LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28768/2017 proposto da:
***** S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via Federico Cesi n. 72, presso lo studio dell’avv. Domenico Bonaccorsi Di Patti, rappresentata e difesa dall’avv. Alberto Stagno d’Alcontres, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
F.F.A. & FIGLI S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Mercadante, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
FALLIMENTO di ***** S.r.l., in persona del curatore p.t., elettivamente domiciliato in Roma, via Michele Mercati n. 42, presso lo studio dell’avvocato Carlo Rotili, rappresentato e difeso dall’avvocato Michele Perrino, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1997/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 31/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/02/2021 dal cons. Dott. LUCA SOLAINI.
RILEVATO
che:
1) La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 31.10.2017, ha rigettato il reclamo L.Fall., ex art. 18 proposto da ***** srl avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, pronunciata dal Tribunale di Termini Imerese su domanda di F.A. & Figli srl.
La corte territoriale ha respinto l’eccezione della reclamante, di difetto di legittimazione della società istante, il cui credito, ancorché contestato, era documentato dalle fatture e dalle bolle di consegna, oltre che da assegni insoluti per complessivi Euro 508.045,00 emessi in suo favore da *****; ha quindi ritenuto che lo stato di insolvenza di quest’ultima fosse pienamente provato, oltre che dal mancato pagamento del debito verso A. s.r.l., anche dalle risultanze del bilancio, in cui erano appostati debiti ingenti a fronte di un attivo, rappresentato dal patrimonio immobiliare, di per sé di non pronta liquidazione, del tutto insufficiente a coprirli.
2) Avverso la sentenza ***** srl ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, cui il Fallimento di ***** s.r.l. e F.A. & Figli srl hanno resistito con separati controricorsi.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1) Con il primo motivo ***** deduce violazione della L.Fall., art. 6, art. 2697 c.c. e art. 99 c.p.c.. Premette di aver agito in giudizio per far accertare l’insussistenza del credito di F.A. & Figli s.r.l.- che avrebbe preteso per le sue forniture un prezzo mai concordato e assai maggiore di quello corrente di mercato – e sostiene, in sintesi, che la corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che la legittimazione a proporre l’istanza di fallimento spetti a chiunque alleghi di essere titolare di un credito contestato, tutte le volte in cui “non possa essere ragionevolmente essere esclusa sulla base di semplici e rapidi accertamenti”; assume, in contrario, che il titolare di un credito litigioso, contestato e non ancora accertato giudizialmente – e quindi meramente eventuale – è privo di detta legittimazione, non potendosi porre a carico della parte che resiste in giudizio l’onere della prova, liquida e di pronta soluzione, di non essere debitrice.
2) Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.
2.1) La corte d’appello ha infatti deciso la questione di diritto in modo conforme alla costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua “In tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, la L.Fall., art. 6, laddove stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l’altro, su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante” (cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 1521/13) e la ricorrente non offre elementi per mutare tale orientamento.
2.2) Va poi, per altro verso, rilevato che – a prescindere dalla correttezza dell’assunto della corte territoriale, secondo cui la legittimazione a presentare la domanda di fallimento va riconosciuta ogni qualvolta l’esistenza del credito vantato dall’istante non possa ragionevolmente essere esclusa sulla base di semplici e rapidi accertamenti – nel caso di specie si era in realtà in presenza di un credito pienamente documentato (ovvero, per dirla con la ricorrente, non già meramente “non manifestamente infondato”, ma, di fatto, “manifestamente fondato”), avendo ***** ricevuto le forniture e, per di più, rilasciato in pagamento ad A. assegni rimasti insoluti: l’onere di provarne l’insussistenza sarebbe dunque gravato sulla debitrice, ai sensi dell’art. 2697 c.c., anche nel giudizio a cognizione ordinaria (peraltro promosso solo dopo la presentazione dell’istanza di fallimento).
3) Con il secondo motivo la ricorrente prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’esistenza di un suo controcredito – provato dalla seconda perizia prodotta in sede di reclamo – a titolo di storno fatture, per aver essa pagato negli anni alla creditrice istante un prezzo mai pattuito e maggiore di quello effettivamente dovuto.
4) Il motivo, prima ancora che infondato (avendo la corte territoriale esaminato la perizia ed escluso che dalla stessa potesse desumersi l’insussistenza del credito di F.A. & Figli) è inammissibile, in quanto non specifica in qual modo da una perizia (il cui contenuto – non riprodotto in ricorso – deve presumersi di natura eminentemente contabile) si potesse ricavare la prova del diritto della ricorrente alla ripetizione di una parte delle somme versate alla creditrice in corrispettivo di forniture pacificamente ricevute (per anni) senza muovere alcuna contestazione, in ragione della pretesa, mancata pattuizione del prezzo delle stesse (se non, addirittura, della mancata stipulazione del contratto), ancorché la vendita di beni mobili non richieda la forma scritta, né ad substantiam né ad probationem, e l’esistenza dell’accordo sul prezzo ben possa ricavarsi per facta concludentia.
5)Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L.Fall., art. 5 per avere la corte del merito erroneamente ritenuto sussistente il suo stato d’insolvenza sulla scorta di una dato irrilevante (lo sbilancio patrimoniale, attestante al più uno stato di crisi), nonché di due indici esteriori (un debito verso l’erario e quello, inadempiuto, verso la creditrice istante) del pari inidonei a dimostrare il dissesto, posto che per il primo era stato concordato un pagamento rateale, puntualmente rispettato, mentre il mancato pagamento del secondo, lungi dal poter essere considerato segnale della sua impotenza economico-finanziaria, costituiva espressione del suo diritto di difesa. Nel prosieguo del motivo, ***** assume che quando la dichiarazione di fallimento si fonda unicamente sull’inadempimento, contestato, verso il creditore istante, l’effettivo e puntuale accertamento non solo dell’esistenza, ma anche dell’esatto ammontare del credito in contestazione, nella specie non compiuto dalla corte territoriale, rileva non solo sul piano della legittimazione del creditore, ma anche su quello dell’insolvenza; lamenta, infine, che il giudice d’appello, nell’esaminare il bilancio, abbia trascurato l’analisi del capitale circolante, condotta nella memoria depositata il 17.2.2017.
6) Il motivo è inammissibile, in quanto, sebbene rubricato sotto il profilo della violazione di legge, si risolve nella richiesta di una valutazione delle risultanze istruttorie difforme da quella operata dalla corte territoriale, non sindacabile nella presente sede di legittimità se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
7) Con il quarto motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame del fatto decisivo costituito dalla predetta analisi sul capitale circolante, che avrebbe dovuto condurre il giudice ad escludere la sussistenza dello stato di insolvenza.
8) Anche questo motivo è inammissibile, in quanto lamenta l’omesso esame non già di un fatto storico, ma di una memoria difensiva (anche se di natura tecnica), peraltro senza chiarire da quali suoi passi si dovrebbe evincere l’insussistenza dello stato d’insolvenza, né perché tale eventuale, e certamente opinabile, conclusione varrebbe di per sé a contrastare il contrario accertamento della corte del merito, compiuto sulla scorta di dati obbiettivi.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti, in Euro 10.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per spese, oltre al 15% per spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021
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