Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.23109 del 18/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 18048/2016 R.G. proposto da:

P.P., rappresentata e difesa dall’avv. Stefano Latella, elettivamente domiciliata in Roma, alta Via Tortona n. 4;

– ricorrente –

contro

M.M., rappresentato e difeso dall’avv. Rita Burchielli, elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza Borghese n. 3, presso l’avv. Giorgia Regoli;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 519/2016, depositata in data 27.1.2016;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26.11.2020 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Celeste Alberto, che ha concluso, chiedendo l’accoglimento del ricorso;

Udito l’avv. Stefano Latella.

FATTI DI CAUSA

M.M. ha adito il tribunale di Viterbo, esponendo di aver concluso con P.P., in data 10.3.2003, un contratto di acquisto di un terreno con annesso fabbricato abusivo non censito, ubicato in *****; di aver ottenuto la sanatoria ambientale dell’immobile in data 29.1.2005, versando gli oneri dovuti a titolo di oblazione; che, in occasione di un primo incontro dinanzi al notaio, non era stato possibile stipulare l’atto notarile poiché il manufatto insistente sul suolo non era conforme alla normativa urbanistica.

Ha altresì dedotto di aver presentato l’istanza di rilascio della concessione in sanatoria del manufatto ma che la convenuta si era comunque rifiutata di formalizzare la vendita ai fini della trascrizione. Ha chiesto di accertare l’avvenuto trasferimento del bene in forza del contratto, o, in subordine, di emettere una sentenza costituiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., con vittoria di spese.

P.P. ha resistito alla domanda, sostenendo di aver legittimamente rifiutato la stipula, non avendo l’acquirente sanato le irregolarità urbanistiche. Inoltre, il compratore le aveva sottoposto una bozza contenente condizioni diverse da quelle concordate e attestazioni non veritiere (riguardo, in particolare, alla datazione delle costruzioni e al versamento dell’oblazione).

Ha chiesto in via riconvenzionale di dichiarare la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto, con condanna dell’attore alla restituzione del bene e al risarcimento del danno.

Il tribunale ha accolto la domanda principale e ha dichiarato l’intervenuto trasferimento del bene, ordinando la trascrizione.

La sentenza, impugnata dalla P., è stata confermata in secondo grado.

Secondo il giudice distrettuale, il contratto non contemplava alcun obbligo del M. di ottenere la sanatoria del manufatto e, comunque, le eccezioni sollevate – in proposito – dalla venditrice erano tardive, poiché formulate solo in secondo grado.

La Corte territoriale ha poi osservato che, mentre il compratore aveva compiuto ogni sforzo per concludere l’atto notarile e per ottenere la sanatoria degli abusi, era stata la P. a disattendere l’obbligo di garantire la commerciabilità del bene e a rifiutare illegittimamente la stipula dell’atto notarile – che, ormai, poteva essere regolarmente concluso – asserendo infine che la venditrice non aveva alcun interesse ad ottenere la demolizione della costruzione, né poteva far valere la nullità del contratto, poiché, pur consapevole “dello stato e delle condizioni dell’immobile, lo aveva comunque posto in vendita”.

Riguardo all’illegittimità del provvedimento ex art. 184 bis c.p.c., adottato dal tribunale con sentenza anziché con ordinanza, la Corte di merito ha posto in rilievo che il giudice di primo grado aveva acquisito la documentazione prodotta dalla P., pur senza consentire un’integrale rimessione in termini, non essendo stato modificato l’originario tema di causa.

La cassazione della sentenza è chiesta da P.P. con ricorso in otto motivi, illustrati con memoria.

M.M. ha depositato controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 345 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver la sentenza dichiarato inammissibili – poiché formulate solo in appello – le deduzioni difensive con cui la ricorrente aveva contestato al M. di non aver sanato l’immobile e di essere inadempiente, questioni che sostanziavano mere difese o eccezioni in senso lato, fondate su atti già acquisiti al processo.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza ritenuto che la ricorrente, contestando al M. di non aver regolarizzato l’immobile e di aver preteso la sottoscrizione dinanzi al notaio di un contratto non conforme alla scrittura del marzo 2003, avesse sollevato tardivamente un’eccezione in senso stretto, mentre tali allegazioni difensive erano state introdotte già nella comparsa di costituzione di primo grado.

Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1362,1363,1366 e 1369 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando alla sentenza di aver ritenuto che il M. non fosse obbligato per contratto a sostenere anche le spese di sanatoria del manufatto, conclusione cui la Corte distrettuale sarebbe giunta violando i criteri di interpretazione del contratto, senza – inoltre tener conto che l’immobile era stato trasferito nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava al momento della stipula e che il prezzo era stato fissato prescindendo dal valore del manufatto.

Espone la ricorrente che il contratto era stato perfezionato in momenti diversi, predisponendo un duplice testo proprio per consentire al M. di sanare le irregolarità e di incrementare il valore del terreno, scopo che era stato condiviso anche della venditrice proprio perché la controparte si era accollata ogni spesa. Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2, artt. 1366,1375 c.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp att. c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, contestando alla Corte di merito di aver interpretato il contratto senza dar rilievo al comportamento successivo del compratore, che, avendo provveduto alla sanatoria degli abusi edilizi, aveva dimostrato di esservi obbligato in forza della scrittura di vendita, tanto da essersi impegnato anche a manlevare la venditrice da ogni onere derivante dal trasferimento.

