Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23514 del 26/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4477-2020 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato GEMMA PATERNOSTRO, rappresentata e difesa dall’avvocato OLINTO RAFFAELE VALENTINI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MANUELA MASSA, CLEMENTINA PULLI, PATRIZIA CIACCI;

– controricorrenti –

avverso il decreto n. R.G. 8865/2018 del TRIBUNALE di TRANI, depositato il 13/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’08/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. NICOLA DE MARINIS.

RILEVATO

– che, con decreto ex art. 445 bis c.p.c., del 13 novembre 2019, all’esito dell’accertamento tecnico preventivo promosso da S.M. nei confronti dell’INPS, il Tribunale di Trani, omologava l’accertamento positivo del requisito sanitario riconoscendo nei confronti dell’istante la pensione di inabilità e la condizione di portatore di handicap grave dalla data della domanda, con liquidazione delle spese di lite in Euro 1.000,00 comprensivi di spese generali oltre IVA e CPA come per legge;

– che, per la cassazione di tale decisione ricorre la S., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata;

– che la ricorrente ha poi depositato memoria.

CONSIDERATO

– che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e art. 132 c.p.c., imputa al Tribunale l’omessa motivazione in ordine alla statuizione relativa alle spese di lite;

– che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, e della L. n. 794 del 1942, art. 24, del D.M. n. 585 del 1994, art. 4 comma 1, art. 10 c.p.c., comma 2, e della L. n. 1051 del 1957, la ricorrente lamenta a carico del Tribunale l’immotivata liquidazione delle spese di lite in contrasto con la disciplina relativa alla quantificazione del valore della causa nell’ipotesi di più domande cumulate nel medesimo giudizio;

– che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, meritano accoglimento;

– che, in effetti, stante l’assimilazione della condizione di portatore di handicap ad un vero e proprio status (cfr., da ultimo, Cass. n. 21416/2019) e, pertanto, la riconducibilità delle relative controversie a quelle relative allo stato ed alla capacità delle persone e come tali non suscettibili di valutazione economica e qualificabili, ai fini della liquidazione delle spese giudiziali, di valore indeterminabile (cfr., da ultimo, Cass. n. 24979/2018), si deve ritenere la riferibilità delle controversie specificamente concernenti il riconoscimento dello status di portatore di handicap grave al terzo degli scaglioni di cui al D.M. n. 55 del 2014 (tra Euro 26.000,00 ed Euro 52.000,00), dovendo, peraltro, escludersi che il compenso spettante al difensore debba essere individuato in una somma compresa tra un minimo di Euro 1.699,00 ed un massimo di Euro 2.910,00, atteso che la natura della controversia legittima l’applicazione prevista dal D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, della riduzione “fino al 50%” (e “di regola fino al 70%” per l’istruttoria) che il giudice, nel tener conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, può disporre “in applicazione dei parametri generali” ossia in funzione “delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza,, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate” e, a questa stregua, procedersi alla riduzione del valore medio dei compensi indicati per i procedimenti di istruzione preventiva nella tabella 9 dell’allegato al D.M. n. 55 del 2014, così stabilendo il compenso minimo in Euro 1.212,00 (pari al 50% dei compensi medi previsti per la fase di studio e la fase introduttiva rispettivamente indicati in Euro 945,00 ed in Euro 750,00 ed al 70% del compenso relativo alla fase istruttoria indicato in Euro 1.215,00, somma superiore a quella dei Euro 1.000,00 liquidata dal Tribunale.

che, pertanto, il ricorso va accolto, il decreto cassato per quanto di ragione e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa decisa nel merito, liquidando le spese in Euro 1.212,00, per compensi professionali, oltre spese generali al 15%;

che relativamente alle spese del presente giudizio se ne dispone la compensazione per essere la somma qui riconosciuta in aumento inferiore al 25% rispetto a quella liquidata con l’impugnato provvedimento

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa per quanto di ragione il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese dell’accertamento tecnico preventivo in Euro 1.212,00, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2021

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