Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23502 del 26/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13568/2016 proposto da:

Presidente della Regione Emilia Romagna, nella qualità di Commissario delegato all’emergenza terremoto del maggio 2012, nella persona del legale rappresentante pro tempore e per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis, in Roma, alla via ei Portoghesi, n. 12.

– ricorrenti –

contro

B.C., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Cosseria, n. 2, presso il Dott. Alfredo Placidi, rappresentati e difesi, per procura in calce al controricorso, dall’Avv. Giovan Ludovico della Fontana.

– controricorrenti –

e G.A., + ALTRI OMESSI, rappresentati e difesi, tanto congiuntamente, quanto disgiuntamente tra loro, dall’Avv. Simona Della Casa, in forza di speciale procura rilasciata in calce al controricorso, i quali eleggono domicilio presso lo Studio P.

s.n.c., in Roma, via Cosseria, n. 2.

– controricorrenti –

e Ba.En..

– intimato –

avverso l’ordinanza della Corte di appello di BOLOGNA n. 412/2016, depositata in data 1 marzo 2016, notificata il 22 marzo 2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

Che:

1. Con l’ordinanza impugnata, la Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile il ricorso del Presidente della Regione Emilia Romagna con il quale è stata proposta opposizione del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 54 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, avverso la stima dell’indennità di esproprio e di occupazione determinata dal collegio peritale ai sensi dell’art. 21 e segg. del T.U. espropriazioni, sulla base della natura dilatoria del termine di trenta giorni fissato dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2.

2. I giudici di secondo grado hanno precisato, al riguardo, che la relazione dei tecnici era stata depositata il 22 giugno 2015, presso l’Autorità espropriante, che ne aveva dato notizia agli espropriati il 29 giugno 2015, mentre il ricorso in opposizione alla stima era stato depositato il 21 luglio 2015.

3. Con decreto parziale del Presidente della Prima Sezione Civile del 5 dicembre 2018, il processo R.G. 13568/2016 è stato dichiarato parzialmente estinto, limitatamente al ricorso per cassazione proposto dal Presidente della Regione Emilia Romagna nella qualità di Commissario delegato all’emergenza terremoto del maggio 2012 e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nei confronti dei controricorrenti D.F., + ALTRI OMESSI, nonché nei confronti dell’intimato Ba.En..

5. Il Presidente della Regione Emilia Romagna, nella qualità, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno impugnato la sentenza della Corte d’appello di Bologna con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

6. B.C., + ALTRI OMESSI, hanno resistito con controricorso.

7. Anche G.A., + ALTRI OMESSI hanno deposito controricorso.

8. Ba.En. non ha svolto difese.

9. Il Presidente della Regione Emilia Romagna, nella qualità di Commissario delegato all’emergenza terremoto del maggio 2012, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno depositato memoria.

10. B.C., + ALTRI OMESSI hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

Che:

1. In via preliminare va rilevato che il giudizio è stato dichiarato estinto nei confronti di D.F., + ALTRI OMESSI, nonché nei confronti dell’intimato Ba.En..

2. Il presente giudizio prosegue, pertanto, nei confronti di B.C., + ALTRI OMESSI.

3. Con il primo ed unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2 e art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo errato la Corte nel ritenere inammissibile il ricorso in opposizione alla stima proposto prima del decorso di 30 giorni dalla comunicazione di avvenuto deposito della relazione di stima, in mancanza di una espressa comminatoria di inammissibilità; che l’inosservanza del termine dilatorio di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 1, comportava soltanto una temporanea improcedibilità del ricorso, che poteva influire sul regolamento delle spese processuali in caso di adesione delle controparti espropriate, ma che non giustificava la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione.

3.1 Il motivo è fondato.

3.2 Questa Corte di legittimità ha avuto modo di chiarire che il termine di cui all’art. 54, comma 1, di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima prevista dal D.P.R. n. 327, art. 27, comma 2, ha natura dilatoria, avendo la finalità di attribuire alle parti un periodo temporale di differimento affinché le stesse possano valutare la stima e decidere se accettarla oppure opporvisi e imponendo di agire per la determinazione giudiziale dell’indennità almeno un mese dopo la comunicazione del deposito della relazione di stima, e che invece il potere di agire fino al termine stabilito a pena di decadenza di cui all’art. 54, comma 2, oggi previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, che decorre dalla notificazione del decreto di esproprio o della relazione di stima se successiva all’atto ablatorio e che sostanzialmente riproduce quello di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 19, si annovera tra quelli perentori di cui all’art. 152 c.p.c. (Cass., 27 settembre 2019, n. 29907; Cass., 28 marzo 2019, n. 17796; Cass., 9 novembre 2018, n. 28791; Cass., 27 ottobre 2016, n. 21731; Cass. 28 febbraio 2011, n. 4880).

3.3 La fattispecie che ha offerto occasione a questa Corte di legittimità con la sentenza n. 4880 del 2011, richiamata anche dai giudici di merito, di distinguere la natura degli indicati termini e gli effetti della loro violazione era relativa ad un’ipotesi in cui i giudici di merito, investiti della opposizione alla stima da parte dell’ente espropriante e beneficiario, ne avevano dichiarato l’intempestività, e quindi l’inammissibilità, motivando dall’inosservanza del termine dilatorio di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2 (Nelle conclusioni dei giudici di merito, al momento della comunicazione del deposito della relazione di stima curata dall’autorità espropriante, quest’ultima sarebbe già stata a conoscenza della indennità sì da potersi determinare alla sua eventuale impugnazione, con conseguente individuazione a quella data del termine di decorso dell’opposizione alla stima).

