LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9086/2018 proposto da:
Son’s S.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Bainsizza n. 1, presso lo studio dell’avvocato Elia Francesco, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Cuppone Giuseppe, Valenzano Rosalba, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Intesa Sanpaolo S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Grazioli n. 15, presso lo studio dell’avvocato Gargani Benedetto, rappresentata e difesa dall’avvocato Trenti Giovanni, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 80/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, pubblicata il 10/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/05/2021 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA;
lette le conclusioni scritte (D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 176 del 2020) del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CERONI Francesca, che chiede alla Corte di cassazione il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 10 gennaio 2018 la Corte d’appello di Torino ha respinto l’impugnazione proposta da Son’s S.r.l. nei confronti di Intesa Sanpaolo s.p.a. contro la sentenza del 24 aprile 2014, con la quale il Tribunale di Torino aveva respinto le domande volte alla dichiarazione di invalidità o di risoluzione del contratto “IRS Tasso Certo” concluso il 30 settembre 2008, con le restituzioni ed il risarcimento del danno.
Per la cassazione della sentenza la Son’s s.r.l. ha proposto ricorso, sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria.
L’intimata resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi di ricorso possono essere come di seguito riassunti:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1325,1362,1418 c.c. e art. 21 t.u.f., per avere la corte del merito ritenuto sufficiente, al fine del giudizio di meritevolezza del contratto Irs, la sussistenza di un rapporto del 50% tra nozionale del derivato e debito di capitale, non considerando che però la funzione del prodotto proposto, sulla base dei documenti contrattuali, si identificava non nella mera mitigazione del rischio di tasso, ma nella sua neutralizzazione, mediante la integrale conversione del debito da variabile a fisso, come risulta dalla clausola negoziale secondo cui “scelgo di trasformare i miei oneri finanziari da variabili a fissi per avere certezza dei flussi di cassa attesi”;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1325,1418,1423,1895 c.c., art. 21 t.u.f. e art. 117 t.u.b., per avere la corte del merito valutato, al fine del giudizio di meritevolezza, circostanze sopravvenute alla conclusione del contratto ed incerte a tale momento, quali l’effettiva erogazione della somma capitale per il leasing e la correlativa decorrenza dell’ammortamento, quando, invece, il c.t.u. aveva segnalato la non esatta coincidenza temporale nella fase iniziale dei due contratti;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1325,1418 e 1895 c.c., per avere la corte del merito, al fine del giudizio di meritevolezza e della bilateralità del rischio, ritenuto irrilevante l’assenza di prospettive di rialzo dei tassi, ossia la circostanza della impossibilità di un vantaggio per il cliente, argomentando essa solo dalla durata notevole (18 anni) del derivato, che, a parere della sentenza impugnata, renderebbe l’alea equamente distribuita;
4) violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1325,1346,1349 c.c. e art. 21 t.u.f., per avere la corte del merito, al fine del giudizio di meritevolezza del contratto, omesso di considerare la c.d. alea razionale, quale condivisione tra le parti dell’esatta misura del rischio propria dell’operazione, essendo necessario indicare in contratto il valore dello swap al momento della negoziazione, gli scenari di probabilità sull’andamento degli stessi tassi di interesse, il mark to market e gli eventuali costi impliciti, alla stregua di una scommessa razionale; mentre la corte territoriale ha reputato sufficiente la sola indicazione al cliente delle conseguenze contrattuali dipendenti dallo scambio, con le scadenze previste, dei due flussi di interessi, calcolato sull’importo nozionale;
5) violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1453 c.c., art. 21 t.u.f. e artt. 38,40 Reg. Intermediari Consob, per avere la corte del merito indagato, con riguardo alle domande di risoluzione dell’Irs e risarcimento del danno, soltanto sul rispetto dei doveri informativi da parte dell’intermediario, reputando i legali rappresentanti della società qualificati professionalmente, ma non circa l’adeguatezza dell’operazione e gli obiettivi di investimento, pur avendo svolto un’attività di consulenza.
