LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 18378/023 proposto da:
F.O., elettivamente domiciliato in Roma Via Panama 86 presso lo studio dell’avvocato Melucco Andrea, rappresentato e difeso dall’avvocato Raimondi Sonia, con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3032/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 7/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/03/2021 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.
RILEVATO
CHE:
F.O., cittadino della *****, propose appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna che respinse le sue richieste di riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria, osservando che: la vicenda narrata dall’istante (aver lasciato il suo paese a causa dello scontro permanente creatosi nel suo villaggio per decidere sull’ubicazione di una moschea per la cui costruzione i fedeli effettuavano donazioni da cinque anni, scontro che avrebbe determinato la morte di tre persone e il ferimento di altre, senza peraltro che la vicenda trovasse soluzione) non era neppure astrattamente sussumibile nell’ambito della fattispecie D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a), mentre quella lett. b), era da escludere per l’inattendibilità delle dichiarazioni rese e, in ogni caso, per la non provata impossibilità di protezione statale; dalle COI esaminate si desumeva l’insussistenza dei presupposti della fattispecie sub. lett. c), non essendo emersa una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; non ricorrevano neppure i presupposti della protezione umanitaria per la mancanza di condizioni individuali di vulnerabilità, rilevando che la patologia da cui era affetto il ricorrente era curabile anche nel paese di provenienza ove lo stesso manteneva rapporti stretti con i familiari.
Avverso tale ordinanza propose appello il F. sul mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, con riguardo alla situazione socio-politica della *****, e di quella umanitaria, adducendo la sua condizione di vulnerabilità derivante anche dal transito in Libia e dalla sua patologia, essendo il sistema sanitario della ***** inidoneo alla relativa cura (epatite b cronica).
Con sentenza del 7.12.18, la Corte territoriale respinse l’appello del F. osservando che: le dichiarazioni del ricorrente erano inattendibili, sia per l’intrinseca implausibilità e contraddittorietà di quanto riferito, sia per la mancata acquisizione di notizie riguardo alle vicende narrate; non era verosimile il timore di danni gravi; non sussisteva la fattispecie sub lett. c), poiché dalle COI esaminate non si desumeva una situazione di violenza indiscriminata nella regione di provenienza dell’istante; la protezione umanitaria era da escludere in quanto dalle fonti esaminate era dato evincere che nel 2014 in ***** era stato implementato un programma nazionale di lotta alle epatiti, connesso ad un piano strategico per un quinquennio.
F.O. ricorre in cassazione con quattro motivi, illustrati con memoria.
Non si è costituito il Ministero.
RITENUTO
CHE:
Il primo motivo deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, per aver la Corte d’appello omesso la pronuncia in ordine alla protezione umanitaria, sulla questione dell’integrazione e della pericolosità della regione di provenienza dell’istante, senza peraltro chiarire in base a quale report era stata affermata l’idoneità del citato programma nazionale ai fini della cura delle epatiti.
Il secondo motivo denunzia la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, art. 8 Cedu, art. 2 Cost., nonché omessa motivazione su un punto decisivo della causa, avendo la Corte territoriale, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, omesso di esaminare l’attuale inserimento del ricorrente nel mondo lavorativo, escludendo erroneamente il pericolo cui il F. incorrerebbe in caso di rimpatrio, ed omettendo di acquisire informazioni sulla *****.
Il terzo motivo deduce la nullità per violazione degli art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, per aver la Corte d’appello negato la protezione internazionale per la mancata credibilità dell’istante e la contraddittorietà delle sue dichiarazioni.
Il quarto motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 251, art. 3, lett. a) e b), lamentando la mancata acquisizione di elementi probatori da parte della Corte d’appello a sostegno della domanda del ricorrente.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile, in ordine ad entrambi profili dedotti: quello della protezione umanitaria per integrazione sociale, in quanto nuovo, non essendo dedotto con la necessaria specificità, nel ricorso, che la questione fosse stata sollevata davanti alla Corte d’appello; quello della pretesa apoditticità del rilievo del programma sanitario di contrasto dell’epatite B in *****, in quanto la Corte territoriale ha citato espressamente, quale sua fonte, il sito della World Health Organisation. Il secondo motivo, connesso al primo circa la pronuncia sulla protezione umanitaria, è inammissibile nella parte afferente alla protezione sussidiaria, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, ex lett. b), poiché tendente al riesame dei fatti. Invero, la Corte d’appello ha ritenuto inattendibile il racconto del ricorrente sulle vicende riferite alla partecipazione agli scontri all’interno del villaggio, con argomentazioni incensurabili in questa sede.
Il terzo motivo è inammissibile perché diretto al riesame dei fatti, riguardo alla valutazione d’inattendibilità del ricorrente sugli scontri che sarebbero insorti nel villaggio di provenienza per la questione dell’ubicazione di una erigenda moschea.
Il quarto motivo è parimenti inammissibile. Il ricorrente si duole che la Corte territoriale avrebbe omesso di assolvere l’onere di cooperazione istruttoria al fine di accertare la situazione personale dell’istante, limitandosi a riscontrare l’inattendibilità del suo racconto. La doglianza è generica e priva di specificità, non indicando i concreti elementi probatori che la Corte di merito avrebbe dovuto acquisire e la relativa decisività ai fini dell’accoglimento della domanda.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione del Ministero.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021