LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17960-2015 proposto da:
L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA MARRANA 72, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CATTIVERA, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO CAUTA;
– ricorrente –
contro
ASREM – AZIENDA SANITARIA REGIONALE DEL MOLISE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBALONGA 7, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTINO PALMIERO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI DE NOTARIIS;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 17/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 24/03/2015 R.G.N. 27/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/02/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.
RILEVATO
CHE:
1. con sentenza in data 24 marzo 2015, la Corte d’appello di Campobasso rigettava la domanda di L.A., infermiere con qualifica di coordinatore, categoria economica Ds, in servizio nella U.O.C. Anestesia e Rianimazione del P.O. San Timoteo di Termoli, di condanna di ASREM alla corresponsione, in aggiunta all’indennità “per particolari condizioni di lavoro ex art. 44, comma 7 CCNL comparto Sanità personale non dirigente” del 1995, anche di quella, specifica per i coordinatori infermieristici responsabili prevista (dal 1 gennaio 2005 per effetto del contratto di categoria Ds) dall’art. 44, comma 5 CCNL cit., con decorrenza dal gennaio 2006 al settembre 2011: così riformando, in accoglimento del gravame dell’Azienda, la sentenza del primo giudice, che l’aveva invece riconosciuta;
2. sulla base del parere dell’Aram in merito alle ipotesi di cumulabilità delle indennità in discussione e sentito a chiarimenti il direttore del personale di ASREM, la Corte territoriale la escludeva per i soggetti, anche se percipienti l’indennità di coordinamento dell’art. 10 CCNL 2001, ma che, come L.A., non avessero conseguito la qualifica di coordinatore (ex caposala) sotto la vigenza del CCNL 1995: spettando detta cumulabilità agli infermieri coordinatori già a tale epoca, semplicemente per l’avvenuta acquisizione del diritto;
3. con atto notificato il 3 luglio 2015, il lavoratore ricorreva per cassazione con cinque motivi, cui ASREM resisteva con controricorso;
4. entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, u.c., art. 44 CCNL comparto sanità 1995, per erronea esclusione di cumulabilità dell’indennità prevista dall’art. 44, comma 5 CCNL cit. per gli operatori professionali coordinatori con l’indennità di coordinamento dell’art. 10 CCNL 2001, in favore dei soggetti percipienti detta ultima indennità ma da epoca successiva alla vigenza del CCNL 1995, nonostante l’interpretazione autentica del CCNL 18 ottobre 2000, di conferma della spettanza della prima indennità “esclusivamente alle caposala e ostetriche operanti su un solo turno nei servizi ospedalieri di diagnosi e cura, in quanto responsabili dell’assistenza infermieristica ed alberghiera dei servizi stessi… non cumulabile con le indennità di cui all’art. 44, commi 3 e 4… ma solo con quella del comma 6” e l’eterogeneità della disciplina organica della figura del Coordinatore infermieristico introdotta dal CCNL di comparto 2001, in assenza di un coordinamento tra le sue disposizioni (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli art. 1362 c.c. e ss., per erronea interpretazione dell’art. 10 CCNL 2001, nell’inosservanza in particolare del canone, gerarchicamente prevalente su quelli integrativi, di inequivocità del suo significato letterale in favore di un automatismo interpretativo da evitare (secondo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., per erronea valorizzazione della fondatezza dell’obiezione di Asrem, cui il giudice di primo grado non aveva risposto (in assenza di un obbligo di confutazione di ogni argomentazione delle parti), di spettanza dell’indennità prevista dall’art. 44, comma 5 CCNL 1995 a chi avesse acquisito la funzione di coordinamento sotto la sua vigenza e non dopo (terzo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c., per malgoverno delle disposizioni regolanti l’onere probatorio, in assenza del proprio onere di smentire la circostanza del riconoscimento dell’indennità richiesta ai soli soggetti aventi conseguito la qualifica di coordinatori (ex caposala) nella vigenza del CCNL 1995, per essere l’interpretazione della norma in discussione questione di mero diritto (quarto motivo); nullità della sentenza per error in procedendo, per mera apparenza di motivazione sul divieto di cumulo delle indennità previste dall’art. 44, comma 5 CCNL 1995 e dall’art. 10 CCNL 2001 in base ad un parere di Aran neppure indentificato (né mai prodotto) e neppure pertinente, in quanto relativo alle regole di attribuzione della funzione di coordinamento secondo la seconda disposizione (quinto motivo);
2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;