2. – La sentenza impugnata, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che:
a) la banca ha assolto ai propri obblighi informativi, ciò risultando dall’esauriente contenuto del contratto prodotto in giudizio, mentre una parziale ed abile ricostruzione di “spezzoni” dei documenti, operata dall’istante, non è in grado di superare il significato dei medesimi nel loro complesso, risultando dunque provato che siano stati in pieno rispettati, da parte dell’intermediario, gli obblighi informativi e di verifica dell’adeguatezza dell’operazione conclusa (profilo quest’ultimo, peraltro, non oggetto dell’appello);
b) non sussiste nullità del contratto per mancanza di causa, in ragione della c.d. alea unilaterale dedotta dall’appellante: la c.t.u., disposta al fine di valutare la sussistenza degli elementi atti ad integrare la funzione di copertura del contratto derivato, ha permesso di verificare che tale funzione è stata effettivamente svolta dal medesimo contratto, rispetto al sottostante contratto di leasing immobiliare; ciò, attesa la corrispondenza tra nozionale del derivato e debito capitale (il primo pari al 50% del secondo), tasso variabile del derivato e tasso variabile del leasing, periodicità trimestrale del pagamento delle rate di leasing e quella delle cedole previste dall’Irs, e, infine, tra le durate dei due contratti, entrambe di diciotto anni con coincidenza nelle scadenze del relativo piano di ammortamento.
In ordine alle considerazioni del consulente tecnico d’ufficio, il quale ha rilevato la possibile non coincidenza temporale nella fase iniziale dei due contratti – in ragione della decorrenza del contratto di leasing solo dal momento della consegna del bene – si tratta di un mero scenario ipotetico, mai realizzatosi, ed inoltre tale questione in fatto non è stata dedotta, non essendosi mai in giudizio dubitato che i due contratti abbiano trovato perfetta correlazione, anche sul piano temporale, presupposto fattuale sul quale si è basata la decisione del tribunale, che sul punto non è stata censurata.
Ha concluso che il derivato in esame rispetta perfettamente le caratteristiche ed i criteri posti dalla determinazione Consob 26.2.1999 DI/99013791, quanto agli strumenti c.d. di copertura.
Ne’ è fondato l’assunto della concreta insussistenza di una prospettiva di aumento dei tassi di interesse nel periodo considerato, al contrario risultando ex ante equamente distribuita l’alea negoziale, anche in ragione della durata del contratto, e ciò pure secondo una verifica ex post;
c) non sussiste nullità del contratto o della clausola sul costo di commissione, che non era implicito né illecito, avendo al contrario accertato che il costo era chiaramente esposto, in modo analitico.
3. – I primi quattro motivi sono volti a sostenere la nullità del contratto Irs concluso inter partes.
Con essi, la ricorrente nega la sussistenza, nella specie, della meritevolezza degli interessi perseguiti con il contratto di interest rate swap, ai sensi del controllo ex art. 1322 c.c., o di una causa concreta o razionale del contratto, in quanto esso: i) non ha assolto al compito di neutralizzare il rischio di tasso, come le parti avevano invece pattuito, non avendo esse voluto meramente mitigarlo; ii) il contratto di Irs non poteva svolgere la sua funzione, non avendo una decorrenza coincidente con il contratto di leasing quanto al momento iniziale di efficacia; iii) mancava l’elemento della bilateralità del rischio, in quanto non esisteva nessuna prospettiva di rialzo dei tassi e, dunque, era impossibile qualsiasi vantaggio per il cliente; iv) non era individuabile in contratto un’alea razionale, non indicando esso gli elementi a ciò necessari.
4. – Tutti i predetti motivi, anzitutto, sono privi di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., laddove operano riferimento alle clausole del contratto di swap in discorso, senza né riportarle in modo integrale né descriverle in modo comprensibile: onde la Corte non è posta in grado, a causa dell’inosservanza di detto onere, di apprezzare il contenuto delle pattuizioni.
