Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24009 del 06/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16331/2016 proposto da:

V.V., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore Maddalena, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banco Popolare Soc. Coop., incorporante la Banca Popolare di Lodi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Fontanella Borghese n. 72, presso lo studio dell’avvocato Voltaggio Antonio, rappresentato e difeso dall’avvocato Monterosso Tito, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 322/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 25/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/03/2021 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

FATTI DI CAUSA

1. – Con citazione notificata il 5 dicembre 2012 V.V. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Siracusa la Banca Popolare di Lodi e B.G.. Deduceva di aver sottoscritto, in data *****, un certificato di deposito per l’importo di Lire 70.000.000 emesso dalla Banca Popolare di Pisa che, all’epoca, era rappresentata da B., consigliere di amministrazione della detta banca; questa si era impegnata a rimborsare alla scadenza l’importo sopra indicato, maggiorato degli interessi al tasso nominale del 10,40%. L’attore rilevava di aver richiesto il pagamento alla scadenza e di aver scoperto, nella circostanza, che il certificato di deposito non era stato emesso e contabilizzato. Domandava pertanto la condanna della Banca Popolare di Lodi, che aveva incorporato la Banca Popolare di Pisa, e di B., al pagamento della somma di Euro 36.151,98, oltre interessi.

In data 13 novembre 2009, nella resistenza della sola Banca Popolare di Lodi, il Tribunale di Siracusa, sezione di staccata di Lentini, pronunciava sentenza con cui disattendeva l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla convenuta costituita e condannava quest’ultima al pagamento dell’importo sopra indicato, maggiorato di interessi.

2. – La Banca Popolare di Lodi proponeva appello. La Corte di Catania, con sentenza del 25 febbraio 2016, definiva il giudizio di gravame, in cui si costituiva V.: disattendeva le eccezioni svolte da quest’ultimo – aventi ad oggetto l’inammissibilità del gravame per l’irrituale evocazione in giudizio dello stesso appellato e per la mancata integrazione del contraddittorio – e pronunciava sulla competenza: in particolare, dichiarava l’incompetenza del Tribunale di Siracusa e la competenza, in via alternativa, del Tribunale di Pisa e del Tribunale di Lodi.

3. – Avverso detta pronuncia V. ha proposto un ricorso per cassazione basato su sei motivi. Resiste con controricorso Banco Popolare Soc. Coop., incorporante la Banca Popolare di Lodi, che ha svolto una impugnazione incidentale condizionata, articolata in quattro motivi, e ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione della L. n. 890 del 1982, art. 8. La censura investe la decisione impugnata nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta da V.. Rileva l’istante che l’atto di impugnazione era stato notificato a mezzo del servizio postale e che il plico era stato depositato, per la prescritta giacenza, in ufficio postale di una città (*****) diversa da quella in cui doveva eseguirsi la notificazione (*****). Il ricorrente deduce, poi, che l’avviso di giacenza risultava mancante dell'”indicazione della città di destino e mai recapitato o consegnato al destinatario”.

Il motivo è inammissibile.

Esso non si misura affatto con la sentenza impugnata, la quale ha rettamente reputato irrilevante la circostanza per cui il plico venne depositato presso l’ufficio postale di *****: e infatti, a norma della L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, nel testo vigente ratione temporis, se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l’agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario, o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato lo stesso giorno presso l’ufficio postale preposto alla consegna “o presso una sua dipendenza”. A fronte del rilievo della Corte di appello per cui il deposito del piego poteva aver luogo anche presso una dipendenza, l’odierna parte istante avrebbe dovuto anzitutto contestare che ricorresse la concreta fattispecie evocata nella sentenza impugnata (deposito del piego presso una dipendenza, appunto): ma ciò non è avvenuto. E’ da escludere, peraltro, che la giacenza del plico presso un ufficio postale diverso da quello indicato dalla norma sia sufficiente a determinare, in caso di regolare recapito della ricevuta di avvenuto deposito da parte del destinatario, la nullità della notificazione: manca, infatti, una espressa previsione normativa in tal senso e la circostanza indicata, in assenza di indici che diano ragione di una obiettiva difficoltà quanto al ritiro del plico da parte del notificando, non può dirsi ostativa al raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c., comma 3.

