Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23934 del 03/09/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26970/2019 proposto da:

M.E., ammesso al patrocinio a spese dello Stato rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Almiento, con studio in Oria (BR) vico Torre S. Susanna, 18;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, ope legis domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 3043 del Tribunale di Lecce, depositato il 30/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/02/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– M.E. cittadino gambiano, ha impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Lecce che respinto il suo ricorso avverso il diniego della c.d. protezione umanitaria da lui richiesta, così come dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria valutati dal tribunale in quanto tutti riconducibili al diritto di asilo;

– a sostegno della domanda ha allegato di avere lasciato il suo paese dove viveva a *****, per il timore di essere accusato di avere procurato l’incendio dell’abitazione nella quale stava lavorando come elettricista, e dal quale erano derivati consistenti danni ed il ferimento di diverse persone; poiché oltre al committente dei lavori, lo stava ricercando anche la polizia ritenendolo responsabile dell’incendio, aveva lasciato il suo Paese diretto in Senegal, Mauritania, Mali, Algeria, Libia dove rimaneva otto mesi per poi imbarcarsi per l’Italia;

– il Tribunale di Lecce avanti al quale egli, con ricorso depositato il 29/3/2018, aveva impugnato solo il diniego della protezione umanitaria, disponeva il mutamento del rito e nel merito escludeva la protezione sussidiaria in relazione alla situazione socio-politica del Gambia come accertata sulla scorta di fonti informative specificamente indicate; parimenti riteneva non meritevole di accoglimento l’invocata protezione umanitaria stante la mancata prova di seri motivi umanitari e di comprovata integrazione sociale in Italia;

– la cassazione del decreto impugnato è chiesta sulla base di tre motivi, illustrati da memoria;

– l’intimato Ministero si è costituito ai soli fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del decreto impugnato per violazione delle norme processuali, in riferimento al combinato disposto di cui al D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d) e comma 4, convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017;

– sostiene il ricorrente che il ricorso da lui depositato il 29 marzo 2018, con richiesta esclusiva di riconoscimento delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, avrebbe dovuto essere trattato in composizione monocratica ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. e assoggettato, ratione temporis, alla disciplina dettata dal D.L. n. 13 del 2017, conv. con mod. con L. n. 46 del 2017, prima delle modifiche ulteriormente introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, conv. con mod. con L. n. 132 del 2018; in altri termini, il mutamento del rito operato dal Tribunale di Lecce non aveva tenuto conto di questa circostanza, così precludendo la possibilità di adire, eventualmente, in sede di gravame, la competente Corte d’appello di Lecce; sosteneva, in proposito, che pur avendo eccepito sul punto nelle memorie trasmesse in via telematica ed in copia cartacea, il Tribunale di Lecce non aveva preso posizione sul punto mutando il rito sic et simpliciter in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3;

– con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per avere sopravvalutato alcune imprecisioni nel racconto del ricorrente in commissione e per la mancata applicazione del principio del c.d. onere probatorio attenuato;

– con il terzo motivo si denuncia la nullità del decreto e/o del procedimento, per violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per omesso esame del ricorrente;

– il primo motivo è fondato;

– il ricorso di primo grado ha avuto ad oggetto la sola domanda di riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria, come è riconosciuto in via preliminare dallo stesso tribunale salentino che dichiara di procedere ” d’ufficio” a valutare se il richiedente abbia diritto al riconoscimento della protezione internazionale sussidiaria in considerazione della mera provenienza geografica” (cfr. pag. 3, paragrafo 2 del decreto);

– il ricorso depositato in data 29-03-2018 (pag. n. 1 decreto impugnato), è stato proposto avanti al Tribunale di Lecce, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in composizione monocratica ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., ed il relativo giudizio è assoggettato, ratione temporis, alla disciplina processuale dettata dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, nella versione precedente le modifiche ulteriormente introdotte dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132, ed entrate in vigore il 5-10-2018;

– nel caso di specie non trovano pertanto applicazione le disposizioni processuali della suddetta ultima normativa che, introducendo nel D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 ter, ha previsto che le controversie di cui al D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d) e d bis), convertito con modificazioni nella L. n. 46 del 2017, sono regolate dal rito sommario di cognizione da proporsi davanti al tribunale, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, che giudica in composizione collegiale e decise con ordinanza non appellabile, ma ricorribile per cassazione;

– ciò posto, è necessario sinteticamente riepilogare il quadro normativo di riferimento vigente ratione temporis;

– il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nel testo in allora vigente, prevede che la Commissione territoriale, nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale, ma ritenga sussistere i necessari presupposti, trasmetta gli atti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari;

– il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 1, prevede la possibilità di ricorso innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria e avverso la decisione della Commissione in tema di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria;

– l’art. 35 bis dello stesso decreto nel testo in vigore al momento del deposito del ricorso, ed introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, stabilisce che le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dall’art. 35 sono regolate dalle disposizioni di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg., ossia dal cosiddetto “rito camerale”, e sono decise dal tribunale in composizione collegiale (introdotto dalla Legge di Conversione n. 46 del 2017, citato art. 3, comma 4-bis), ove non diversamente disposto;

– dello stesso D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, nell’indicare le materie attribuite alla competenza delle sezioni specializzate, elenca sub lett. c) “le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35” ed elenca sub lett. d) “le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3”;

