LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. VELLA Paolo – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16262/2018 proposto da:
DSV S.p.a., (già Saima Avandero S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Crescenzio n. 91, presso lo studio dell’avvocato Lucisano Claudio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Scarpa Giovanni, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Cirio del Monte Italia S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona dei commissari straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Massimo n. 33, presso lo studio dell’avvocato Benincasa Maurizio, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3266/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/03/2021 dal consigliere Dott. Paola Vella.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile, per difetto di specificità dei motivi, l’appello proposto dalla Saima Avandero S.p.a. – ora DSV S.p.a. – avverso la sentenza con cui il Tribunale di Roma aveva accolto parzialmente la domanda revocatoria L.Fall., ex art. 67, comma 2 proposta dalla Cirio del Monte Italia S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, per l’importo di Euro 1.000.143,91.
1.1. DSV S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, corredato da memoria, cui l’Amministrazione straordinaria di Cirio del Monte Italia ha resistito con controricorso, parimenti corredato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Con i due mezzi proposti la ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 342 c.p.c., comma 1 nella formulazione anteriore alla novella del 2012 e dell’art. 2697 c.c.”, per avere la Corte d’appello “erroneamente ritenuto non adeguate le ragioni del gravame che avrebbero dovuto farla pervenire ad una soluzione del giudizio diwersa da quella del tribunale, in punto inesistenza dei pagamenti oggetto della domanda” (primo motivo) e “in punto conoscenza dello stato di insolvenza” (secondo motivo).
3. Le censure meritano accoglimento.
3.1. Il principio di diritto applicato dalla Corte territoriale – per cui “il principio della necessaria specificità dei motivi di appello – previsto dall’art. 342 c.p.c., comma 1, e, nel rito del lavoro, dall’art. 434 c.p.c., comma 1, nella formulazione anteriore alla novella operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano anche indicate, oltre ai punti e ai capi formulati e seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure. E’ pertanto inammissibile l’atto di appello che, senza neppure menzionare per sintesi il contenuto della prima decisione, risulti totalmente avulso dalla censura di quanto affermato dal primo giudice e si limiti ad illustrare la tesi giuridica già esposta in primo grado” (Cass. 6978/2013) – non risulta pertinente alla fattispecie concreta, poiché, dai brani dell’atto di appello appositamente trascritti a pag. 6-8 (primo motivo) e 10-12 (secondo motivo) del ricorso, emerge chiaramente come l’appellante avesse indicato in sintesi il contenuto della decisione impugnata e contestato le ragioni della decisione.
3.2. D’altro canto, con riguardo alla formulazione dell’art. 342 c.p.c. anteriore alla novella del 2012, applicabile ratione temporis, questa Corte ha più volte evidenziato che, “essendo l’appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’art. 342 c.p.c., comma 1, – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure” (Cass. 21745/2006, 12240/2007, 15263/2007).
3.3. A fronte del contenuto alquanto sintetico della motivazione adottata dal giudice di primo grado sulla prova dei contestati pagamenti, occorre altresì rammentare che “la specificità dei motivi di appello dev’essere commisurata all’ampiezza e alla portata delle argomentazioni spese dal primo giudice, sicché qualora queste siano talmente generiche da risolversi nella mera affermazione di rigetto delle ragioni della parte, quest’ultima le può riproporre evidenziando che in prime cure sono state disattese senza alcun supporto motivazionale suscettibile di apposita critica” (Cass. 15790/2016); è quindi sufficiente che “alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinarne il fondamento logico giuridico, ciò risolvendosi in una valutazione del fatto processuale che impone una verifica in concreto, ispirata ad un principio di simmetria e condotta alla luce del raffronto tra la motivazione del provvedimento appellato e la formulazione dell’atto di gravame, nel senso che quanto più approfondite e dettagliate risultino le argomentazioni del primo, tanto più puntuali devono profilarsi quelle utilizzate nel secondo per confutare l’impianto motivazionale del giudice di prime cure” (Cass. 4695/2017).
3.4. Inoltre, trattandosi in particolare della sufficienza delle prove documentali fornite (nella specie, “copia dei bonifici di pagamento”), va condiviso il principio per cui, “qualora l’atto d’appello denunci l’erronea valutazione, da parte del giudice di primo grado, degli elementi probatori acquisiti, è sufficiente, al fine dell’ammissibilità dell’appello, l’enunciazione dei punti sui quali si chiede al giudice di secondo grado il riesame delle risultanze istruttorie per la formulazione di un suo autonomo giudizio, non essendo necessario che l’impugnazione medesima contenga una puntuale analisi critica delle valutazioni e delle conclusioni del giudice che ha emesso la sentenza impugnata” (Cass. 24464/2020).
4. La sentenza va pertanto cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021