LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FASANO Anna Maria – Presidente –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17489-2018 proposto da:
R.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIORGIO SCALIA, 12, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO CASU, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7431/2017 della COMM.TRIB.REG.LAZIO, depositata il 13/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2021 dal Consigliere Dott. MARTORELLI RAFFAELE.
FATTO E DIRITTO
L’Ufficio Provinciale di Roma Territorio notificava a R.V. l’avviso di accertamento con il quale, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, l’Amministrazione rettificava il classamento dell’immobile di cui al Foglio ***** particella ***** sub *****, da categoria AI 4 classe 3 a categoria A/2 classe 2 con modifica della rendita da Euro 778,56 ad Euro 1.138,79.
La contribuente proponeva ricorso innanzi alla C.T.P. di Roma chiedendo l’annullamento dell’avviso notificato per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7, della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 9 e 61, del D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 2 e 3, per carenza di motivazione, per eccesso di potere e difetto di istruttoria anche alla luce dell’art. 7 dello Statuto del contribuente. L’Ufficio si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto delle eccezioni della contribuente e la conferma della pretesa impositiva.
Con sentenza n. 19170/51/2016, la Commissione Tributaria Provinciale adita respingeva il ricorso, ritenendo legittimo l’operato dell’Ufficio. In particolare, la Commissione affermava che l’ufficio aveva correttamente operato e che non ricorrevano quindi le denunciate violazioni; che l’atto conteneva ogni specifica e sufficiente menziione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento; che risultavano esposti in via completa e dettagliata tutti i profili rilevanti dell’accertamento e pertanto tutti gli elementi necessari perché il contribuente potesse prendere utile conoscenza delle valutazioni compiute dall’Ufficio.
R.V. proponeva appello, lamentando la nullità della sentenza impugnata per error in giudicando commesso dai giudici di prime cure, per non aver dichiarato la violazione delle norme, come dedotto nel ricorso proposto e per aver omesso di considerare lo stato dell’immobile oggetto della variazione, con conseguente violazione degli artt. 23 e 53 Cost.. Con sentenza n. 7431/6/2017, la Commissione Tributaria Regionale rispingeva il gravame. Secondo l’adita Commissione, la motivazione dell’atto impugnato, lungi dal potersi considerare meramente apparente era in realtà perfettamente idonea ad esplicitare le ragioni della rideterminazione ed il riclassamento era assestato su un valore intermedio, del tutto ragionevole e adeguato, rispetto alle caratteristiche intrinseche dell’appartamento.
Avverso la suddetta sentenza, la contribuente proponeva ricorso per Cassazione chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza per i seguenti motivi:
1.Violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c. per errata valutazione delle prove in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;
2. Violazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 9 e 61, della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, del D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 2,3 e 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;
3. Violazione del D.L. n. 70 del 1988, art. 11, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Nel ricorso proposto, la contribuente lamentava la violazione delle norme sulla base delle quali era stato operato il riclassamento e di quelle in materia di onere della prova. Si costituiva l’Agenzia del Territorio che ribadiva la correttezza dell’operato dell’Ufficio, che aveva rispettato il proprio onere della prova; richiamava il favorevole orientamento della Suprema Corte (Cass. n. 21176/2016).
L’Agenzia si costituiva con controricorso. La ricorrente, R.V., depositava memoria.
Ad avviso di questa Corte i motivi possono essere trattati congiuntamente.
Il ricorso è fondato.
Come già ritenuto da questa Corte, l’atto tributario del classamento delle unità immobiliari, a destinazione ordinaria, consiste nel collocare ogni singola unità in una data categoria e in una data classe, in base alle quali attribuire la rendita (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, e D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8); categoria e classe costituiscono, quindi, i due distinti segmenti dell’unitaria operazione del classamento.
Ai sensi del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, commi 2 e 3, la categoria viene assegnata sulla base della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali, mentre la classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario, ritraibile nell’ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità è ubicata, nonché dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende.
Come già osservato dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di estimo catastale l’obbligo di motivazione a carico dell’Amministrazione si atteggia diversamente a seconda che la stessa operi d’iniziativa o su sollecitazione del contribuente ed assume una connotazione più ampia anche quando l’Agenzia del territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita; in tal caso, la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione.
Costituisce, infatti, orientamento consolidato quello secondo cui “In tema di estimo catastale, quando procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia del Territorio, a pena di nullità del provvedimento per difetto di motivazione, deve specificare se tale mutamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare in questione, oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare. L’Agenzia dovrà indicare, nel primo caso, le trasformazioni edilizie intervenute, e, nel secondo caso, l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano. Tali specificazioni e indicazioni, infatti, sono necessarie per rendere possibile al contribuente di conoscere i presupposti del riclassamento, di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nonché per impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate. (Vedi Cass. n. 9626, n. 19814 e n. 19949 del 2012; n. 16643 e n. 21532 del 2013; n. 16887, n. 17335 e n. 23247 del 2014).