L’ulteriore eccezione vertente sull’avviso di giacenza presenta, poi, carattere di novità, in quanto non risulta sia stata sollevata nel precedente grado di giudizio: la medesima è oltretutto sconfessata dalla Corte di appello che, nell’affrontare la questione relativa al deposito del plico, ha rilevato che il destinatario di esso fu reso edotto della sua giacenza presso l’ufficio postale di ***** e, ancor prima, riceve smentita dalla circostanza per cui l’avviso di deposito fu “prodotto”, nel giudizio di gravame, “dallo stesso appellato” (pag. 5 della sentenza), che quindi ne era in possesso. Del tutto generica – al punto che non se ne comprende la decisività – appare, infine, la doglianza relativa all’asserita mancata indicazione, nell’avviso di deposito, della “città di destino” della comunicazione: comunicazione comunque indirizzata a V.V., nel suo reale indirizzo.

2. – Il secondo mezzo del ricorso principale oppone la violazione dell’art. 331 c.p.c.. Viene dedotto che l’appello non era stato notificato agli eredi di B.G.. Assume l’istante che i detti eredi erano litisconsorti necessari nel giudizio di appello: sicché la banca – che pure aveva rappresentato essere intervenuta rinuncia all’eredità da parte dei soggetti che dovevano essere citati avanti alla Corte territoriale – non avrebbe potuto ometterne l’evocazione in giudizio.

Il motivo è palesemente infondato.

B. e la banca sono stati convenuti in giudizio quali soggetti solidalmente responsabili del danno lamentato dall’attore. Ebbene, l’obbligazione solidale passiva non comporta, sul piano processuale, l’inscindibilità delle cause in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, che può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, sicché, se uno di essi propone impugnazione, o questa sia formulata nei confronti di uno soltanto, il giudizio può proseguire senza dover integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, non ricorrendo una delle ipotesi previste dall’art. 331 c.p.c. (Cass. 12 febbraio 2016, n. 2854; Cass. 30 agosto 2011, n. 17795; cfr. pure, più di recente: Cass. 15 giugno 2020, n. 10803; Cass. 21 agosto 2018, n. 20860).

3. – Col terzo motivo V. lamenta la violazione degli artt. 18 e 33 c.p.c.. Il tema ivi trattato è quello della dichiarata incompetenza. Il ricorrente rileva che B.G., evocato in primo grado, aveva la propria residenza e il proprio domicilio in *****, onde era consentita l’instaurazione del giudizio avanti al foro del detto convenuto.

Il motivo è anzitutto ammissibile, presentando carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (cfr. in tema (Cass. 18 febbraio 2011, n. 4036 e Cass. 3 agosto 2007, n. 17125); né può dirsi che sul punto il giudice di appello abbia deciso la questione in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, come invece sostenuto dalla banca controricorrente.

E’ vero, piuttosto, che la sentenza impugnata risulta essere viziata per aver trascurato di valorizzare, ai fini del radicamento della competenza, il disposto dell’art. 33 c.p.c., secondo cui le cause contro più persone che, a norma degli artt. 18 e 19, dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l’oggetto o per il titolo possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo. In base alla norma citata, la causa poteva essere introdotta presso il Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Lentini, avendo ivi la propria residenza il convenuto B.G..