La sentenza n. 4880 del 2011, distinguendo tra natura dilatoria e perentoria dei termini nella loro diversa collocazione nel procedimento amministrativo destinato alla determinazione dell’indennità di esproprio, ha fatto derivare dall’inosservanza dei primi, effetti diversi:

1) poiché il termine dilatorio di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 1 e art. 27, comma 2, si inserisce in una fase del procedimento in cui non è stato ancora emanato il decreto di esproprio, al quale soltanto si correla una stima definitiva, avverso l’indennità provvisoria determinata dai tecnici o dalla Commissione provinciale può proporsi azione di accertamento della giusta indennità, soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale, e la violazione del primo non può tradursi in una causa di inammissibilità per tardività dell’opposizione;

2) siffatta categoria è invece destinata ad operare, ai sensi del distinto art. 54, comma 2, poi sostituito dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, nella diversa ipotesi in cui, intervenuto il decreto di esproprio, con lo stesso, o all’esito dello stesso con la successiva relazione peritale, ad essere impugnata risulti l’indennità definitiva di esproprio.

Come, altrimenti, chiaramente affermato, in tema di espropriazione per pubblica utilità, il termine di decadenza di trenta giorni per proporre l’opposizione alla stima di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, postulando che l’indennità definitiva sia stata determinata, in seno al decreto di esproprio o con l’eventuale stima peritale a questo successiva, non può operare per la diversa ipotesi di azione giudiziale per la determinazione dell’indennità ove non sia intervenuta, invece, alcuna stima definitiva (Cass., 8 febbraio 2018, n. 3074).

La pronuncia del decreto di espropriazione nella disciplina introdotta dal D.P.R. n. 327 del 2001, integra infatti una condizione dell’azione per la determinazione della corrispondente indennità, sicché il giudice non può esaminare il merito della causa senza che esso venga ad esistenza, costituendo il menzionato decreto la fonte stessa del credito indennitario (Cass., 12 settembre 2018, n. 22227).

Con l’ulteriore corollario che, in materia di opposizione alla indennità di stima, il principio, per il quale il decreto di espropriazione costituisce una condizione dell’azione per la determinazione della corrispondente indennità, va declinato sia nel senso che non è possibile addivenire ad una statuizione definitiva sull’indennità di esproprio in assenza del provvedimento ablatorio, sia nel senso che una volta emanato il decreto di esproprio sorge ed è azionabile il diritto del proprietario a percepire l’indennizzo da determinarsi con riferimento alla data del trasferimento coattivo (Cass. 31 maggio 2016, n. 11261; Cass., 12 settembre 2018, n. 22227, citata).

3.4 Tanto esposto in punto di principio, si apprende dagli incontestati contenuti degli atti processuali, che i decreti di esproprio, nel caso in esame, sono stati emanati durante la procedura di determinazione dell’indennità di esproprio e di occupazione d’urgenza, che ha avuto termine il 29 giugno 2015, con determinazione notificata agli espropriati in data 1 luglio 2015, successivamente all’emanazione dei decreti di esproprio (cfr. pag. 3 del controricorso di G., Go. e Pi.).

3.5 Stante l’indicata sequenza di atti ed attività, i decreti di esproprio sono intervenuti prima della determinazione dell’indennità definitiva e tanto vale ad escludere che possa in ogni caso venire in applicazione il termine di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2, la cui operatività resta circoscritta alla diversa e precedente fase, finalizzata alla stima definitiva in vista dell’adozione D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 27, comma 3, del provvedimento ablatorio (Cass., 12 settembre 2018, n. 22227, citata).

3.6 Dopo l’adozione del decreto di esproprio, infatti, varrà la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, applicabile alla specie, e quindi il diverso termine acceleratorio, di natura perentoria, di trenta giorni, da computarsi a far data dalla notifica del provvedimento ablatorio o dalla notifica della stima peritale in quanto quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio, al fine di apprezzare la tempestività dell’azione.

3.7 Anche di recente, questa Corte ha ribadito il principio che “In materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni, il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della relazione di stima, di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2, è finalizzato a consentire agli interessati di prendere visione del documento e decidere se accettarla oppure opporvisi, ed ha perciò natura dilatoria. Ne consegue che non può ritenersi improponibile l’opposizione alla stima introdotta prima della scadenza di tale termine, in quanto va riconosciuta all’espropriato la facoltà di adire il giudice ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio anche prima della stima definitiva e, comunque, prima che inizi a decorrere il distinto termine perentorio di opposizione previsto al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, dovendo anche tenersi conto che la pronuncia di improponibilità dell’azione è suscettibile di determinare effetti, non solo processuali, ma anche sostanziali, ossia preclusivi della reiterabilità della domanda di merito, qualora in concomitanza decorra e scada il ricordato termine perentorio ed ostano, ad una simile conclusione, profili di illegittimità costituzionale (Cass., 9 agosto 2019, n. 21225).

La Corte territoriale non si è attenuta ai suesposti principi.

4. Il ricorso va, dunque, accolto; l’ordinanza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2021

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