LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26397-2015 proposto da:
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– ricorrente –
contro
F.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5629/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/07/2015 R.G.N. 5584/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/33/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.
RITENUTO
CHE:
1. la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città con la quale era stata accolta la domanda con cui F.L. aveva chiesto, nei confronti del Ministero della Difesa di cui era dipendente civile, l’annullamento della delibera di rientro in Italia dall’Ufficio di Addetto per la Difesa e l’Esercito di Londra, con riconoscimento del diritto a rimanere a prestare servizio in quella sede a tempo indeterminato;
la Corte territoriale riteneva infondata la tesi del Ministero secondo cui l’accaduto non poteva essere qualificato come trasferimento individuale, ma come attuazione di regole macro-organizzative poste dal Comitato dei Capi di Stato Maggiore secondo un criterio di turnazione;
quindi, ritenendo che l’ipotesi non potesse qualificarsi come distacco, perché rispondente ad un interesse del distaccatario, né come trasferta, per la lunga permanenza nella sede estera, riteneva l’assenza di prova dei requisiti richiesti dall’art. 2103 c.c. al fine di giustificare un trasferimento;
la Corte riteneva altresì infondato il richiamo del Ministero alla L. n. 878 del 1973, sia perché si trattava di normativa superata dal sopravvenire della disciplina del pubblico impiego privatizzato, sia perché dall’eventualità, prevista in tale legge, di un rientro in Italia, non poteva desumersi l’esistenza di un servizio all’estero a tempo determinato, né comunque erano stati esercitati poteri autoritativi di richiamo nel Paese;
2. Il Ministero ricorre per cassazione sulla base di due motivi, mentre la F. è rimasta intimata.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo, dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., della L. n. 838 del 1973 e della L. n. 190 del 2014, il ricorrente sostiene che il provvedimento ministeriale non poteva qualificarsi come trasferimento, ma come attuazione di un assetto organizzativo disposto dal Comitato dei Capi di Stato Maggiore in via generale ed astratta, nel senso della durata temporanea della permanenza in una sede, secondo quanto desumibile anche dal bando di selezione, che prevedeva una durata quinquennale;
il Ministero sostiene altresì l’applicabilità della L. n. 838 del 1973, il cui art. 4 era tra l’altro stato riproposto dall’art. 1809 del Codice Militare e segnala come la Legge di stabilità del 2014 preveda una rideterminazione degli organici degli uffici esteri, con riconnessi rientri nel Paese;
il secondo motivo censura invece la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per insufficiente motivazione rispetto all’essere stata prevista, la turnazione, come forma organizzativa degli uffici, finalizzata ad evitare il consolidarsi di interessi ed eventuali connivenze in ambito locale;
2. deve premettersi che la notificazione del ricorso per cassazione risulta regolarmente eseguita a mezzo ufficiale giudiziario in data 5.11.2015 presso l’Avv. Ugo Sgueglia, indicato nell’epigrafe della sentenza di appello come procuratore della F., con consegna a mani di addetto incaricato alla ricezione degli atti, indicato con scrittura a mano come tale D.P.T., o nominativo simile;
3. nel merito il ricorso, da esaminare nel suo insieme ed unitariamente, è fondato; questa Corte ha infatti recentemente ritenuto che “in tema di pubblico impiego contrattualizzato, l’assegnazione all’ufficio dell’addetto militare presso le sedi diplomatiche dell’Italia all’estero è caratterizzata dalla temporaneità dell’incarico, coessenziale all’istituto, alla “ratio” della L. n. 838 del 1973 ed alla sua regolamentazione, tanto che le delibere del Comitato dei Capi di Stato Maggiore del 1999 e del 2002 – che hanno definito, in via generale ed astratta, la durata dell’assegnazione, il criterio della turnazione e dell’avvicendamento si sono limitate ad esplicitare una regola insita nel sistema delineato dalla predetta disciplina speciale, in ragione dell’esigenza, preordinata alla tutela della sicurezza nazionale, di prevenire il rischio di radicamenti stabili a livello locale, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2103 c.c. in tema di trasferimento del dipendente” (Cass. 6 febbraio 2020, n. 2861);
tale indirizzo, cui si intende dare continuità, si fonda sulle seguenti motivazioni, che si riportano integralmente in quanto qui condivise:
“Il D.P.R. n. 3 del 1957, art. 32 articolo abrogato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 43 (abrogazione confermata dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 72), disciplinava il trasferimento del dipendente pubblico, stabilendo che l’Amministrazione dà periodicamente notizia nel proprio bollettino ufficiale delle sedi vacanti che non abbia ritenuto di ricoprire per esigenze di servizio. I trasferimenti dell’impiegato da una ad altra sede potevano essere disposti a domanda dell’interessato ovvero per motivate esigenze di servizio.
