LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1345/2016 proposto da:
Penta Service S.r.l., in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giuseppe Ferrari, 35 presso lo studio dell’Avvocato Massimo Filippo Marzi, che la rappresenta e difende con gli Avvocati Angelo Maiolino, e Giorgio Massarotto, per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Azienda Pubblica Servizi alla Persona “San Giovanni”, con sede in *****, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via Monte Santo, 68 presso lo studio dell’Avvocato Massimo Letizia, che la rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente con gli Avvocati Massimo Baroni, e Sandra Mazzorana, per Delib. dd. 19 gennaio 2016 e procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Nonché
Impresa Costruzioni INCO S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via Varrone, 9 presso lo studio dell’Avvocato Maria Luisa De Rose, che la rappresenta e difende con gli Avvocati Antonio Tita, e Alessandra Carlin, per procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
E M.B., Unipol Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., Comune di *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 377/2015 della Corte di appello di Trento, depositata il 1/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/05/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Trento con la sentenza in epigrafe indicata in parziale riforma di quella resa dal locale tribunale al n. 57 del 2013 ha condannato, per quanto rileva nel presente giudizio, INCO S.r.l. e Penta Service S.r.l., in solido con il D.L. incaricato della progettazione M.B., al rifacimento di tutti i massetti di un immobile adibito a casa di riposo affidato in appalto dal Comune di ***** alla INCO S.r.l. e da questa subappaltato a Penta Service S.r.l. quanto alla realizzazione dei massetti e in caso di mancato adempimento, nel termine di sei mesi dal deposito della sentenza di appello, al pagamento del risarcimento del danno per la somma di Euro 558.025,00 e di Euro 438.900,00 per ulteriori danni, condannando altresì Penta Service S.r.l. a tenere indenne INCO di quanto dovuto all’Azienda indicata.
2. La Corte di appello ha ritenuto che i vizi di realizzazione dei massetti della pavimentazione della struttura, che nel tempo avevano manifestato avvallamenti e crepe solo in taluni ambienti soggetti a maggiori sollecitazioni determinate dal passaggio di letti e carrelli, già ritenuti dal primo giudice, dovessero estendersi all’intera pavimentazione rivedendo così al rialzo l’ammontare dei risarcimenti, ed ha diversamente accertato la misura della responsabilità delle imprese e del direttore dei lavori nei rapporti interni, nel resto confermando la prima sentenza sulla responsabilità ex art. 1669 c.c.
3. Penta Service S.r.l. ricorre con cinque motivi avverso l’indicata sentenza e L’Azienda Pubblica Servizi alla Persona “San Giovanni” e Impresa Costruzioni INCO S.r.l. propongono ricorso incidentale rispettivamente affidato a due e tre motivi. Penta Service S.r.l. e l’Azienda Pubblica Servizi alla Persona “San Giovanni hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente principale deduce la violazione dell’art. 1669 c.c., comma 1 e art. 1670 c.c.
Il Comune di *****, dante causa dell’Azienda Pubblica Servizi alla Persona “San Giovanni” (APSP), con la lettera del 28 agosto 2007 comunicava all’appaltatrice INCO ed al D.L. n. (Direttore dei Lavori) la presenza di danni ai pavimenti di cucina, corridoi e sala da pranzo della residenza, riferita ai precedenti sopralluoghi del 31 maggio e del 22 agosto 2007 effettuati dalla struttura tecnica del Comune ed attestanti presenza di “buche”, avvallamenti, distacchi e sollevamenti.
Siffatti vizi avrebbero integrato da soli il grave difetto ex art. 1669 cit. senza che fosse necessaria la conoscenza anche della precisa causa tecnica del riscontrato fenomeno; la missiva del 28 agosto 2007 da assimilarsi a denuncia capace di determinare in capo all’appaltatrice INCO l’obbligo di effettuare, a propria volta, denuncia alla subappaltatrice Penta Service pena la decadenza, nella fattispecie maturata, di cui all’art. 1670 c.c.
