LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27625-2019 proposto da:
F.L.A., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO LIBERATORE;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
CASSA ITALIANA DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II, N. 173, presso lo STUDIO LEGALE BONURA – FONDERICO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE MAZZARELLA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 65/2019 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 09/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 22/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE.
RILEVATO
che:
la Corte d’appello di Campobasso, a conferma della sentenza del Tribunale di Larino, ha dichiarato dovuto da F.L.A. il contributo alla Cassa di Previdenza e Assistenza Geometri (d’ora in avanti CIPAG) per il periodo 2008-2010;
ricostruita la normativa in tema di casse di previdenza private (D.Lgs. n. 509 del 1994), la Corte d’appello ha affermato che l’obbligo contributivo è dovuto dal geometra iscritto all’albo professionale a prescindere dalla sussistenza di altra attività lavorativa soggetta a contribuzione, per la presunzione legale di svolgimento dell’attività libero professionale ai sensi dello statuto della CIPAG, art. 5, prevista iuris tantum e dunque sempre superabile mediante prova contraria da parte dell’interessato;
nel caso in esame, F.L.A. non aveva fornito prova contraria del fatto di essere amministratore di una società avente oggetto sociale oggettivamente connesso alla professione di geometra;
la cassazione della sentenza è domandata da F.L.A. sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria;
la Cassa di Previdenza e Assistenza Geometri e l’Agenzia delle Entrate Riscossione hanno depositato tempestivo controricorso;
e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, art. 3”;
denuncia che alla luce delle leggi vigenti il contributo non sarebbe dovuto, l’iscrizione d’ufficio del ricorrente sarebbe illegittima, con conseguente illegittimità delle pretese contributive avanzate dall’Ente per gli anni controversi, attesi i limiti che la legge ha imposto all’autonomia degli enti previdenziali privatizzati;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione e falsa applicazione della L. n. 37 del 1967, art. 26”;
afferma che nel caso in esame non sussisterebbe l’obbligo di iscrizione alla cassa geometri stante l’occasionalità dell’attività libero professionale svolta dal ricorrente, per la quale trova applicazione la disposizione di cui in epigrafe, la quale stabilisce che “I geometri iscritti a forme di previdenza obbligatoria in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra attività esercitata sono esclusi dall’iscrizione alla Cassa”; che il ricorrente non svolgeva attività professionale in modo continuativo essendo dipendente presso datori i quali già versavano in suo favore i contributi alla gestione obbligatoria per i lavoratori dipendenti;
col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995”;
il ricorrente denuncia la decorrenza della prescrizione quinquennale per non avere ricevuto nessun atto interruttivo della stessa da parte della creditrice, non essendo a conoscenza di essere titolare di una casella di posta elettronica certificata;
il primo e il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondati;
questa Corte in fattispecie sovrapponibile ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di casse previdenziali privatizzate, ai fini dell’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa dei geometri liberi professionisti e del pagamento della contribuzione minima, è condizione sufficiente, alla stregua del regolamento della predetta Cassa, l’iscrizione all’albo professionale – essendo irrilevante la natura occasionale dell’esercizio della professione e la mancata produzione di reddito -, avendo il predetto regolamento definito il sistema degli obblighi contributivi in linea con i principi di cui alla L. n. 335 del 1995, che ha consentito interventi finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine degli enti” (cfr., da ultimo, Cass. n. 4568 del 2021);
il terzo motivo è inammissibile in quanto privo di specificità;
il ricorrente lamenta genericamente di non conoscere di possedere un indirizzo di posta certificata a cui sarebbe pervenuta l’attestazione di interruzione del termine quinquennale, sebbene tale circostanza sia stata oggetto di apposito esame da parte della Corte territoriale; quest’ultima ha, infatti, verificato l’idoneità della missiva inviata a mezzo pec del 19.12.2013 dalla CIPAG all’odierno ricorrente – ad interrompere la prescrizione (p. 10 sent.), ma tale accertamento di fatto non è idoneamente contestato nel terzo motivo, atteso che il motivo non trascrive e non produce l’atto oggetto di accertamento, venendo così meno agli obblighi di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, e all’art. 369 c.p.c., n. 6;
in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio e accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);
in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.000,00 a titolo di compensi professionali nei confronti di ciascuna delle controricorrenti, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 22 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021