LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27702-2019 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Dirigente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato CARLA D’ALOISIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE;
– ricorrente –
contro
G.S.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 543/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 12/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA MARCHESE.
RILEVATO
che:
con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Palermo ha rigettato il gravame dell’INPS avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva accolto la domanda di G.S. (libero professionista iscritto all’Albo degli avvocati ma non anche alla Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza Forense, per il mancato conseguimento del reddito nella misura utile all’insorgenza di tale obbligo e di quello contributivo conseguente) volta ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata INPS, in relazione all’anno 2010, e l’insussistenza del debito contributivo;
ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un unico motivo di censura, illustrato con memoria;
e’ rimasto intimato il professionista;
e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo di censura -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26-31, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2, conv. con modific. nella L. n. 111 del 2011, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, modificato dal D.Lgs. n. 344 del 2003, della L. n. 576 del 1980, artt. 10,11 e 22, della L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 10;
secondo l’Istituto ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere insussistente l’obbligo di iscrizione presso la Gestione separata INPS per il reddito prodotto nell’esercizio della professione, seppure inferiore alla soglia reddituale prevista dai regolamenti della Cassa Forense, ratione temporis vigenti, e per i quali aveva versato unicamente il contributo integrativo e non anche quello soggettivo;
il motivo è fondato;
la questione, oggetto del presente ricorso, concernente l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS degli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo, in quanto iscritti agli albi, è stata decisa da questa Corte, con pronuncia n. 32608 del 2018 (seguita da Cass. n. 32167 del 2018, Cass. n. 519 del 2019, Cass. n. 3799 del 2019 e da plurime ordinanze di questa sesta sezione);
in coerenza con quanto già era stato espresso da Cass. n. 30344 del 2017 (e numerose altre) in relazione alla categoria professionale degli ingegneri e architetti, è stato affermato che “sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata presso l’Inps per gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non consegue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio”;
l’obbligo di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, di iscrizione alla Gestione Separata, e’, infatti, rivolto a chiunque eserciti in modo abituale, ancorché non esclusivo, una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. n. 4419 del 2021; Cass. n. 12419 del 2021; Cass. n. 12358 del 2021). Nelle pronunce in ultimo citate, si è ulteriormente precisato che il requisito dell’abitualità deve essere accertato, in punto di fatto, mediante la valorizzazione di presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, potendo la percezione di un reddito annuo di importo inferiore alla soglia di Euro 5.000,00 rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere in concreto la sussistenza del requisito in questione (Cass. n. 4419 del 2021);
ai principi qui richiamati non si è conformata la pronuncia impugnata che e’, dunque, incorsa nel denunciato errore di diritto;
la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2021