LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 7491/2020 R.G., proposto da:
l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
– ricorrente –
contro
la “STABILIMENTI BALNEARI LIDO DI ROMA S.r.l.”, con sede in Roma, in persona dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa dalla Prof. Avv. Livia Salvini, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, nonché dall’Avv. Giovanni Panzera da Empoli, con studio in Milano, e dall’Avv. Fabio Mastrocola, con studio in Roma, giusta procura in margine al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
– controricorrente/ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 29 novembre 2019 n. 6700/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 26 maggio 2021 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 29 novembre 2019 n. 6700/11/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per IRPEF, IRAP, IRES ed IVA relative all’anno d’imposta 2010, ha accolto l’appello proposto dalla “STABILIMENTI BALNEARI LIDO DI ROMA S.r.l.” nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma il 27 febbraio 2018 n. 4320/37/2018, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di primo grado, sul presupposto che l’innalzamento della soglia di rilevanza penale del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 4, ad opera del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 7, comma 1, lett. b, escludesse il raddoppio del termine per l’accertamento delle violazioni tributarie da parte dell’amministrazione finanziaria. La “STABILIMENTI BALNEARI LIDO DI ROMA S.r.l.” si è costituita con controricorso, proponendo ricorso incidentale avverso la sentenza impugnata con riguardo alla compensazione delle spese giudiziali. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza, la controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
CON RIGUARDO AL RICORSO PRINCIPALE:
Con unico motivo, si deduce violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, comma 3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, comma 3 (nel testo vigente ratione temporis) e dell’art. 331 c.p.p., nonché falsa applicazione della L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 132, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’amministrazione finanziaria fosse decaduta dal potere accertativo a causa dell’abrogazione del reato previsto dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 4, al momento della notifica dell’atto impositivo.
CON RIGUARDO AL RICORSO INCIDENTALE:
Con unico motivo, si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, commi 1 e 2, e art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente disposto la compensazione delle spese giudiziali senza alcuna motivazione circa la sussistenza delle gravi ed eccezionali ragioni per derogare al principio della soccombenza.
Ritenuto che:
1. La novità e la peculiarità della questione prospettata con il ricorso principale inducono il collegio alle seguenti considerazioni.
2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia tributaria, la soglia di rilevanza penale di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, relativo al raddoppio dei termini per l’accertamento, va valutata con riferimento al momento in cui è stata commessa la violazione ed effettuato l’accertamento, non rilevando che, successivamente, a seguito dell’annullamento di una parte della pretesa tributaria, sia venuta meno la soglia di punibilità e conseguentemente l’obbligo di denuncia penale, salvo che, in linea con quanto affermato dalla sentenza depositata dalla Corte Costituzionale il 25 luglio 2011 n. 247, l’amministrazione finanziaria abbia fatto un uso pretestuoso o strumentale della disposizione, al solo fine di fruire, ingiustificatamente, di un più ampio termine (in termini: Cass., Sez. 6-5, 30 giugno 2016, n. 13483).
3. A ben vedere, tale principio è stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità in relazione ad una fattispecie in cui, dopo aver annullato in via di autotutela l’avviso di accertamento, l’amministrazione finanziaria aveva ridotto l’importo della pretesa impositiva, facendo venir meno la soglia di punibilità e l’obbligo di denuncia penale. Per cui, la sopravvenienza di un provvedimento amministrativo idoneo ad incidere sull’entità della pretesa fiscale – e, di riflesso, sulla rilevanza penale dell’infrazione agli obblighi tributari – non poteva inibire ex post il prolungamento del termine concesso all’amministrazione finanziaria per l’esercizio del potere di accertamento.
4. Diversa è l’ipotesi ora sub iudice, in cui la soglia di punibilità della condotta imputabile al contribuente è stata variata dalla sopravvenienza di una riforma della norma incriminatrice, che ha elevato l’ammontare della imposta evasa ai fini della consumazione del reato tributario.