In secondo luogo, le deduzioni contenute nei motivi si scontrano con gli accertamenti di fatto compiutamente e senza vizi svolti dal giudice del merito: il quale, ponendo estrema attenzione alla vicenda ed alle questioni poste, ha provveduto a disporre una consulenza tecnica d’ufficio, per indagare intorno ai profili finanziari ed economici dell’intera operazione, allo scopo di poterne individuare la causa concreta, come pure la meritevolezza degli interessi alla stregua della ricerca, di esito positivo, circa l’esistenza di un’effettiva funzione e idoneità del derivato stesso a fungere da copertura dei rischi finanziari derivanti dal contratto di leasing nel contempo concluso.
L’esito di tale indagine – fattuale e tecnica – ha, così, evidenziato, come la corte del merito afferma con ampia motivazione, le seguenti circostanze di fatto: che il contratto conteneva tutte le previsioni tecniche idonee a renderlo uno strumento di c.d. copertura rispetto al sottostante contratto di leasing immobiliare; che vi è corrispondenza specifica tra tutte le previsioni dell’uno e dell’altro contratto (nozionale del derivato e debito per capitale, tasso variabile, periodicità trimestrale dei pagamenti, durata, piani di ammortamento); che non corrisponde al vero la presunta impossibilità di aumento dei tassi di interesse nel periodo considerato, evenienza questa al contrario verificatasi.
Si tratta di tutti accertamenti in fatto, non ripetibili in questa sede, nonostante la pretesa di configurarli sotto l’egida del vizio di violazione di legge.
Da quanto esposto deriva che i detti motivi, laddove in diritto argomentano la nullità – ora per immeritevolezza, ora tout court per la mancanza di causa in relazione a diverse ragioni – del contratto Irs, sono inammissibili quando perorano presupposti di fatto difformi rispetto agli accertamenti operati dai giudici di merito, che ne costituiscono indispensabile premessa.
5. – Ciò posto, in sintesi i quattro motivi sostengono la nullità del contratto, nell’assunto derivante dalla funzione di neutralizzazione non dell’intero rischio del tasso, ma di una parte di esso; dalla non coincidente decorrenza della efficacia iniziale dei due contratti, il leasing ed il finanziamento; all’assenza di alea bilaterale, attesa l’impossibilità di un rialzo dei tassi d’interesse; dall’assenza di alea razionale, per la mancanza di elementi negoziali atti ad identificarla.
Detti motivi, dunque, intendono porre rispettivamente le seguenti questioni di diritto:
1) se sia valido un Irs volto a neutralizzare solo una parte del rischio di tasso, in particolare in un rapporto pari al 50%;
2) se sia valido un Irs in presenza di una diversa decorrenza iniziale dei contratti di leasing e di finanziamento;
3) se sia valido un Irs in assenza di alea bilaterale in ragione dell’impossibilità di rialzo dei tassi di interesse;
4) se sia valido un Irs in assenza di alea razionale per la mancanza di elementi negoziali atti ad identificarla.
6. – Il primo motivo sostiene, dunque, il difetto di causa in concreto, argomentando nel senso che l’Irs sarebbe stato stipulato per neutralizzare completamente, e non solo parzialmente, il rischio di tasso dell’utilizzatore del leasing, mentre il nozionale era pari solo alla metà del capitale finanziato col leasing e la corte d’appello avrebbe male interpretato il contratto, il quale espressamente faceva riferimento alla neutralizzazione del rischio.
Il motivo è inammissibile.
Non costituisce, invero, una questione di diritto realmente proposta quella, apparentemente veicolata dal primo motivo, concernente il quesito se sia valido un Irs volto a neutralizzare solo una parte del rischio di tasso, in particolare in un rapporto pari al 50%: infatti, la ricorrente non sostiene tale tesi in diritto, ma riconduce il vizio al concreto contenuto della clausola negoziale allegata, a suo parere volta a neutralizzazione l’intero rischio e non solo una parte di esso, come in concreto avvenuto.
