Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22797 del 12/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28937-2019 proposto da:

GRUPPO GEROMIN SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIAMPIERO SECCIA;

– ricorrente –

contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO PORDENONESE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 18, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO QUINTARELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO DEVESCOVI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 720/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO MAURO.

RILEVATO

che:

1. – Il Gruppo Geromin S.r.l., già Hafro S.r.l., ricorre per quattro mezzi, illustrati da memoria, nei confronti della Banca di Credito Cooperativo Pordenonese Società Cooperativa, contro la sentenza del 27 febbraio 2019 con cui la Corte d’appello di Venezia, provvedendo in parziale riforma della sentenza di primo grado resa tra le parti, ha respinto l’appello principale dell’odierna ricorrente ed accolto in parte quello incidentale della banca, riducendo all’importo di Euro 12.368,83 la somma da accreditarsi su un conto della stessa odierna ricorrente, regolando le spese di lite e di CTU.

2. – La banca intimata resiste con controricorso, deducendo anzitutto l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO

che:

3. – Il primo mezzo denuncia, da pagina 3 a pagina 8 del ricorso, falsa applicazione degli artt. 1284,1325,1346,1350,1418,1419,1842,1846,1852,1858,2697 e 2727 c.c., e del testo unico bancario, art. 117, vizio di motivazione.

Il secondo mezzo denuncia, da pagina 8 a pagina 11, violazione e falsa applicazione del testo unico bancario, artt. 1284, 1325, 1350, 1418, 1419, 117-118, e degli artt. 112,115,11,163,183 e 345 c.p.c., vizio di motivazione.

Il terzo mezzo denuncia falsa applicazione degli artt. 1283 e 2697 c.c., del testo unico bancario, art. 120 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., vizio di motivazione.

Il quarto mezzo denuncia violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., vizio di motivazione.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6, oltre che per il fatto di essere complessivamente diretto a rimettere in discussione il merito della decisione adottata.

4.1. – Anzitutto si tratta di un ricorso che manca dell’esposizione sommaria dei fatti di causa. Esso esordisce a pagina 1 con la trascrizione delle conclusioni spiegate dall’originaria società attrice in primo grado e senza il benché minimo riferimento, sia pure sommario, alle ragioni giustificatrici della domanda spiegata. Segue il riferimento ad una comparsa di risposta della banca, il cui contenuto è esplicitato in meno di tre righe, e ad una consulenza tecnica contabile disposta dal giudice di primo grado, la quale sarebbe giunta alla conclusione che il saldo di un conto corrente acceso dalla società presso la banca dovesse essere rettificato, in favore della correntista, di una somma maggiore o minore, secondo due distinte ipotesi ricostruttive: ma non è dato comprendere quali fossero tali ipotesi ricostruttive e perché mai il consulente tecnico) le avesse formulate. E poi detto che il giudice di primo grado avrebbe accolto l’ipotesi ricostruttiva meno favorevole alla correntista, ma anche di questo resta ignoto il perché. Si fa riferimento poi alla proposizione dell’appello, nel corso del quale aveva avuto luogo l’espletamento di una nuova consulenza tecnica, ma non si dà in alcun modo conto del contenuto della decisione adottata in appello.

Ora, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, stabilisce che: “Il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità… 3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa”. Si tratta come è noto dei fatti della controversia, sia sostanziali sia processuali, i quali vanno esposti in quanto rilevanti per la decisione di legittimità. Vanno narrate dunque con adeguata sintesi le domande introduttive, le vicende del primo grado e della decisione d’appello: il tutto, quale premessa per l’esposizione dei motivi del ricorso. Se manca l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato il ricorso è inammissibile (Cass., Sez. Un., 22 maggio 2014, n. 11308): tale mancanza – chiariscono le S.U. – “non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione”. E’ da sottolineare che detta soluzione è avallata dal protocollo concernente la redazione del ricorso per cassazione sottoscritto nel 2015 dal primo presidente di questa Corte e dal presidente dell’ANF.

4.2. – Il ricorso manca poi di motivi riconducibili alla previsione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, in relazione alla tipologia di motivi di ricorso considerati dal precedente art. 360 c.p.c..

Secondo l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4: “Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità… 4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano”. Il ricorrente ha l’onere di individuazione del motivo, che deve essere riconducibile in maniera immediata ed inequivocabile, oltre che corretta, ad una delle cinque ragioni di impugnazione previste, pur senza l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica (Cass. n. 24553/2013; Cass. S.U., n. 17931/2013).

In particolare, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23745).

Nel caso in esame ciascuno dei motivi sovrappone una pluralità di disposizioni normative, sostanziali e processuali, intrecciando le censure in iure, in modo inestricabile, a considerazioni di ordine motivazionale: ma il vizio di motivazione non fa parte dei motivi spendibili ai sensi dell’art. 360 c.p.c., salvo non si traduca in assenza di motivazione ovvero di mera apparenza o incomprensibilità di essa, nel caso in esame non è neppure dedotto che la sentenza impugnata sia radicalmente mancante di motivazione.

4.3. – Il ricorso è poi privo del requisito dell’autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6.

Esso difatti si fonda su conti che non sono localizzati nonché sulle risultanze delle consulenze tecniche che neppure sono localizzate, ed il cui contenuto non è comunque riferito in modo comprensibile.

Orbene, questa Corte ha in più occasioni avuto modo di chiarire che detta disposizione, oltre a richiedere l’indicazione degli atti e dei documenti, nonché dei contratti o accordi collettivi, posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale tali fatti o documenti risultino prodotti, prescrizione, questa, che va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Il precetto di cui al combinato disposto delle richiamate norme deve allora ritenersi soddisfatto, qualora l’atto o il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475).

4.4. – Ciò esime dall’osservare che tutti quanti i motivi sono altresì inammissibili perché complessivamente versati in fatto, per il tramite della denuncia di violazione del principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.), della disciplina del ragionamento presuntivo (artt. 2727-2729 c.c.), dei principi di disponibilità e valutazione delle prove (artt. 115 e 116 c.p.c.): e cioè, lungi dal mettere in discussione il significato e la portata applicativa delle norme richiamate nelle rispettive rubriche, significato e portata applicativa in verità neppure sfiorate dalle censure, il ricorso contesta l’applicazione che il giudice di merito – fermo, si ripete, il loro significato e portata applicativa – né ha fatto.

Ma non ha bisogno di essere rammentato che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, nei limiti in cui detto sindacato è tuttora consentito dal vigente art. 360 c.p.c., n. 5 (e dunque nella specie al di fuori dell’ambito di applicazione di quella norma, vertendosi in ipotesi di doppia conforme, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c.), delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 agosto 2017, n. 19547; Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921; Cass. 21 settembre 2006, n. 20455; Cass. 4 aprile 2006, n. 7846; Cass. 9 settembre 2004, n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004, n. 2357). Ne’ il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 17 luglio 2001, n. 9662). Oltretutto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (ex plurimis: Cass. 24 ottobre 2013, n. 24092; Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 21 aprile 2006, n. 9368).

5. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021

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