Per cui, allorquando la rilevanza penale dell’inadempienza agli obblighi tributari assurga ad elemento costitutivo di una norma amministrativa, occorre chiedersi se l’eventuale modifica in melius della norma incriminatrice possa o meno esplicare efficacia retroattiva (ex art. 2 c.p., comma 2) anche nel procedimento diretto all’accertamento della violazione tributaria, nel senso di inibire o caducare i riflessi conseguenti alla qualificazione originaria della fattispecie concreta, nel cui consolidamento – ai fini dell’esercizio della potestà impositiva – l’amministrazione finanziaria aveva fatto affidamento.
5. Secondo la controricorrente, che richiama a sostegno l’osservanza del principio tempus regit actum, “l’amministrazione deve verificare, al momento dell’emissione dell’avviso di accertamento, la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere impositivo, primo tra tutti la pendenza dei termini per l’accertamento. Con la conseguenza che, se, come avvenuto nel caso di specie e come pacificamente riconosce la stessa Amministrazione, al momento in cui è effettuato l’accertamento, è esclusa la rilevanza penale della condotta, viene meno ex se la possibilità di ricorrere legittimamente al “raddoppio” del termine di accertamento, a prescindere dalla circostanza che – al momento del “redatto pvc” ovvero durante le “fasi di iniziativa/istruttoria dello stesso procedimento amministrativo tributario” – sussistesse, in astratto, una tale rilevanza penale”.
6. Di contro, nella prospettiva della ricorrente, l’astratta punibilità della condotta ascrivibile al contribuente D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 ex art. 4, ai fini del raddoppio del termine di accertamento D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ex art. 43, comma 3, e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ex art. 57, comma 3, nel testo introdotto dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, commi 24 e 25, convertito, con modificazioni, nella L. 4 agosto 2006, n. 248, e L. 28 dicembre 2015, n. 208 ex art. 1, comma 132, deve essere valutata con esclusivo riguardo “al periodo di imposta in cui la violazione era stata commessa” e, quindi, all’epoca in cui l’obbligo della denuncia penale per la polizia tributaria ex art. 331 c.p.p. era insorto, per cui l’eventuale sopravvenienza di un’abolitio criminis (nella specie, per effetto del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 4, comma 1, lett. a, che ha innalzato la soglia di punibilità per il reato di dichiarazione infedele al di sopra del limite di Euro 150.000,00 con decorrenza dal 22 ottobre 2015) non può abbreviare ex post la durata prevista per la decadenza dell’amministrazione finanziaria ai fini dell’emanazione dell’avviso di accertamento, che è stato notificato in pendenza del termine raddoppiato.
Diversamente, a suo dire, si dovrebbe ammettere che l’efficacia retroattiva del trattamento penale più favorevole, ampliando la sfera operativa dell’art. 2 c.p., comma 2, oltre la parziale abolizione del reato, possa annullare ex post la duplicazione del termine di decadenza per l’accertamento della pretesa impositiva, anche quando l’amministrazione finanziaria, confidando sul tenore vigente ratione temporis della norma tributaria, abbia adottato l’atto impositivo soltanto dopo l’entrata in vigore della modifica apportata alla norma penale. A maggior ragione, poi, come nel caso di specie, quando, ai fini dell’esercizio del potere di accertamento, il primo quadriennio era già decorso (1 gennaio 2011/31 dicembre 2014) ed il secondo quadriennio (1 gennaio 2015/31 dicembre 2018) era ancora in corso al momento dell’entrata in vigore dell’abolitio criminis (22 ottobre 2015) e della notifica al contribuente dell’avviso di accertamento (8 aprile 2016).
7. Pertanto, valutandosi, alla stregua delle delineate prospettazioni, che la complessità della questione escluda la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 375 c.p.c., non resta che rinviare la causa a nuovo ruolo dinanzi alla Sezione Tributaria a norma dell’art. 380-bis c.p.c., comma 5.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo dinanzi alla Sezione Tributaria e manda alla Cancelleria per i conseguenti adempimenti.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021