Si tratta, però, di questione nuova, né essendo stato dalla ricorrente dedotto se il tema della intenzione delle parti di neutralizzare, e non solo mitigare, il rischio del tasso di interesse a carico della utilizzatrice fosse stata posta alla corte d’appello, la quale, infatti, non ha svolto alcuno specifico accertamento in proposito.
Dunque viene meno il presupposto di fatto della deduzione di nullità per difetto di causa in concreto.
7. – Il secondo motivo è inammissibile.
Nel denunziare la violazione di legge per difetto di causa (di copertura) in concreto, si censura l’accertamento della corte d’appello circa la corrispondenza temporale tra la scadenza degli interessi da versare per il leasing e le scadenze di pagamento dei differenziali dell’Irs.
Tuttavia, come sopra ricordato, si tratta di un accertamento di fatto, non sindacabile in Cassazione.
Ne’ è esatto che la corte del merito abbia effettuato – come sostiene la ricorrente – una valutazione ex post; essa ha invece accertato, in fatto, la pacifica coeva decorrenza e scadenza degli interessi del leasing e dell’Irs.
Onde la questione di diritto, che si vorrebbe introdurre col motivo, è posta in modo inammissibile, in quanto si scontra con l’accertamento di fatto, compiuto dal giudice del merito, circa la decorrenza iniziale dei due contratti.
Si noti, altresì, come la corte del merito abbia esposto – circa la dedotta non coincidenza temporale nella fase iniziale dei due contratti, che nell’assunto attoreo avrebbe pregiudicato l’esistenza e la meritevolezza della causa negoziale – una duplice motivazione: argomentando, da un lato, che detta questione è stata introdotta per la prima volta in appello e senza la necessaria censura in ordine all’opposto convincimento espresso dal primo giudice; e, dall’altro lato, che si trattava di un mero “scenario ipotetico” non realizzatosi, rimasto irrilevante nell’economia del negozio.
Ne deriva dunque che tale profilo, essendo sorretto dalla prima ratio decidendi ricordata e qui non censurata, si palesa ancora inammissibile, restando la stessa idonea a sorreggere la decisione.
Inoltre, giova rilevare come la motivazione della sentenza di appello, secondo cui in punto di fatto nessuno sfasamento sussisteva, quanto all’inizio di efficacia dei due contratti, serviva nell’economia del ragionamento proprio ad indicare come tale previsione costituisse un mero profilo di tecnica bancaria, per le esigenze sottese alla necessità di acquistare e consegnare il bene concesso in leasing.
E la corte del merito, in esito alla espletata c.t.u., ha concluso che sussisteva certamente una stretta correlazione tra il contratto di leasing ed il contratto di Irs di copertura.
Ciò, nel pieno rispetto dei criteri esposti da questa Corte, la quale ha affermato (cfr. Cass. 18 luglio 2017, n. 18781) che il contratto di interest risk swap con up front, ossia con effettivo finanziamento iniziale da restituire, non è di per sé nullo per difetto o illeicità della causa, occorrendo verificare, caso per caso, il concreto assetto dei rapporti negoziali predisposto dalle parti, sicché il detto contratto deve ritenersi valido se la causa aleatoria del contratto di swap e quella del sottostante rapporto di finanziamento, pur collegate, restino autonome e distinte, senza risultare snaturate e senza comportare alcuna alterazione del rischio a carico dell’operatore commerciale.
8. – Il terzo motivo vorrebbe veicolare del pari una questione di diritto, tuttavia inammissibilmente posta: la corte del merito ha, invero, escluso che ci si trovi di fronte ad una c.d. alea unilateralmente assunta, avendo accertato che il contratto – ex ante, come confermato del resto in sede di accertamento ex post, per quanto di rilievo – al contrario si fondava proprio sulla previsione di una variazione possibile dei tassi in alto o in basso, onde falsamente si allega l’inesistenza di un possibile rialzo dei tassi nel contratto, dalla durata pari a diciotto anni e dunque ancora da verificare in futuro quanto alla funzione conclusivamente svolta.