8.1. L’abrogazione della norma suddetta, senza prevedere una diversa e nuova disciplina ad opera del D.Lgs. n. 165 del 2001, comporta che trova applicazione, in virtù dell’art. 2, comma 2 stesso decreto la normativa prevista dall’analogo istituto del rapporto di lavoro privato, ossia l’art. 2103 c.c..
8.2. L’applicazione della disciplina che l’art. 2103 c.c. dettata per il trasferimento dei dipendenti, anche appartenenti al pubblico impiego contrattualizzato, richiede tuttavia che l’istituto di cui si discute sia qualificabile, in senso giuridico, come trasferimento, il che postula il carattere unilaterale e definitivo dell’assegnazione della nuova sede di servizio.
8.3. Ritiene il Collegio che a tale istituto non sia riconducibile la fattispecie di cui si discute.
9. La L. n. 838 del 1973 (Ordinamento degli uffici degli addetti dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica in servizio all’estero e trattamento economico del personale della Difesa ivi destinato) prevede all’art. 1 che alle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero “…possono essere destinati addetti della Difesa” e all’art. 2, comma 1, che “l’addetto dispone di un ufficio, del quale fa parte, oltre agli eventuali addetti aggiunti ed assistenti, il personale assegnato dal Ministero della difesa…” e, all’art. 3, che “gli uffici degli addetti… costituiscono distaccamenti dell’ufficio amministrazioni speciali del Ministero della difesa…”.
9.1. L’incarico del dipendente civile presso l’ufficio dell’addetto militare all’estero è definito in termini di “assunzione delle funzioni” e di “cessazione delle funzioni”. Si parla di “personale cessante” e di “personale subentrante” (art. 9, relativo al trattamento economico; v. pure art. 10 e art. 11). Anche nel D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’Ordinamento militare), che ha abrogato la L. n. 838 del 1973 (art. 2268, comma 1), nella sezione che regolamenta gli uffici delle forze armate in servizio all’estero, si continua a fare riferimento al “personale in servizio all’estero” (art. 39). La L. n. 838 del 1973 contempla inoltre l’erogazione dell’indennità di richiamo dal servizio all’estero” e dell’indennità e rimborsi per cessazione delle funzioni all’estero”, istituti dei quali pacificamente è stata fatta applicazione nel caso di specie.
9.2. Dunque, sebbene la L. 838 del 1973 non detti regole circa il periodo di permanenza all’estero, né preveda espressamente la temporaneità dell’assegnazione, neppure definisce l’assegnazione come un trasferimento, tanto più ove si consideri che all’epoca vigeva il D.P.R. n. 3 del 1957 che regolava tale istituto (trasferimento d’ufficio o a domanda), per cui se il legislatore avesse inteso farvi riferimento, ben avrebbe potuto usare la terminologia corrispondente.
9.3. L’istituto dell’assegnazione all’Ufficio dell’Addetto militare presso le sedi diplomatiche dell’Italia all’estero (c.d. Addettanze) non può dirsi né abrogato per incompatibilità, né risulta in alcun modo regolato ad opera dei CCNL di compatto. D’altra parte, non è controverso in giudizio che di tale legge sia stata fatta applicazione nel senso che il trattamento economico e le indennità percepite dai dipendenti sono quelli previsti da tale legge, la quale – come già affermato da questa Corte in diversa fattispecie – costituisce un corpus unitario che regola l’ordinamento degli Uffici degli Addetti dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica in servizio all’estero presso le Rappresentanze diplomatiche e del trattamento economico del personale della Difesa ivi destinato. Dal complesso delle relative disposizioni si evince che si è in presenza di una normativa speciale, costituente un corpus, avente natura di fonte primaria, compiuto ed organico (v. in tal senso, Cass. n. 9385 del 2014).
