Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22541 del 10/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13455-2017 proposto da:

COMUNE DI MANTOVA, elettivamente domiciliato in *****, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO FURITANO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO ZANASI;

– ricorrente –

contro

MEDIOCREDITO ITALIANO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZA 2, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASQUALE RUSSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6384/2016 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA SEZ. DIST. di BRESCIA, depositata il 28/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2021 dal Consigliere Dott. FULVIO FILOCAMO;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha chiesto la trattazione della causa in sede di pubblica udienza, ex art. 375 c.p.c., u.c., stante la particolare rilevanza (e frequenza) della sottesa questione di diritto.

RILEVATO

Che:

1. Il Comune di Mantova ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 6384/67/2016 che, decidendo sull’appello relativo al rigetto da parte della Commissione tributaria provinciale di Mantova sull’impugnazione del diniego di rimborso di quanto versato a titolo di Imu per l’anno 2012 da parte di Mediocredito Italiano S.p.a., in riferimento ad un immobile concesso in locazione finanziaria alla Manzardo S.p.a. (c.d. utilizzatore) dichiarata fallita nel 2011, lo ha accolto in riforma della sentenza di primo grado, così accogliendo l’originario ricorso della Società contribuente.

1.1. La Commissione tributaria regionale ha rilevato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto relativo all’individuazione del soggetto passivo dell’Imu nel caso di immobile concesso in locazione finanziaria prediligendo la tesi favorevole alla Società contribuente.

2. Mediocredito Italiano S.p.a., ora incorporata a Intesa San Paolo S.p.a., si costituisce con controricorso e deposita memoria ex art. 380-bis c.p.c..

3. Il Comune di Mantova ricorre con tre motivi e deposita memoria ex art. 380-bis c.p.c.

CONSIDERATO

Che:

2. Il Comune di Mantova, con il primo motivo, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia, ritenendo che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente deciso la questione sottopostale senza formulare alcuna valutazione giuridica, limitandosi a richiamare alcune sentenze di legittimità e concludendo per l’accoglimento dell’appello.

2.1. Con il secondo motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente deciso la questione sottopostale, limitandosi a richiamare alcune sentenze di legittimità e concludendo per l’accoglimento dell’appello, senza formulare alcuna valutazione fattuale o giuridica sulla fattispecie sottopostale anche solo con riferimento ai precedenti citati.

2.2. Con il terzo motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 8, comma 2, e art. 9, comma 1, della L. n. 147 del 2013, art. 1, commi 672 e 703, e delle Disposizioni sulla legge in generale del c.c., art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente deciso la questione sottopostale di cui enuclea le circostanze ritenute pacifiche quali l’individuazione del soggetto passivo dell’Imu nel locatario a decorrere dalla data di stipula e per tutta la durata del contratto (D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 1), l’aver richiesto il versamento dell’imposta alla Società locante dopo che il curatore fallimentare della Società utilizzatrice l’immobile aveva esercitato la facoltà di scioglimento del contratto ai sensi dell’art. 72-quater legge fallimentare, così circoscrivendo il thema decidendum alla soluzione della questione relativa alla debenza dell’imposta da parte della Società locante dopo la cessazione del contratto ovvero alla riconsegna dell’immobile.

3. I motivi sono tutti fondati e possono essere oggetto di trattazione unitaria.

3.1. Dalla lettura della sentenza della Commissione tributaria regionale si rileva come, in effetti, i giudici abbiano rilevato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale, sul punto relativo all’individuazione del soggetto passivo dell’Imu nel caso di immobile concesso in locazione finanziaria dopo la cessazione del contratto nel caso di mancata riconsegna dell’immobile, prediligendo la tesi favorevole alla Società contribuente citando tre sentenza dei legittimità senza dar conto né della fattispecie fattuale sottoposta, né, tantomeno, riportando od argomentando in diritto perché abbiano ritenuto di rifarsi ai principi riportati in dette pronunce.