Il quinto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza ritenuto che la ricorrente fosse inadempiente, omettendo di considerare che quest’ultima si era legittimamente rifiutata di sottoscrivere il contratto, essendole stata sottoposta una bozza che divergeva dal contenuto della scrittura del marzo 2003.

Il sesto motivo denuncia la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46 art. 1418 c.c., comma 3, art. 1423 c.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendo che la vendita non conteneva le indicazioni prescritte dalla L. n. 47 del 1985, sicché la Corte di merito ne avrebbe dovuto dichiarare la nullità insanabile.

Il settimo motivo denuncia la violazione degli artt. 24,111 Cost., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c.” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza respinto immotivatamente il quarto motivo di appello, vertente sull’illegittimità del provvedimento di rimessione in termini adottato dal tribunale senza disporre il rinvio della causa in istruttoria, non consentendo alla ricorrente di controdedurre in merito all’avvenuta presentazione della richiesta di sanatoria degli immobili da parte del compratore, circostanza, quest’ultima, dedotta da controparte solo nelle memorie conclusionali.

L’ottavo motivo denuncia la violazione della L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 6, e le disposizioni della tabella allegata al D.M. n. 55 del 2014, nonché dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il valore della causa doveva considerarsi pari all’importo del prezzo della vendita e, quindi, ricompreso nello scaglione tra Euro 1101,00 ed Euro 5200,00. Di conseguenza, le spese andavano quantificate in un importo di gran lunga inferiore rispetto a quello liquidato in sentenza.

2. Per ragioni di ordine logico va esaminato con priorità il sesto motivo di ricorso, che è fondato per le ragioni che seguono, con assorbimento delle altre censure.

La Corte distrettuale ha ritenuto che la scrittura privata del 10.3.2003 costituisse un vero e proprio contratto di vendita ma che l’eccezione di nullità proposta dalla P. non fosse meritevole di accoglimento, date l’avvenuta regolarizzazione del bene e l’insussistenza di un concreto interesse della venditrice ad ottenere la demolizione dell’immobile o a conseguire “il necessario documento amministrativo”, evidenziando che era stata proprio la P. a porre in commercio un immobile abusivo (cfr. sentenza, pag. 5).

Va – anzitutto – posto in rilievo che, sebbene la scrittura del 10.3.2003 contemplasse esclusivamente il trasferimento del terreno, insisteva in loco un manufatto abusivo ricompreso nella vendita, sicché le parti erano tenute ad osservare, in sede di stipula, anche le condizioni di validità del contratto prescritte dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40 (Cass. 18195/2020; Cass. 21721/2019; Cass. 9769/2016). L’art. 17 cit. (abrogato con effetto dall 30.6.2003, successivamente alla stipula della vendita, ed attualmente trasfuso nell’art. 46 TUE), dispone che gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto il trasferimento o la costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo l’entrata in vigore della L. n. 47 del 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell’art. 13.

Il successivo art. 40 – tutt’ora in vigore – prescrive che, per gli immobili realizzati prima del 2 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia, può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al primo settembre 1967.

Le disposizioni contemplano distinte ipotesi di nullità assolute, che possono esser fatte valere da chiunque vi abbia interesse e che possono essere rilevate d’ufficio dal giudice ai sensi dell’art. 1421 c.c. (Cass. 23451/2017).

Tale invalidità è di natura “testuale” e, per la sua configurazione, è sufficiente che si riscontri la mancanza delle predette indicazioni nel contratto, prescindendosi dalla sussistenza del titolo abilitativo (Cass. 14804/2017; Cass. s.u. 8230/2019).

L’invalidità può esser sanata mediante un atto di conferma che ponga riparo a mere carenze contenutistiche del contratto, comunicando i dati o i documenti mancanti, sempre che le suddette carenze non dipendano dall’assenza della concessione (o dalla mancata presentazione della domanda di sanatoria) al momento del perfezionamento del contratto (Cass. 14804/2017; Cass. 8230/2019).

Nello specifico, sebbene, come risulta anche dal controricorso (cfr., pagg. 6 e 26), l’iter di regolarizzazione del manufatto fosse stato avviato quasi due anni dopo la vendita, la sentenza ha omesso di tenerne conto agli effetti di cui alla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40.

La Corte di merito si è limitata a dar atto del rilascio del certificato di destinazione urbanistica del terreno, senza verificare se la scrittura contenesse anche la menzione degli estremi della concessione o della domanda di sanatoria.

L’eventuale invalidità poteva esser fatta valere anche dalla venditrice, sebbene a conoscenza del carattere abusivo degli immobili al momento del contratto, non avendo alcun rilievo che la P. non intendesse ottenere la demolizione del manufatto o la regolarizzazione amministrativa, essendo tali profili estranei alla nozione di interesse che legittima all’esercizio dell’azione di nullità ai sensi dell’art. 1421 c.c., interesse da verificare in relazione all’utilità concreta che la parte avrebbe ottenuto dalla dichiarazione di invalidità della vendita.

Segue quindi accoglimento del sesto motivo, con assorbimento delle altre censure.

La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il sesto motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2021

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