Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22328 del 05/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30236/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.E.L. System Energy Lighting s.r.l.;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Liguria n. 625/2/14, depositata il 9.5.2014.

Udita la relazione svolta alla adunanza camerale del 28.4.2021 dal Consigliere Castorina Rosaria Maria.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 625/2/14, depositata il 9.5.2014, la Commissione Tributaria Regionale della Liguria accoglieva l’appello proposto da S.E.L. System Energy Lighting s.r.l (di seguito SEL) nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza della Commissione Tributaria provinciale di Genova che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente di impugnazione di un avviso di accertamento, emesso per l’anno di imposta 2007, con il quale venivano ripresi a tassazione costi non di competenza per Euro 2800,00 e costi non documentati per Euro 83.322,00.

La CTP riteneva che la contribuente non avesse contabilizzato ricavi per Euro83.322,00 indicati come rimanenze iniziali e mandava all’Agenzia di quantificare anche eventuali costi di produzione, accogliendo nel resto il ricorso.

La CTR, invece, su impugnazione dell’Agenzia, annullava l’avviso di accertamento ad eccezione della ripresa per i costi non di competenza per Euro 2.800,00.

Avverso la pronuncia l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidando il suo mezzo a quattro motivi.

La contribuente non ha spiegato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo l’ufficio deduce la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., art. 329 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54.

Lamenta che la CTR, nonostante la contribuente non avesse proposto appello incidentale, aveva riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che la S.E.L. non avesse contabilizzato ricavi per Euro 83.332,00.

La censura non è fondata.

Il giudice di primo grado ha affermato che la contribuente non aveva contabilizzato ricavi per Euro83.322,00 indicati come rimanenze iniziali e mandato all’Agenzia di quantificare anche eventuali costi di produzione.

E’ incontestato che la contribuente non abbia impugnato tale statuizione con un appello incidentale.

Tuttavia, come si evince dalla sentenza impugnata, è stato l’ufficio ad impugnare la statuizione, ribadendo le ragioni dell’avviso di accertamento e cioè il fondato recupero a tassazione di costi non documentati per Euro83.322,00 indicati in bilancio 2007 dalla Società come rimanenze iniziali relative a lavori iniziati nel 2006, basato sul fatto che le fatture relative a detti lavori erano state rilasciate nel 2007 e che la ditta non aveva prodotto ordini datati 2006 a giustificazione, impedendo che sulla stessa si formasse il giudicato.

La CTR ha ritenuto ingiustificato il recupero a costi delle rimanenze iniziali, ben potendo i lavori essere iniziati ed ordinati oralmente, come per prassi, nel 2006 e terminati nel 2007, anno in cui sono state rilasciate le fatture.

La CTR ha, inoltre precisato che poiché l’Ufficio, nella sua ricostruzione dei ricavi da manodopera non aveva tenuto conto dei tempi morti durante a lavorazione e delle ore effettive impiegate e che il ricarico applicato sui materiali non trovava alcun riscontro, doveva ritenersi realistico il valore della produzione dichiarato dalla Società in Euro337.145,00, giustificando in tal modo l’annullamento dell’avviso in questa parte.

2. Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1982, art. 109 e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3. Con il terzo e quarto motivo deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Lamenta che la CTR non aveva operato il corretto riparto dell’onere della prova in materia di rimanenze e aveva affermato i con motivazione meramente apparente la illegittimità del recupero delle rimanenze iniziali non documentate e annullato la ripresa a tassazione di ricavi/corrispettivi non contabilizzati.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.

Esse non sono fondate.

3.1. La CTR non ha operato alcuna inversione dell’onere della prova, ma pur riconoscendo che di costi si trattava, come dedotto dall’ufficio, ha affermato che quest’ultimi erano stati dimostrati dal contribuente.

La CTR ha osservato: “e’ ingiustificato il recupero a costi delle rimanenze iniziali ben potendo i lavori essere iniziati ed ordinati oralmente, come per prassi, nel 2006 e terminati nel 2007, anno nel quale sono state rilasciate le fatture” “tenendo conto che l’Ufficio nella sua ricostruzione dei ricavi della manodopera non ha tenuto conto dei tempi morti durante la lavorazione e delle ore effettivamente impiegate e che il ricarico applicato sui materiali non trova alcun riscontro, si deve ritenere realistico il valore della produzione dichiarato dalla Società in Euro337.145,00”.

3.2. Il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “de decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti” (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).

4.3. Va altresì ricordato che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

La sentenza impugnata si sottrae alla censura.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Nulla sulle spese in assenza di costituzione di parte resistente.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021

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