9.4. Dunque, la L. n. 873 del 1973 reca una disciplina a sé di un istituto concernente l’assegnazione alle funzioni amministrative presso le c.d. Addettanze, in cui è insita nella sua struttura la temporaneità dell’assegnazione.
10. In tale contesto le delibere del Comitato dei Capi di Stato Maggiore del 1999 e del 2002 che hanno definito, in via generale ed astratta, la durata dell’assegnazione, il criterio della turnazione e dell’avvicendamento, non hanno fatto altro che esplicitare una regola insista nel sistema delineato dalla legge.
10.1. La domanda proposta dai dipendenti civili del Ministero della Difesa è intesa al riconoscimento del preteso diritto a permanere nella sede di servizio, a fronte di note che in applicazione di tali delibere preannunciavano il richiamo in Italia. La disapplicazione richiesta di tali atti è prospettata come funzionale al riconoscimento del diritto a permanere stabilmente e permanentemente nella sede estera. In tale contesto, il fatto che la L. n. 25 del 1997, art. 6, comma 1 assegni al Comitato dei Capi di Stato Maggiore solo funzioni consultive e non deliberative, non esclude certamente che il Direttore Generale per il Personale civile del Ministero della Difesa, competente per l’assegnazione all’estero del personale, debba fare propria la regola della turnazione e dell’avvicendamento contemplata appunto da dette delibere, recepite per relationem, nell’atto di gestione del rapporto.
10.2. D’altra parte, non può non rilevarsi come l’atto generale che ha introdotto la regola della turnazione e dell’avvicendamento non sia stato posto in discussione dal dipendente quando tale regola gli ha consentito di partecipare alla selezione per l’assegnazione alla sede estera. Allo stesso modo non può assumersene l’illegittimità una volta che lo stesso atto e la stessa regola così introdotta siano posti a base del provvedimento di rientro. Si è in presenza di fasi di un unico procedimento e, una volta che il carattere generalizzato e permanente della regola così introdotta costituisca un dato di fatto acquisito al giudizio e conosciuto dal dipendente che ha partecipato alla selezione indetta dal bando, non vi sono ragioni (che infatti neppure il dipendente interessato evidenzia) che giustifichino l’affermazione della illegittimità solo di una delle due fasi speculari del medesimo procedimento.
11. La circostanza che le ragioni della turnazione e dell’avvicendamento, poste a base del complesso iter amministrativo di selezione e assegnazione temporanea del personale, siano enunciate sin dall’origine – evidentemente per il carattere permanente che assume nel contesto dell’ordinamento della Difesa l’esigenza dell’avvicendamento -, lungi dall’arrecare un vulnus ai diritti del dipendente, ha consentito piuttosto allo stesso di essere reso edotto anticipatamente delle ragioni che, al termine del periodo di incarico, ne avrebbero determinato la cessazione, consentendo allo stesso di organizzare le proprie esigenze di vita e familiari nella consapevolezza della temporaneità e ponendolo anche nella condizione di valutare la convenienza o meno di avanzare domanda di partecipazione alla selezione prevista dal bando, il quale – come è pacifico il giudizio – prevedeva anch’esso la temporaneità dell’incarico.
12. Ed invero le ragioni poste a base del provvedimento dell’Amministrazione, come è stato ampiamente illustrato in giudizio e neppure oggetto di specifiche censure, risiede nell’esigenza che il personale assegnato a prestare servizio all’estero eviti di radicarsi stabilmente a livello locale onde impedire l’instaurazione di legami interpersonali non compatibili con l’estrema delicatezza dei compiti (spesso di natura riservata) svolti dall’ufficio, esigenza che – all’evidenza – accomuna il personale civile a quello militare assegnato all’Ufficio.
12.1. L’esigenza di prestabilire, per tutto il personale, una regola di turnazione e di avvicendamento, in disparte ogni considerazione relativa alle aspettative che altro personale munito della medesima idoneità possa legittimamente nutrire per la copertura di tali incarichi (implicanti un trattamento economico privilegiato), è indicata dall’Amministrazione della Difesa come preordinata alla tutela della sicurezza nazionale e dunque degli interessi dello Stato italiano.
