Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza Interlocutoria n.23307 del 23/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PONTERIO Carla – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 13096-2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 85, presso lo studio dell’avvocato ROSAMARIA CIANCAGLINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO NESPOR;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE E MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1447/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA MARCHESE.

RILEVATO

CHE:

La Corte d’ Appello di Milano ha accolto il gravame del MIUR avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede e rigettato l’opposizione di M.S. al decreto ingiuntivo con cui il Ministero aveva richiesto la restituzione di somme corrisposte in esecuzione di sentenze poi cassate;

alla richiesta di restituzione si era opposto il lavoratore sostenendo che, nella materia (id est: in materia di trasferimento del personale ATA dagli enti locali al MIUR e di mantenimento del trattamento economico in godimento), dopo la pronuncia della Cassazione, erano intervenute due sentenze, rispettivamente, della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con affermazione di principi contrastanti con quelli posti a base del giudicato;

il giudice d’appello ha, invece, in estrema sintesi, sostenuto che, anche sulla base del diritto dell’Unione, la pronuncia interna passata in giudicato resistesse al diritto Europeo sopravvenuto;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.S. sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, cui hanno opposto difese i Ministeri in epigrafe;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., nonché – ai sensi dell’art. 360, n. 4 – il vizio del procedimento;

secondo la parte ricorrente la sentenza impugnata avrebbe esaminato solo la domanda proposta in via subordinata e relativa alla sorte del giudicato mentre avrebbe completamente omesso di esaminare la domanda proposta in via principale e volta a richiedere all’Amministrazione di rispettare, nel recupero, il diritto dell’Unione e, dunque, evitare, nel riconoscimento dell’anzianità di servizio, un trattamento retributivo complessivamente peggiorativo;

con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, è dedotta la violazione della Dir. n. 77/187/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia, con sentenza del 6/9/2011 (Scattolon), e del principio dell’effetto diretto e vincolante, nell’ordinamento, delle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea;

la questione oggetto del primo motivo è riproposta in termini di violazione del diritto dell’Unione;

con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., e/o – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – il vizio del procedimento. E’ dedotta, altresì, la violazione dell’art. 6, comma 1, e del Protocollo n. 1, art. 1, e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 46, comma 1;

per la parte ricorrente, sulla base degli impegni assunti dal Governo, in sede internazionale, la pubblica Amministrazione avrebbe dovuto astenersi dall’applicare la disposizione di interpretazione autentica posta dalla L. n. 266 del 2005 (art. 1, comma 218), e quindi non avrebbe dovuto adottare i provvedimenti di recupero;

rileva il Collegio, in via preliminare, che altri ricorsi (tra questi, il ricorso iscritto al n. R.G. 22126 del 2019 relativo ad altra pronuncia resa dalla Corte di appello di Milano) riguardanti le medesime questioni poste con il presente giudizio pendono dinanzi alla quarta sezione della Corte;

pertanto, in vista di una soluzione unitaria, si rende necessaria la rimessione alla quarta sezione anche del presente procedimento.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla quarta sezione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2021

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