La missiva del 28 agosto 2007 era idonea ad integrare la denuncia di cui all’art. 1669 c.p.c., comma 1, nei rapporti tra committente, Comune di ***** e quindi APSP, avente causa, ed appaltatrice INCO e poiché di detta missiva l’appaltatrice non diede comunicazione alla subappaltatrice Penta Service S.r.l., per ciò stesso si era realizzata “la corrispondente, automatica decadenza dall’azione di garanzia, per mancato rispetto dell’art. 1670, era rimasta definitivamente cristallizzata” (p. 13 ricorso).
1.1. Il motivo è infondato e sconfina comunque, nei rappresentati esiti, in un accertamento di merito non consentito nel giudizio di legittimità, non cogliendo la ragione della decisione impugnata di cui non contesta, in modo puntuale e concludente, la portata.
La Corte di appello di Trento ha fatto corretta applicazione del principio costantemente affermato da questa Corte per il quale, in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera, il termine per la denunzia ai sensi dell’art. 1669 c.c. non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo (Cass. 13/01/2005, n. 567; Cass. 23/01/2008, n. 1463; Cass. 08/05/2014, n. 9966; Cass. 16/02/2015, n. 3040).
Da una parte infatti la Corte di merito ha valorizzato delle missive e della relazione al Comune del responsabile dei lavori pubblici il riferimento a quanto ivi viene indicato come “probabili” cause del denunciato fenomeno e, ancora, i “dubbi” sull’entità dei danni che a quelle comunicazioni si accompagnavano, nella pure evidenziata peculiare natura dei vizi destinati a manifestarsi, nel tempo, in via progressiva ed in ragione dell’utilizzo degli ambienti, in particolare delle zone di transito.
I giudici di appello hanno quindi individuato la conoscenza delle cause dei danni lamentati nell’avviato e partecipato procedimento per accertamento tecnico preventivo lungo la sequenza integrata da: richiesta di accertamento tecnico preventivo intervenuta per ricorso depositato il 20 febbraio 2008; accertamento tecnico depositato il 20 agosto 2008; denuncia della committenza del 10 dicembre 2008 effettuata, per quanto rileva, ad appaltatrice e subappaltatrice; citazione in giudizio effettuata dalla committenza nei confronti di appaltatrice e subappaltatrice al 17 luglio 2009.
La denuncia del 28 agosto 2007 perde pertanto di rilievo nella ricostruzione in fatto operata dalla Corte di appello, sostenuta, nei suoi esiti, dal principio, applicato, circa la conoscenza effettiva delle cause del vizio di cui all’art. 1669 cit. da parte del committente l’opera.
1.2. Pertanto il motivo di ricorso che cerca di recuperare della prima il valore di denuncia da parte della committenza per poi far derivare dall’omessa sua trasmissione nei rapporti tra appaltatore e subappaltatore la decadenza del primo dall’azione di regresso ex art. 1670 c.c. non dialoga con la motivazione e non riesce a contrastarne efficacemente la ratio.
Il tema dei rapporti tra appaltatore e subappaltatore e dell’onere di denuncia di cui all’art. 1670 c.c., portatore, ove inosservato, della decadenza del primo, non viene introdotto in modo ammissibile perché questa Corte possa vagliarne la corretta applicazione.
Nel motivo, con cui si fa valere il vizio di violazione di legge, la ricorrente deduce inammissibilmente un diverso atteggiarsi del fatto, in cui viene esposta come rilevante la preliminare comunicazione della committenza del 20 agosto 2008 che, si deduce, non trasmessa alla subappaltatrice Penta Service S.r.l. avrebbe per ciò stesso determinato la decadenza dell’appaltatrice INCO.
La sentenza impugnata invece muovendo dalla lettera del dicembre 2008 – in quanto successiva al procedimento per accertamento tecnico preventivo di verifica delle cause del danno all’immobile le cui lavorazioni erano oggetto di appalto – individua in questa la comunicazione impeditiva della decadenza della committenza in applicazione del principio della effettiva e puntuale conoscenza delle cause del vizio.
E proprio quest’ultimo principio resta obliterato in ricorso in cui, invece, si insiste sulla idoneità ad integrare la denuncia ai sensi dell’art. 1669 c.c. della lettera dell’agosto 2008, anteriore ad ogni pieno accertamento sulle cause del vizio nei rapporti tra committenza ed appaltatore.