Si è osservato ancora (Cass. n. 19989/2019), in relazione al contenuto minimo della motivazione di tali atti di riclassamento di immobili già muniti di rendita catastale, ma oggetto di rettifica per iniziativa dell’Amministrazione finanziaria, che:
a) se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento;
b) se la variazione è stata effettuata ai sensi della L. n. 311 de12004, art. 1, comma 336, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni;
c) nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento ovvero la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda ipotesi, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento. (Vedi Cass. n. 19820 del 2012; n. 5784 e n. 10489 del 2013; n. 697 del 2015).
E che: “la motivazione dell’atto di “riclassamento” non può essere integrata dall’Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (vedi da ultimo Cass. n. 25450 del 2018 e n. 6065 del 2017), né il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa.” Ciò perché l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo “persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (cfr. Cass. n. 7056 del 2014; n. 15842 del 2006; n. 23009 del 2009).
Nel caso in esame, risulta che l’Amministrazione ha proceduto d’ufficio al mutamento di classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali. In queste ipotesi, la ragione giustificativa del mutamento di rendita non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, né la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339, ed elaborate con la Det. Diret. 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate le linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.
Sotto altro profilo, va anche rilevato come la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 249 dell’1 dicembre 2017, abbia ritenuto non irragionevole la scelta fatta dal legislatore di consentire una revisione del classamento per microzone, in quanto basata sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il fattore posizionale già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale in generale. La modifica del valore degli immobili, presenti in una determinata microzona, ha una indubbia ricaduta sulla rendita catastale ed il conseguente adeguamento, in presenza di un’accresciuta capacità contributiva, mira ad eliminare una sperequazione a livello impositivo.
La Corte Costituzionale, con la pronuncia indicata, ha fra l’altro affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ed ha, significativamente e chiaramente, ribadito la necessità di una provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione.
Riconosciuta la legittimità dello strumento in generale, se ne impone tuttavia un corretto utilizzo, che a giudizio di questa Corte non può prescindere da un adeguata valutazione, caso per caso, del singolo immobile, oggetto di riclassificazione. Poiché non è sufficiente il rispetto dei criteri generali previsti dalla norma, ma si richiede che l’attribuzione della nuova rendita venga contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, anche gli oneri motivazionali devono adeguarsi ad esigenze di concretezza e di analiticità, senza che possa ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare i presupposti normativi in modo assertivo.
Ebbene, con riferimento a tale specifica ipotesi questa Corte ha ripetutamente affermato, in relazione a contenziosi sorti in conseguenza di applicazioni fatte in diversi Comuni, che “In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento ai suddetti parametri di legge ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorché da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, esigendosi che detto obbligo motivazionale sia assolto in maniera rigorosa in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento, avente carattere “diffuso” (Vedi Cass. n. 3156 del 2015; n. 22900 del 2017; n. 16378, n. 23129, n. 28035 e n. 28076 del 2018; n. 9770 del 2019), ed ancora che ” In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, dovendo porre il contribuente in grado di conoscere le concrete ragioni che lo giustificano – come evidenziato anche dalla sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 – deve indicare i motivi per i quali i valori considerati abbiano determinato il suddetto scostamento, facendo riferimento agli atti da cui ha tratto impulso l’accertamento, costituiti dalla richiesta del Comune e dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio, nonché ai dati essenziali del procedimento estimativo delineati da tali fonti normative integrative che abbiano inciso sul classamento. ” (vedi Cass. n. 31829 del 2018 e da ultimo Cass.19989/19; 19990/20; 22671/2019 tutte assunte nell’udienza del 7.5.2019).
In applicazione dei suindicati principi, a cui questa Corte intende conformarsi, non può ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento assunto dall’Ufficio, che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto di scostamento senza esplicitare gli elementi che in concreto lo hanno determinato, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (qualità urbana ed ambientale della microzona nonché caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende) e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto. (Vedi Cass. n. 25766 del 2018; n. 23789 del 2018; n. 17413 del 2018; n. 17412 del 2018; n. 8741 del 2018; n. 4903 e n. 10403 del 2019).
Inoltre, con riferimento ai casi in cui è disposto un mutamento di categoria dell’immobile, non può ritenersi sufficiente il riferimento alla microzona ed alle sue caratteristiche, perché la mera collocazione nella microzona non incide sulla destinazione funzionale dell’immobile che condiziona l’attribuzione della categoria.
Quanto ai mutamenti di classe, se è vero che l’attribuzione di una determinata classe è indubbiamente correlata alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), e alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto, in riferimento alla specifica porzione di territorio in cui si inserisce la revisione, individuando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona.
Oltre al fattore posizionale, ai fini valutativi, rileva anche il fattore edilizio, per cui non è possibile prescindere dalle caratteristiche edilizie specifiche della singola unità e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, stato di conservazione, l’anno di costruzione, eccetera), non essendo sostenibile che tutti gli immobili di una stessa zona abbiano necessariamente la medesima classe.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto l’originario ricorso proposto dalla contribuente. Il recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate, rispetto all’epoca di introduzione della lite, giustificano la compensazione delle spese di ogni fase e grado.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso proposto dalla contribuente. Spese dell’intero giudizio compensate.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021
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