LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6384-2015 proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE N. ***** DI SASSARI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOTERA 29, presso lo studio degli avvocati GIOVANNELLI PAOLO, ALESSANDRO BIANCONI, rappresentata e difesa dall’avvocato TULLIO CUCCARU;
– ricorrente –
contro
M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 56, presso lo studio dell’avvocato MARIO CERVONE, rappresentata e difesa dagli avvocati VITTORE DAVINI, MARCELLO BAZZONI;
– controricorrente –
avverso la sentenza non definitiva n. 299/2013 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI: SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 24/12/2013 R.G.N. 84/2013;
avverso la sentenza definitiva n. 305/2014 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 11/12/2014, R.G.N. 84/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/02/2021 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.
RILEVATO
Che:
– la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza non definitiva del 24 dicembre 2013, ha accolto l’appello proposto da M.T. nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale, avverso la decisione del Tribunale che aveva respinto la sua domanda volta ad ottenere il riconoscimento del diritto alle differenze retributive maturate nel periodo di quattro anni in cui aveva espletato le mansioni di dirigente di struttura complessa in ordine al Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro;
– la Corte territoriale ha premesso che la M. era stata incaricata della direzione della struttura in attesa di nomina del titolare, nonostante il contratto collettivo autorizzi tale sostituzione soltanto per dodici mesi, ed aveva percepito la sola indennità mensile prevista dal c.c.n.l., sebbene la sostituzione si fosse protratta ben oltre il termine previsto dalle parti collettive;
– il giudice di appello ha ritenuto non condivisibili le conclusioni alle quali era pervenuto il Tribunale, rilevando che, essendo pacifica l’assegnazione a mansioni superiori, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 l’Azienda fosse tenuta corrispondere l’intero trattamento retributivo previsto per il dirigente di struttura complessa, non potendo invocare la disciplina dettata dall’art. 18 del CCNL, applicabile (nella sola ipotesi in cui venga espletata tempestivamente la procedura per il conferimento dell’incarico vacante;
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Azienda Sanitaria Locale di Cagliari, sulla base di tre motivi;
– resiste, con controricorso, M.T.;
– entrambe le parti hanno presentato memorie.
CONSIDERATO
Che:
– Con il primo, articolato motivo di ricorso, si denuncia la violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni di legge (D.Lgs. n. 502 del 1992, artt. 15,15 bis, 15 ter; D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 19,24 e 52; art. 2103 c.c.) dell’art. 36 Cost. e art. 112 c.p.c., censurandosi la decisione della Corte d’appello che ha determinato il riconoscimento della retribuzione piena in favore della dirigente per il periodo di superamento del limite massimo previsto dalla contrattazione collettiva;
– con il secondo motivo si deduce, sotto il medesimo profilo, la violazione dell’art. 24 Cost., art. 2697 c.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
– con il terzo motivo si allega la contraddittorietà della motivazione;
– va, preliminarmente evidenziato che, che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 che ha limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra tante, Cass. n. 13428 del 2020 Cass. n. 23940 del 2017);
– quanto alla lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c., occorre rilevare che, nel giudizio di legittimità deve essere tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne abbia data il giudice di merito: nel primo caso, infatti, si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di Cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta; nel secondo, invece, poiché l’interpretazione della domanda e la individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento dei fatti riservato, come tale, al giudice di merito e, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. 7.7.2006 n. 15603; Cass. 18.5.2012 n. 7932; Cass. 21.12.2017 n. 30684);
– nel caso di specie, l’interpretazione della originaria domanda sul punto è stata adeguatamente argomentata dalla Corte territoriale che, conseguentemente, sempre con idonea motivazione, ha ritenuto difettosa di prova l’argomentazione avanzata;
– il secondo ed il terzo motivo vanno, quindi, dichiarati inammissibili;
– quanto al primo motivo va rilevato quanto segue;
– l’Azienda richiama, oltre alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, la disciplina contrattuale in base alla quale il dirigente non formalmente incaricato della direzione della struttura può pretendere solo l’indennità prevista dall’art. 18, giacché le ulteriori componenti della retribuzione presuppongono l’espletamento della specifica procedura concorsuale nonché il positivo superamento delle verifiche di professionalità;
– la questione che viene in rilievo è già stata oggetto di esame da parte di questa Corte che, pronunciando in fattispecie esattamente sovrapponibile a quella qui controversa, ha affermato che “la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost.” (Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017; Cass. n. 21565/2018);
– il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalle richiamate pronunce, perché l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale: l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 c.c., sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 era già stata affermata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13 e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato;
– per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale e’, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II;
– quanto alla dirigenza sanitaria, inserita “in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello” (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. è ribadita dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonché dall’art. 28, comma 6, del CCNL 8.6.2000 per il quadriennio 1997/2001, secondo cui ” nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1";
– il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24 in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 fissa il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”;
– la materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del CCNL 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5, che “le sostituzioni….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria”;
– hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta (Lire 1.036.000 per la sostituzione del dirigente di struttura complessa e Lire 518.000 per la struttura semplice);
– il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici;
– va rilevato, tuttavia, che le parti collettive non hanno fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori;
– il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata;
– il ricorso deve, quindi, essere accolto, perché la sentenza impugnata ha errato nel riconoscere il diritto della lavoratrice a percepire non soltanto l’indennità sostitutiva, bensì l’intera retribuzione spettante per l’espletamento delle mansioni superiori consistenti nella direzione della struttura complessa anche oltre i dodici mesi previsti come termine massimo dal Contratto Collettivo di settore;
– la sentenza va, quindi, cassata, con rinvio per un nuovo esame alla Corte territoriale indicata in dispositivo che si atterrà ai principi enunciati nei punti che precedono provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte dichiara inammissibili il secondo ed il terzo motivo di ricorso. Accoglie il primo motivo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2021
Codice Civile > Articolo 18 - Responsabilita' degli amministratori | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2021 - Legittimazione del possessore | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2103 - Prestazione del lavoro | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile
Costituzione > Articolo 24 | Costituzione