Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22887 del 13/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 33166-2019 R.G. proposto da:

M.F. e D.P.M., rappresentati e difesi, per procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. Orlando Mario CARIANO, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Mancini, n. 4, presso lo studio legale dell’avv. Giuseppe PICONE;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2120/28/2019 della Commissione tributaria regionale della PUGLIA; Sezione staccata di TARANTO, depositata il 09/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

M.F. e D.P.M. ricorrono con un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso, per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio che aveva annullato l’avviso di accertamento catastale emesso nei confronti dei predetti ricorrenti, compensando le spese del doppio grado di giudizio sul rilievo che “solo dopo la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado si sia formata giurisprudenza uniforme”.

Con il motivo di ricorso i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., nonché, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il difetto assoluto di motivazione, sostenendo che nel caso dli specie, oltre alla assoluta mancanza di motivazione, “ricorre anche la violazione di legge, perché non sussistevano, né sono state indicati, motivi quali la soccombenza reciproca, l’assoluta novità della questione trattata, il mutamento di giurisprudenza rispetto alle questioni in discussione o altre gravi ed eccezionali ragioni, come stabilito dalla sentenza n. 77 del 19.4.2018 della Corte Costituzionale”.

Il motivo, che prospetta una violazione di legge e un difetto assoluto di motivazione (peraltro erroneamente dedotto ai sensi del citato art. 360 c.p.c.), comma 1, n. 5 anziché del n. 4, è infondato e va rigettato.

Non sussiste, infatti, la dedotta carenza motivazionale in quanto la sentenza impugnata, in relazione alla disposta compensazione delle spese del doppio grado di giudizio, contiene una ben individuabile oltre che molto chiara ratio decidendi, tale da escludere anche l’imperscrutabilità della ratio che renderebbe nulla la sentenza per apparenza motivazionale (Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016, Rv. 641526).

Non sussiste neppure la dedotta violazione di legge.

Al riguardo va preliminarmente premesso che nella specie, poiché la sentenza impugnata è stata pronunciata in data 15/03/2019 e pubblicata il successivo *****, deve farsi applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2, come modificato dal D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma 1, con decorrenza dal 01/01/2016, che prevede che le spese processuali possono essere compensate in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”.

Al riguardo le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che “L’art. 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche la novità delle questioni affrontate integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2572 del 22/02/2012; conf. Cass. n. 1222 del 2016; Cass. n. 2883 del 2014).

Si è quindi precisato che “Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014, e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2” (Cass. n. 3977 del 2020).

Inoltre, “ove il giudice abbia esplicitato in motivazione la ragioni della propria statuizione, è comunque necessario che non siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere in caso contrario sussistente una violazione di legge (cfr. Cass. n. 12893 del 2011)” (così, in motivazione, Cass. n. 18010 del 2019).

Orbene, nella fattispecie la CTR si è attenuta ai suddetti principi là dove ha disposto la compensazione delle spese processuali sulla base di una sopravvenienza relativa alla questione oggetto di giudizio, rappresentata dalla circostanza chiaramente esplicitata nella motivazione della sentenza impugnata, che sul punto non è né illogica né erronea – che l’orientamento della giurisprudenza in materia di motivazione del provvedimento di riclassamento degli immobili urbani si era uniformato successivamente alla proposizione del ricorso.

Conclusivamente, da quanto detto consegue il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021

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