Al riguardo si e’, di recente, condivisibilmente già osservato (Cass. 13 luglio 2018, n. 18724, non massimata) che il contratto di swap non è in sé immeritevole, posto che rientra nell’autonomia negoziale, nel quadro di applicazione dell’art. 1322 c.c., comma 2 e che le censure di nullità non possono riguardare comunque gli esiti economici prodottisi ex post, tanto meno sulla base di valutazioni del cliente del tutto prive di efficacia probatoria.
Invero, si è ivi ragionato come il contratto Irs venga concluso proprio con funzione di copertura delle possibili oscillazioni dei tassi di interesse in futuro e che esse, nella comune esperienza, non sono affatto né impossibili, né necessariamente lievi; mentre la pretesa “impossibilità” di un aumento dei tassi di interesse deve sussistere in anticipo, per ragionare in termini di pregiudizio a quella concreta funzione. Ciò, in quanto “i contratti aleatori sono previsti dall’ordinamento e non vanno certo incontro in se stessi ad un giudizio di immeritevolezza”, mentre la valutazione del contratto “va almeno compiuta secondo una valutazione operata ex ante, non ex post, sì da giudicare meritevoli i contratti di swap in cui l’investitore ha guadagnato e immeritevoli quelli in cui ha perso” (Cass. 13 luglio 2018, n. 18724, citata).
Invero, potrebbe semmai valutarsi ex post quando l’operazione abbia favorito una parte o l’altra, rispetto alle sopravvenienze previste e poi realizzatesi, oppure no; mentre necessariamente ex ante va compiuta la valutazione circa l’esistenza di una funzione pratica di copertura del derivato, in quanto sia idoneo a trasformare dei flussi finanziari di tipo variabile in flussi di cassa fissi, in tal modo eliminando gli effetti dell’aleatorietà riconducibile al movimento del tasso variabile, coincidente con quello cui fa riferimento la posizione debitoria precedentemente contratta.
Dunque, le parti, al momento del contratto del 30 settembre 2008, concordarono uno strumento volto, ed idoneo, a tutelare la cliente dal rischio di un aumento dei tassi di interesse, e ciò – attesa la durata del contratto pari a 18 anni – nel medio e medio-lungo termine: con la corretta conclusione, non confutabile in questa sede di legittimità, secondo cui entrambe le parti del negozio risultavano realmente soggette ad un’apprezzabile componente di rischio.
9. – Il quarto motivo vorrebbe proporre una questione di diritto, contestando la sussistenza di un’atea razionale” per difetto di indicazione, nel contratto, delle modalità di determinazione del mark to market.
Il motivo è inammissibile, in quanto nuovo.
Se è vero che il contratto avrebbe dovuto specificare le modalità di calcolo del mark to market (cfr. Cass., sez. un., 12 maggio 2020, n. 8770), l’accertamento se ciò sia avvenuto in concreto presuppone una verifica di fatto non effettuata dalla corte del merito, perché non richiestole: i riferimenti della ricorrente alle comparse conclusionali di primo e di secondo grado sono, infatti, generici e astratti, oltre che tardivi (in quanto sarebbe stato necessario che la contestazione fosse stata sollevata con l’atto di appello).
10. – Il quinto motivo, che attiene al rigetto delle domande subordinate di risoluzione e di risarcimento del danno per la violazione degli obblighi informativi, è inammissibile.
La sentenza impugnata, esaminati i documenti in atti, ha ritenuto completo l’assolvimento degli obblighi informativi, attivi e passivi, ad opera della banca, nonché la compiuta verifica da parte della medesima dell’adeguatezza dell’operazione al cliente; anzi, stigmatizzando la ricostruzione “parziale” ed “abile” di “spezzoni” dei documenti, posta in essere dall’istante.
Con una seconda motivazione, la corte del merito ha, altresì, rilevato come il profilo della adeguatezza dell’operazione conclusa non è stato neppure, peraltro, oggetto dell’atto di appello.
Ne deriva che, non essendo stata confutata questa seconda motivazione, essa resta di per sé idonea a fondare la decisione.
11. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate in Euro 6.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori di legge.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021
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