3. in via di premessa, giova distinguere l’indennità prevista dall’art. 44, comma 5 CCNL comparto sanità 1995, di attribuzione “agli operatori professionali coordinatori caposala ed ostetriche – che non effettuano i turni di cui ai commi 3 e 4 ma operano su un solo turno – in quanto responsabili dell’organizzazione dell’assistenza infermieristica ed alberghiera dei servizi di diagnosi e cura”, cui “compete un’indennità mensile, lorda di lire 50.000, non cumulabile con le indennità dei commi 3 e 4 ma solo con l’indennità di cui al comma 6”, dall’indennità di coordinamento introdotta dall’art. 10, comma 1 CCNL comparto sanità 2001 “al fine di… favorire le modifiche dell’organizzazione del lavoro nonché valorizzare l’autonomia e responsabilità delle professioni ivi indicate… per coloro cui sia affidata la funzione di coordinamento delle attività dei servizi di assegnazione nonché del personale appartenente allo stesso o ad altro profilo anche di pari categoria… con assunzione di responsabilità del proprio operato”: con la corresponsione di questa seconda, in via di prima applicazione per la parte fissa con decorrenza 1 settembre 2001, “in via permanente ai collaboratori professionali sanitari – caposala – già appartenenti alla categoria D e con reali funzioni di coordinamento al 31 agosto 2001” (art. 10, comma 2 CCNL cit.) e la previsione, ai sensi del comma 5 della stessa disposizione, di revocabilità dell’indennità, limitatamente alla parte variabile, col venir meno della funzione ovvero a seguito di valutazione negativa (Cass. 28 maggio 2019, n. 14507);
3.1. appare evidente il collegamento funzionale della seconda indennità, riconosciuta anche a caposala ed ostetriche percipienti l’indennità prevista dall’art. 44, comma 7 CCNL 1995, al servizio di coordinamento delle attività;
3.2. in ordine all’interpretazione dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro, ne è da tempo acquisita la diretta denunciabilità per cassazione in quanto parificata sul piano processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2 alla violazione o falsa applicazione delle norme di diritto: ciò che comporta in sede di legittimità l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 c.c. e ss.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione, così non essendo più necessaria, a pena di inammissibilità della doglianza, una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; 18 dicembre 2014, n. 26738; Cass. 10 dicembre 2020, n. 28218);
3.3. in applicazione del “chiaro tenore letterale” e pertanto del criterio ermeneutico che deve prevalere, quando riveli con chiarezza e univocità la volontà comune delle parti, sicché non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti (Cass. 28 agosto 2007, n. 18180; Cass. 21 agosto 2013, n. 19357; Cass. 4 maggio 2017, n. 10850), questa Corte esclude la cumulabilità dell’indennità stabilita dall’art. 44, comma 5 con quella di coordinamento introdotta dall’art. 10 CCNL 2001 sopra scrutinata: in assenza di norme che ciò prevedano, neppure evincibili dal coordinato esame del quinto con l’art. 44, comma 7 proprio alla luce delle espresse previsioni di non cumulabilità con le indennità del secondo e del comma 3 e di cumulabilità con quella del sesto dello stesso articolo;
3.4. posto che il ricorrente ha conseguito la qualifica di coordinatore dal 1 gennaio 2006 e pertanto nella vigenza del CCNL 2001, non ha diritto alla cumulabilità rivendicata; al contrario del personale cui invece, avendone la qualifica prevista, essa era corrisposta ed al quale è stata pure attribuita la nuova indennità per la funzione di coordinamento, con la conservazione della precedente a titolo di diritto quesito;
3.5. il giudice di merito ha pertanto compiuto un’esatta interpretazione delle norme collettive denunciate di violazione, conforme a quella di questa Corte, avendo rispettato il canone ermeneutico suindicato e correttamente governato le risultanze istruttorie acquisite, in specifico riferimento al chiarimento ottenuto in udienza dal direttore del personale di ASREM ed al parere dell’ARAN, ben acquisibile ai fini della formazione del convincimento del giudice di merito, a norma dell’art. 421 c.p.c., comma 2, con argomentazione congrua (per le ragioni esposte dall’ultimo capoverso di pg. 3 al primo di pg. 5 della sentenza), certamente non integrante vizio di nullità della sentenza per motivazione apparente, ricorrente nell’ipotesi in cui il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui abbia tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. 5 agosto 2019, n. 20921; Cass. 30 giugno 2020, n. 13248), per la chiara comprensibilità logico-giuridica, nel caso di specie, del percorso decisionale osservato;
4. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese di giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione al difensore antistatario secondo la sua richiesta e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il lavoratore alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge, con distrazione al difensore antistatario.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021
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