13. Ne’ l’applicazione di tale regola nel caso concreto ha violato le regole di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., atteso che sin dall’origine il dipendente era stato reso edotto che ogni fase del procedimento complesso sarebbe stata assoggettata a tale ragione organizzativa, la quale rispondendo ad un primario interesse pubblico ex art. 97 Cost., era destinata ad operare tanto nella fase dell’assegnazione all’estero, quanto nella fase del rientro in Italia del dipendente.
14. In conclusione, la tesi dei dipendenti opera una arbitraria scissione del procedimento complesso regolato autonomamente dalla fonte di legge, anziché valutarlo nel suo complesso come procedimento di selezione per l’affidamento di un incarico temporaneo con scadenza predeterminata e rientro programmato, cui il dipendente ha liberamente aderito in base a proprie valutazioni di convenienza personale.
15. La fattispecie in esame potrebbe accostarsi a quella della missione, per la cui integrazione non costituisce connotazione essenziale la predeterminazione della durata peraltro in questi casi sussistente -, in quanto ciò che differenzia la missione con incarico anche di lunga durata dal trasferimento è solo la circostanza che lo spostamento di sede o di residenza sia di durata meramente temporanea e, come già detto, la temporaneità dell’assegnazione è coessenziale all’istituto, alla ratio della L. n. 838 del 1973 e alla sua regolamentazione.
15.1. Nel caso di specie, giova rimarcare, manca anche il carattere unilaterale che deve connotare l’atto perché possa costituire trasferimento. Le due fasi dell’unico procedimento nascono non solo con il consenso, ma con una espressa domanda del lavoratore di partecipazione alla selezione per l’affidamento dell’incarico.
16. Va aggiunto che, per effetto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 1, la soppressione degli istituti aventi una propria regolamentazione nella disciplina legale anteriore deve essere filtrata attraverso l’intervento della contrattazione collettiva e, laddove questa non sia intervenuta, come è avvenuto con riguardo al particolare istituto di cui si discute, si deve ammettere che lo stesso continui ad essere regolato dalla legge istitutiva, pur risalente nel tempo.
17. Tanto è argomentabile anche alla luce del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’Ordinamento militare), non applicabile alla fattispecie ratione temporis, trattandosi di assegnazioni all’estero avvenute in base a bandi di selezione anteriori alla sua entrata in vigore, ma utilizzabile ai fini interpretativi. Questa fonte, da un lato, ha abrogato la L. n. 838 del 1973 (art. 2268, comma 1, punto 688), dall’altro ha mantenuto, pur dopo la c.d. contrattualizzazione del personale civile, la specialità del sistema di assegnazione presso gli Uffici degli addetti delle Forze armate in servizio all’estero (v. Sezione IV del Capo III che regola detti Uffici). Ha difatti previsto che “l’addetto dispone di un ufficio, del quale fa parte, oltre agli eventuali addetti aggiunti e assistenti, il personale militare e civile assegnato dal Ministero della difesa nei limiti dei posti di organico di cui al comma 2 e dei connessi oneri” (art. 36, comma 1, come modificato dal D.Lgs. n. 91 del 2016), ribadendo che il personale civile è “assegnato” (e non trasferito ex art. 2103 c.c.) all’ufficio. All’art. 38, comma 1, è previsto che “gli uffici degli addetti militari costituiscono distaccamenti dell’ufficio amministrazioni speciali del Ministero della difesa per quanto attiene alla gestione del denaro e del materiale”; all’art. 38, comma 2, che “la gestione del denaro comprende: a) spese per il personale…”. Quando il legislatore ha inteso distinguere il “personale civile del Ministero della difesa in servizio all’estero” da quello militare, ha dettato previsioni espresse in tal senso (l’art. 39, comma 1, prevede, per le ferie del personale civile, che esse “sono regolate secondo le disposizioni vigenti per il territorio nazionale”)”.
4. in conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza cassata;
l’applicazione dei principi esposti non richiede ulteriori accertamenti di fatto e pertanto la causa va decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda;
5. La novità, da valutare rispetto al momento di proposizione del ricorso, delle questioni oggetto di causa giustifica la compensazione delle spese dei due gradi di merito e del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda. Compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021
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