Ne’ rileva che il ricorrente, attore in primo grado, abbia mancato di svolgere specifiche deduzioni al riguardo, a fronte dell’eccezione di incompetenza della controparte. Era alla banca che spettava, all’inverso, un onere di contestazione, quanto all’applicabilità del criterio basato sulla residenza e il domicilio del convenuto B. (art. 18 c.p.c.). In tema di competenza territoriale derogabile, per la quale sussistano più criteri concorrenti, grava difatti sul convenuto che eccepisca l’incompetenza del giudice adito (trattandosi di eccezione in senso proprio) l’onere di contestare specificamente l’applicabilità di ciascuno dei suddetti criteri e di fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte a sostegno di tale contestazione, con la conseguenza che, in mancanza di tale contestazione e di detta prova, l’eccezione deve essere rigettata, restando, per l’effetto, definitivamente fissato il collegamento indicato dall’attore, con correlativa competenza del giudice adito. (Cass. 3 luglio 2018, n. 17311; Cass. 21 luglio 2011, n. 15996).

Deve conseguentemente escludersi che, a fronte di una eccezione di incompetenza per territorio, il giudice adito possa disinteressarsi di profili che valgano a radicare la competenza stessa presso di lui per il sol fatto che l’attore, nel replicare all’eccezione del convenuto, non li abbia espressamente evocati.

4. – Il quarto motivo oppone la violazione dell’art. 20 c.p.c.. Deduce l’istante che la competenza territoriale doveva ritenersi radicata avanti al Tribunale di Siracusa: e ciò avendo riguardo sia al luogo in cui era sorta l’obbligazione, sia al luogo in cui questa doveva eseguirsi.

Col quinto motivo si prospetta l’inammissibilità della domanda restitutoria e l’estinzione del giudizio di appello. Secondo il ricorrente la Banca Popolare di Lodi non aveva legittimazione a stare in giudizio, giacché a far data dal 27 dicembre 2011 era stata incorporata dal Banco Popolare soc. coop..

Il sesto motivo del ricorso principale riguarda la decisione assunta dalla Corte di merito in punto di spese processuali. Spiega il ricorrente che, a fronte della declaratoria di incompetenza, le dette spese ben avrebbero potuto compensarsi, “anche in considerazione degli argomenti trattati e della novità del giudizio”.

Le esposte censure restano tutte assorbite.

5. – L’accoglimento del ricorso principale impone di prendere in esame il ricorso incidentale condizionato.

Il primo motivo di ricorso incidentale condizionato lamenta la nullità della decisione di primo grado per essere stato riassunto avanti al Tribunale di Siracusa lo stesso giudizio già definito con altra sentenza del medesimo giudice.

Il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per l’assenza o comunque per insufficienza della motivazione della sentenza di primo grado.

Il terzo motivo di ricorso incidentale oppone l’irritualità, tardività ed inammissibilità della memoria istruttoria ex art. 184 c.p.c. e la conseguente irritualità e inammissibilità della produzione documentale offerta con la detta memoria.

Col quarto mezzo viene dedotta l’erroneità della sentenza di primo grado per violazione del principio dell’onere probatorio e per violazione degli artt. 112 c.p.c. e segg..

I detti motivi riguardano questioni su cui la Corte di appello non si è pronunciata, in quanto le ha ritenute implicitamente assorbite dalla questione sulla competenza. Ora, nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, avendo il giudice di merito attinto la ratio decidendi da altre questioni di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (Cass. 26 aprile 2010, n. 9907; Cass. 15 febbraio 2008, n. 3796; cfr. pure: Cass. 12 giugno 2020, n. 11270; Cass. 22 settembre 2017, n. 22095).

Il ricorso incidentale va dunque dichiarato inammissibile.

6. – In conclusione, va accolto il terzo motivo del ricorso principale; il primo motivo va dichiarato inammissibile, mentre il secondo è rigettato e i restanti sono da considerare assorbiti; deve infine dichiararsi inammissibile il ricorso incidentale condizionato.

La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catania che, in diversa composizione, statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il terzo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il primo, rigetta il secondo e dichiara assorbiti i restanti; dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021

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