Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza Interlocutoria n.23518 del 27/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 29833-2019 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SIMONE CICCOTTI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PREMUDA 18, presso lo studio dell’avvocato EMILIO RICCI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE RAIMONDI;

– controricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO ***** SAS, L.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1629/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.

RILEVATO

che:

1. Con sentenza del 5 marzo 2018, n. 530, il Tribunale di Velletri accolse le domande proposte dalla curatela del fallimento ***** s.n.c. nei confronti di F.E., già curatore della medesima procedura, e, per l’effetto, non ne approvò il suo conto di gestione del ***** e lo condannò al pagamento, in favore dell’attrice, di Euro 392.781,23 a titolo di risarcimento del danno.

2. La Corte di appello di Roma, definendo il gravame contro l’appena descritta decisione proposto dal F. nei confronti della curatela del fallimento predetto, nonché del curatore D.F.P. in proprio, con sentenza del 6 marzo 2019, n. 1629, lo accolse parzialmente e, in riforma parziale della pronuncia appellata: i) dichiarò inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta dalla menzionata curatela nei confronti del F.; ii:) compensò le spese del doppio grado tra l’appellante e la curatela medesima; iii) dichiarò il difetto di legittimazione passiva del D.F. e condannò l’appellante a rifondergli le spese di quel grado, liquidate in Euro 10.000,00, oltre spese generali, IVA e CPA.

2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte ritenne assorbito il secondo motivo di gravame del F., attinente alla dedotta nullità della domanda per difetto di procura del difensore del fallimento, “…in forza della intervenuta sanatoria ex art. 182 c.p.c., promossa da questa Corte con ordinanza riservata 31.10.18. L’art. 182 c.p.c., comma 1, va interpretato nel senso che il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o autorizzazione della parte è tenuto ad invitare quest’ultima a produrre l’atto mancante. Tale invito può essere fatto in qualsiasi fase e grado del giudizio ed indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con detti “ex tunc”, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (Cass. n. 26948 del 2017; Cass. n. 19169 del 11/09/2014; Cass. SU n. 9217 del 2010)…”.

3. Contro la descritta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il F., affidandosi a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis c.p.c.. Ha resistito, con controricorso, D.F.P., mentre la curatela del fallimento ***** s.n.c. è rimasta solo intimata.

CONSIDERATO

che:

1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 182 c.p.c.. Si assume che la corte capitolina, preso atto dell’acquisita circostanza che il giudizio di primo grado era stato avviato e coltivato dal curatore del fallimento senza conferimento di procura ad un difensore, erroneamente aveva accolto l’istanza della parte appellata – la quale aveva chiesto di essere autorizzata a sanare tale vizio in grado di appello per il primo grado di giudizio – ed aveva fatto, quindi, applicazione retroattiva del disposto dell’art. 182 c.p.c., ammettendo la parte che aveva dato corso alla nullità in primo grado a sanarla in appello. Senza minimamente voler disconoscere la portata innovativa della norma predetta, né la effettiva massima estensione della sua efficacia, nondimeno la corte di appello ne aveva fatto una applicazione oltre i limiti in essa fissati, non potendosi configurare sanatoria rispetto alla procura alle liti in relazione a vizi verificatisi in un precedente grado di giudizio;

II) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 82,91 e 97 c.p.c.. Si contesta l’avvenuta condanna alla refusione delle spese in favore del D.F. sul presupposto, ritenuto erroneo, del suo difetto di legittimazione passiva.

Ritenuto che:

La questione posta dal primo motivo merita un ulteriore approfondimento, non rinvenendosi nella giurisprudenza di questa Corte precedenti specifici.

Pertanto, non ricorrendo i presupposti per la decisione camerale ex 380-bis c.p.c., la causa deve essere rimessa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, art. 1-bis.

P.Q.M.

Rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2021

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