3.2. Venendo alla questione relativa all’individuazione del soggetto passivo dell’Imu per un bene immobile concesso in locazione finanziaria nel caso di risoluzione del rapporto contrattuale a cui non fa seguito la restituzione del bene da parte dell’utilizzatore, il problema che conseguentemente si pone è se la cessazione di efficacia del contratto senza la restituzione dell’immobile nella disponibilità del locatore consenta comunque di trasferire la titolarità passiva del rapporto fiscale in capo al locatore, nella qualità di soggetto che giuridicamente possiede il bene, ovvero permanga all’utilizzatore che ancora materialmente ne dispone.

5.1. La norma di riferimento è il D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, la quale dispone: “Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”.

Questa Corte ha affermato che, in base al disposto di cui al D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, soggetto passivo dell’imposta municipale unica (Imu), in caso di risoluzione del contratto di “leasing”, torna ad essere il locatore, ancorché non abbia ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte del locatario, in quanto, ai fini impositivi, assume rilevanza non tanto la detenzione materiale del bene, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che legittima la detenzione qualificata, conferendo la stessa la titolarità di diritti opponibili “erga omnes”, la quale permane finché è in vita il rapporto giuridico, traducendosi invece in mera detenzione senza titolo in seguito al suo venir meno, senza che rilevi, in senso contrario, la disciplina in tema di tributo per i servizi indivisibili (Tasi), dovuta viceversa dall’affittuario fino alla riconsegna del bene, in quanto avente presupposto impositivo del tutto differente (Cass. nn. 29973, 25249, 13793 del 2019 e 28250 del 2020). In particolare, la n. 29973 del 2019 affronta il problema analizzando criticamente anche l’opposto orientamento espresso da ultimo da Cass. n. 19166 del 2019, citata dal ricorrente.

La L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 672, (legge di stabilità per il 2014) secondo cui “in caso di locazione finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data di stipulazione e per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene al locatore comprovata dal verbale di consegna” è applicabile solamente alla Tasi, non potendo essere analogicamente estesa anche all’Imu, poiché il comma 703 della stessa legge precisa che “l’istituzione dell’Iuc (della quale la Tasi è una componente) lascia salva la disciplina per applicazione dell’Imu”, nonché per l’eterogeneità dei presupposti applicativi delle imposte in esame. L’Imu, infatti, è un’imposta di natura prettamente patrimoniale per la quale l’individuazione del soggetto passivo fa riferimento ad una nozione di possesso civilistica per cui ciò che conta è il titolo contrattuale che giustifica il possesso del bene (proprietà, diritto reale di godimento, contratto di leasing vigente) e non la disponibilità di fatto dello stesso. A conferma di ciò il cit. D.Lgs., art. 9, stabilisce la titolarità passiva dell’imposta in capo al locatario anche nel caso di beni “non costruiti” o “in corso di costruzione” che, come tali, non possono essere detenuti, perciò in dette ipotesi rileva la stipula del contratto e non la materiale consegna del bene ai fini dell’individuazione del soggetto obbligato al pagamento dell’imposta. La Tasi, invece, è un’imposta destinata al finanziamento dei servizi indivisibili resi dal Comune che possono essere utilizzati anche da chi solo materialmente dispone dell’immobile. Anche in punto di mancanza di identità tra i due tributi le recenti pronunce della Cassazione sopra menzionate (tra cui Cass. n. 13793 del 2019) hanno fatto chiarezza escludendo sia l’applicazione all’Imu della normativa della Tasi, riferita a un diverso tributo, sia la valenza interpretativa della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 672, (cfr. Cass. ri. 6664 del 2020, par. 2.7, 2.8 e 2.9).

Nel caso in esame, la Commissione tributaria regionale, non solo non ha esposto la ratio decidendi con la quale ha ritenuto di dar ragione alla Società contribuente, ma non si è neanche è attenuta ai suddetti principi.

4. In definitiva, per quanto esposto, il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata e, decidendo nel merito, va rigettato l’originario ricorso della Società contribuente con la compensazione delle spese dei giudizi dei gradi di merito e di legittimità in virtù del consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale sopra indicato in data successiva al ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale da remoto, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021

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