantificazione dell’assegno di mantenimento previsto in favore dei figli, fondata sull’accertamento delle capacità reddituali del ricorrente nei termini prima rammentati e della circostanza che nel corso del matrimonio era stato il C. a provvedere al mantenimento della famiglia e dei figli con il proprio lavoro.

2.7. In generale i motivi di ricorso contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte di appello, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento. Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass. Sez. U. n. 8053 del 7/4/2014).

3.1. Il terzo motivo è infondato, oltre che inammissibile perché sembra non cogliere la ratio decidendi.

Fermo il principio secondo il quale “La casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate, sicché è estranea a tale decisione ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico, e ciò sia ai sensi del previgente art. 155 quater c.c., che dell’attuale art. 337 sexies c.c.” (Cass. n. 25604 del 12/10/2018; Cass. n. 23591 del 22/11/2010; Cass. n. 23631 del 11/11/2011), l’assegnazione di una porzione della casa familiare al genitore non collocatario dei figli può disporsi solo nel caso in cui l’unità abitativa sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia o sia comunque agevolmente divisibile (Cass. 22266 del 15/10/2020).

Nella specie, la Corte di appello ha accertato che la casa di ***** era costituita da un’abitazione unica, anche sulla scorta della perizia depositata dallo stesso C., e che, comunque, non ricorrevano le condizioni per l’assegnazione di una porzione dell’immobile, anche considerato che il C. risiedeva all’estero, dove svolgeva la sua attività lavorativa ed aveva costituito un’altra famiglia.

Questo accertamento non è smentito dal ricorrente, che si è limitato ad insistere sulla facile divisibilità dell’appartamento, senza tener conto delle anzidette plurime ed autonome considerazioni fondanti il rigetto.

4. In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021

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