– procedendo all’esegesi delle norme applicabili alla fattispecie in esame è stato ripetutamente affermato che il rito applicabile alle controversie che hanno ad oggetto esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, presentate dopo l’entrata in vigore del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 18 aprile 2017, n. 46 e prima dell’entrata in vigore delle novità normative introdotto con il del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132, è quello ordinario o, a scelta del ricorrente e ricorrendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis c.p.c. e segg. (cfr. Cass. 28640/2020; 16459/2019; 9658/2019);

– a tale conclusione si è giunti considerando che il tenore letterale del combinato disposto dell’art. 35 bis e dell’art. 3 citati pone due questioni interpretative: i) l’individuazione della tipologia di controversie indicate sub lett. d) dell’art. 3 citato; ii) il rito da osservare per tali controversie;

– riguardo alla prima questione, poiché non vi è coincidenza tra l’ambito delle controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria e quello delle ipotesi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, occorre stabilire quale sia l’interpretazione corretta perché conforme alla finalità perseguita dal legislatore del 2017;

– se detta finalità, chiaramente esplicitata, è quella di concentrare tutto il contenzioso in materia di protezione internazionale davanti ad un giudice specializzato, deve allora ritenersi che, nel riferirsi alle “controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3”, il legislatore abbia inteso disciplinare le controversie concernenti il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, richiamato, per l’appunto, dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3;

– diversamente opinando, le controversie in materia di protezione umanitaria esulanti dai casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, resterebbero affidate alla competenza delle sezioni ordinarie del tribunale, e ciò in evidente contrasto con la finalità di concentrazione e specializzazione perseguita dal legislatore di cui si è appena detto;

– la domanda esclusivamente rivolta ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari, come nel caso di specie, è da ritenersi ammissibile, considerato che la situazione giuridica soggettiva sottesa a tale domanda è riconducibile alla categoria dei diritti umani fondamentali garantiti dall’art. 2 Cost. e art. 3 CEDU (così Cass. S.U. 5059 del 2017) e che con l’attuale sistema pluralistico di misure riconducibili alla protezione internazionale, realizzatosi all’esito del recepimento delle Direttive Europee con i citati D.Lgs. n. 251 del 2007 e D.Lgs. n. 25 del 2008, si è data completa attuazione al diritto di asilo previsto dall’art. 10 Cost., comma 3 (Cass. 10686 del 2012; 16362 del 2016);

– ne consegue che non possono esservi ostacoli di natura processuale alla tutela giurisdizionale del diritto al riconoscimento del permesso umanitario, che rientra nel sistema di protezione costituzionale dell’asilo;

– rispetto al rito applicabile alle controversie di cui si sta trattando, si è già detto che, ai sensi del citato art. 3, comma 4-bis, introdotto dalla Legge di Conversione n. 46 del 2017, sono soggette al rito camerale speciale solo le controversie di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), mentre non si rinviene nel comma 4-bis, dell’art. 3 alcun richiamo alle controversie di cui alla lett. d);

– in base al tenore letterale di dette disposizioni è dato rilevare che la modifica del modello processuale – vigente dal 17-8-2017 e fino all’entrata in vigore della disciplina del 2018-, pur incidendo sulla competenza per materia, nei termini sopra precisati, non ha invece riguardato il rito da osservare;

– il rito previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, con le peculiarità che lo connotano – composizione collegiale della sezione specializzata, procedura camerale e non reclamabilità del decreto – ha un ambito di applicabilità espressamente limitato alle controversie di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e a quelle relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino;

– le controversie in materia di protezione umanitaria non sono richiamate nell’art. 35 bis citato, mentre il comma 4 del D.L. n. 13 del 2017, art. 3 e relativa Legge di Conversione prevede la competenza del tribunale in composizione monocratica nelle controversie di cui all’art. 3, salvo quanto previsto dal comma 4-bis del medesimo art. 3;

– in assenza di previsione legislativa espressa nei termini di cui si è detto, non è consentito estendere la norma sul rito camerale speciale a ipotesi non menzionate nell’art. 35 bis, considerato che per le altre fattispecie è prevista l’attribuzione di competenza al giudice specializzato in composizione monocratica (art. 3, comma 4 citato);

– il rito deve essere, pertanto, individuato secondo le regole generali ed è quello ordinario di cui agli artt. 281-bis c.p.c., e segg., o, a scelta del ricorrente e ricorrendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis c.p.c. e segg.; entrambi i giudizi si concludono con provvedimento (sentenza o ordinanza) impugnabile in appello;

-detta ricostruzione ermeneutica, oltre che rispettosa della lettera delle norme, risulta coerente sotto il profilo sistematico, dato che l’esplicita volontà legislativa di attribuire, nelle controversie di cui trattasi, la competenza all’organo giudicante in composizione monocratica è bilanciata dal mantenimento del doppio grado di merito;

– deve ritenersi, quindi, consentito al ricorrente, in base alle norme vigenti ratione temporis nel caso di specie, la scelta processuale concernente la selezione delle domande da proporre e il rito che ne consegue, con rilevanti riflessi sui rimedi impugnatori esperibili e, quindi, sulla facoltà di svolgere censure di merito in doppio grado;

– va, dunque accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri due motivi, ed il decreto impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Lecce, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in diversa composizione monocratica, per nuovo esame e anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Lecce, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in composizione monocratica anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472