LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. PENTA Andrea – Consigliere –
Dott. VECCHIO Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2811-2017 proposto da:
ARCICONFRATERNITA DI S. MARIA DEL SUFFRAGIO, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO FABRICATORE;
– ricorrente –
contro
SOGET SOCIETA’ DI GESTIONE ENTRATE E TRIBUTI SPA CONCESSIONARIA COMUNE *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIO DE’
CAVALIERI 11 ST ACDL, presso lo studio dell’avvocato SERGIO DELLA ROCCA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
COMUNE DI TORRE ANNUNZIATA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 5675/2016 della COMM. TRIB. REG.CAMPANIA, depositata il 15/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/04/2021 dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO.
RITENUTO
1. – La Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. 5675/2016 del 14 giugno 2016, pubblicata il 15 giugno 2016, ha confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 4154/2015 di rigetto del ricorso proposto dalla Arciconfraternita di Santa Maria del suffragio, nei confronti del Comune di Torre Annunziata,, in persona del Sindaco in carica pro tempore, legale rappresentante dell’Ente impositore, e nei confronti dell’Agente della riscossione, avverso l’ingiunzione di pagamento della somma di Euro 79.069,30 a titolo di TARSU dovuta per l’anno 2010, in relazione alla area cimiteriale destinata a cappelle sepolcrali e loculi.
2. – La contribuente ha proposto ricorso per cassazione con atto del 14 gennaio 2017.
3. – L’Agente della riscossione ha resistito con controricorso del 23 febbraio 2017 e con memoria del 10 aprile 2021.
CONSIDERATO
1. – La Commissione tributaria regionale ha motivato la conferma della sentenza appellata, osservando: priva di fondamento è la censura dell’appellante la quale erroneamente addebita alla Commissione tributaria provinciale di aver reputato che la ingiunzione di pagamento non tosse impugnabile; per vero i giudici di prime cure hanno, invece, considerato che in precedenza la contribuente aveva impugnato il presupposto avviso di accertamento, con esito sfavorevole (giusta sentenza n. 5933/2015 della Commissione tributaria regionale della Campania, della quale, tuttavia, non risultava il passaggio in giudicato); sicché, comunque, avverso la successiva ingiunzione di pagamento dovevano essere fatti valere esclusivamente i vizi propri di tale atto, restando precluse le doglianze proposte contro l’avviso di accertamento presupposto; mentre con il gravame la contribuente si era limitata a reiterare le censure di merito formulate nel precedente giudizio.
2. – La ricorrente sviluppa due motivi.
2.1. – Con il primo motivo denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3.
La parte obietta, richiamando vari arresti di legittimità l’ingiunzione di pagamento può essere impugnata esclusivamente per vizi propri solamente nel caso in cui il provvedimento presupposto sia divenuto irrevocabile; mentre nella specie la sentenza, resa dalla Commissione tributaria regionale della Campania, nel precedente giudizio instaurato avverso l’avviso di accertamento non è passata in giudicato, in quanto è stata impugnata mediante ricorso per cassazione tuttora pendente; pertanto la ingiunzione di pagamento ben poteva essere impugnata anche per vizi non propri, bensì relativi all’avviso di accertamento presupposto; in conclusione la Commissione tributaria regionale è incorsa nella falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 54b, art. 19, erroneamente interpretato in senso “rigorosamente restrittivo e letterale”.
2.2 – Col secondo motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2909 c.c., e in relazione all’art. 324 c.p.c..
La parte censura: la Commissione tributaria regionale è incorsa della inosservanza del giudicato esterno, costituito dalla sentenza irrevocabile n. 340 del 10 giugno 2008, pubblicata il 24 giugno 2008, resa inter partes, in ordine alle annualità 2003, 2004 e 2005 del medesimo tributo, dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli, la quale ha escluso sia la ricorrenza del presupposto oggettivo della imposizione in quanto l’attività di culto, esercitata nell’immobile inciso dal tributo non è assimilabile a quella di uffici, ospedali, scuole e stazioni; sia “la legittimazione passiva” della Arciconfraternita in quanto i loculi funerari sono in concessione perpetua ai confratelli della associazione; orbene il giudicato esterno, rilevabile anche di ufficio, si espande alle successive annualità del tributo concernendo circostanze e situazioni comuni ai vari anni, rimasti invariati nel tempo.
3. – Il ricorso è infondato.
3.1 – La ricorrente fa malgoverno dei precedenti di legittimità richiamati col primo motivo: a norma del D.Lgs. 31. dicembre 1992, n. 516, art. 19, comma 3, solo, in via di eccezione, la mancata notificazione dell’atto presupposto, autonomamente impugnabile, ne consente l’impugnazione unitamente all’atto successivo notificato, operando per il resto la regola generale che ogni atto “può essere impugnato solo per vizi propri”.
La deduzione dei vizi, pertinenti all’atto presupposto, è pertanto inammissibile, siccome intempestiva.
Ne’ le censure proposte nel precedente giudizio, instaurato dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento presupposto, sono suscettibili di reiterazione, in quanto il diritto di impugnazione è stato consumato dalla ricorrente col precedente ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento presupposto (v., circa la consumazione del diritto di impugnazione, Sez. Un., ordinanza n. 6691 del 09/03/2020, Rv. 657220 – 01; Sez. Un., sentenza n. 9409 del 11/11/1994, Rv. 488518 – U1).
3.2 – Quanto al secondo motivo di ricorso è assorbente il rilievo che questa Corte, Sez. 5, ordinanza n. 11679 del 03/0/9019, ha rigettato il ricorso proposto dalla Arciconfrternita avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 5933/23/15 del 17 giugno 2015, di conferma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 869/19/2012 del 5 novembre 2012, pubblicata l’8 novembre 2012, la quale aveva respinto il ricorso proposto dalla Arciconfraternita avverso l’avviso di accertamento presupposto.
Colla ridetta ordinanza la Corte ha, in particolare, escluso la ricorrenza del giudicato esterno dedotto dalla ricorrente, osservando che il giudice a quo aveva ” annullato gli avvisi di accertamento per difetto di prova sulla pretesa tributaria, e non per avere accertato il diritto alla esenzione o la mancanza di legittimazione “, affatto irrilevante essendo ogni obiter dictum in proposito contenuto nella sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 340/2008.
3.3 – Consegue, alla stregua delle considerazioni che precedono e alla luce dei superiori principi di diritto – la Corte li ribadisce ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, condividendo le ragioni che li sorreggono, espresse nei pertinenti arresti – il rigetto del ricorso.
3.4 – Le spese del presente giudizio, congruamente liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
3.5 – La reiezione del ricorso comporta, infine, trattandosi di impugnazione notificata dopo il 31 gennaio 2013, la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.600,00 per compensi oltre spese forfettarie e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenutasi da remoto, il 22 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021
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