Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23535 del 27/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PONTERIO Carla – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17337-2019 proposto da:

F.G.S., F.C., (ex soci amministratori della ormai estinta società. Di Falco Costruzioni di F.G. & C. snc.), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.

AVEZZANA 8, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GRASSI, rappresentati e difesi dall’avvocato MARIO LUPICA;

– ricorrenti –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ROSSI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LETIZIA CRIPPA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 385/2018 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 30/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa MARCHESE GABRIELLA.

RILEVATO

CHE:

con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la statuizione di primo grado nella parte in cui aveva accolto l’azione di regresso proposta dall’Inail, ex artt. 10 e 11 del T.U. n. 1124 del 1965, nei confronti degli odierni ricorrenti, con riguardo all’infortunio occorso al dipendente C.C.;

avverso detta sentenza, F.C. e F.G.S., nella qualità specificata in epigrafe, hanno proposto ricorso affidato a due motivi, cui ha resistito l’Inail, con controricorso;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

la parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione degli artt. 116,117 e 420 c.p.c. nonché degli artt. 2087 e 2697 c.c. e dei principi da essi desumibili in materia di istruzione probatoria;

per i ricorrenti, la sentenza avrebbe tratto il convincimento della sussistenza del danno e della sua derivazione dalla nocività dell’ambiente esclusivamente dalle dichiarazioni rese dall’infortunato durante la fase delle indagini preliminari e nel corso dell’istruttoria civile, peraltro tra loro contrastanti, con ciò violando le norme indicate in rubrica, poiché l’interrogatorio libero delle parti ha il solo scopo di chiarire e precisare le circostanze di causa ma non costituisce mezzo di prova dei fatti controversi. Ciò sul presupposto che l’infortunato sia parte nel giudizio intrapreso, in via di regresso, dall’INAIL;

con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4- è dedotta “nullità della sentenza e del procedimento” per violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 e 117 c.p.c. avendo la Corte distrettuale valutato le dichiarazioni dell’infortunato al pari di una prova legale e, inoltre, per aver ritenuto non contestata dai ricorrenti, in sede di appello, la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale di Caltanissetta, così violando, in particolare, l’art. 115 c.p.c.;

i motivi possono congiuntamente esaminarsi, per la loro stretta connessione, e sono infondati perché la Corte di appello ha attinto il proprio convincimento in base al complessivo esame degli elementi di causa, senza considerare le dichiarazioni del lavoratore infortunato alla stregua di una prova legale ma, piuttosto, valutandole liberamente, insieme alle altre emergenze processuali;

soccorre, dunque, il principio per cui “la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti” (ex plurimis, Cass. n. 17753 del 2017);

deve, infatti, osservarsi, per un verso, che il lavoratore infortunato non è parte necessaria nel giudizio proposto dall’INAIL, ai sensi della L. 1124 del 1965, art. 11, comma 1, nei confronti delle persone civilmente responsabili dell’infortunio e, per altro verso, che il richiamo al principio di non contestazione non è pertinente; la non contestazione, infatti, può riguardare la condotta (processuale) del convenuto rispetto ai fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda. Ed è in relazione a tale situazione che la parte interessata può invocare la non corretta applicazione del principio codificato dall’art. 115 c.p.c.;

nel caso di specie, i ricorrenti deducono la violazione del principio in modo improprio, estendendolo al giudizio espresso, nella sentenza impugnata, in ordine alla mancata critica di alcuni passaggi motivazionali della pronuncia di primo grado;

e’, peraltro, anche il caso di osservare che l’argomentazione, erroneamente censurata sotto il profilo della violazione dell’art. 115 c.p.c., è resa ad abundantiam (v. pag. 7 della sentenza impugnata, dove l’affermazione è introdotta della locuzione “del resto”, utilizzata in funzione evidentemente aggiuntiva) rispetto alla principale ratio decidendi che fonda la responsabilità dei ricorrenti in base agli elementi di prova emersi nel giudizio. Ed è noto che le argomentazioni eccedenti rispetto alla necessità logico-giuridica della decisione e, quindi, costituenti meri “obiter dicta”, in quanto non vincolanti e improduttivi di effetti giuridici, non sono suscettibili di gravame, né di censura in sede di legittimità (Cass. n. 11160 del 2004; Cass. n. 23635 del 2010; Cass. n. 1815 del 2012; in motiv., Cass. n. 28923 del 2018, p. 4.5.);

complessivamente, in base alle svolte argomentazioni, il ricorso va dunque rigettato;

le spese, in favore dell’INAIL, si liquidano come da dispositivo;

sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 1 5 % ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2021

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