L’ulteriore questione dei rapporti tra appaltatrice e subappaltatrice e della comunicazione del vizio, impeditivi della decadenza dell’appaltatrice dall’azione di regresso ex art. 1670 c.c., resta estranea al proposto mezzo che, ancora contestando, in punto di tempestività, la presupposta denuncia della committenza quanto all’azione di danni ex art. 1669 c.c., non viene a toccare il tema, ulteriore e derivato, della decadenza dell’appaltatrice dall’azione di regresso ex art. 1670 c.c..
Ecco che allora, si ha che, da una parte, nell’indicato quadro fattuale di stima si compongono la corretta individuazione della regola di giudizio e la sua allineata, con i principi affermati da questa Corte, applicazione alla fattispecie in scrutinio per un accertamento che, involgendo un apprezzamento di fatto, resta riservato al giudice di merito e che è insindacabile in sede di legittimità ove reso per una motivazione esente da vizi logici o da errori di diritto che non sono stati debitamente segnalati attraverso il proposto mezzo, a cui resta estranea anche una critica alla motivazione adottata (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Ne’, diversamente, può rilevare, attesa l’inammissibilità del motivo di ricorso e la natura meramente illustrativa dell’atto, quanto più ampiamente dedotto sull’art. 1670 c.c. nella memoria depositata dalla ricorrente ex art. 380-bis.1. c.p.c.
1.3. La questione della decadenza dell’appaltatrice presenta in ogni caso, ritiene questo Collegio, contenuti di infondatezza perché deve valere la natura comunicativo-informativa dell’inoltro curato ex art. 1670 c.c. dall’appaltatore al subappaltatore della denuncia del vizio o rovina dell’immobile che il primo abbia ricevuto dal committente e, nel raggiungimento dell’indicato scopo, la fungibilità dell’incombente anche quando sia il committente a denunciare direttamente al subappaltatore il vizio (vd. Cass. 18/12/2014, n. 26686): nella specie la denuncia del 15-16 dicembre 2008 inoltrata dalla committenza all’esito del procedimento per accertamento tecnico preventivo.
L’indicata conclusione vale nel combinarsi delle previsioni di cui agli artt. 1669 e 1670 c.c. – che danno conto della stretta e derivata natura della comunicazione tra appaltatore e subappaltatore da quella, presupposta, intercorsa tra committenti, appaltatore – con la specialità di una fattispecie, qual è quella in concreto in esame, in cui tutte le parti, committente, appaltatrice e subappaltatrice, hanno partecipato ad un giudizio per accertamento tecnico preventivo su iniziativa del committente che, solo all’esito dell’azionata procedura, avuta piena ed effettiva conoscenza delle cause tecniche del vizio, ha inoltrato denuncia all’appaltatrice ed alla subappaltatrice per poi avviare un giudizio di ordinario accertamento.
La partecipazione nel procedimento per accertamento tecnico non solo dell’appaltatore, ma anche del subappaltatore ha reso nei confronti di quest’ultimo non più necessaria la denuncia ex art. 1670 c.c., risultando questi edotto della volontà della committenza e del derivato interesse dell’appaltatore ad agire in regresso nel dispiegarsi delle posizioni delle parti in giudizio senza che rilevi che non solo il destinatario (il subappaltatore), ma anche la fonte della dichiarazione (l’appaltatore) si identifichino con i soggetti sulle cui sfere giuridiche gli effetti legali, impeditivi della decadenza, sono destinati a prodursi (così, invece: Cass. 08/10/2018, n. 24717), nella rimarcata natura comunicativo-recettizia dell’adempimento.
2. Con il secondo motivo Penta Service S.r.l. fa valere la violazione e falsa applicazione degli artt. 1669 e 2058 c.c.
Poiché era stata esercitata la responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 1669 cit. regolata dall’art. 2058 c.c., che prevede due forme di risarcimento quello in forma specifica e quello per equivalente, non vi era possibilità per il creditore di invocare l’una e l’altra neanche nella forma condizionata dell’automatico subentro del risarcimento per equivalente, in caso di inadempimento del debitore di quello in forma specifica.
La Corte territoriale aveva errato nell’interpretare un precedente della Corte di cassazione, rubricato al n. 4809 del 2000, che nulla aveva a che vedere con l’alternatività dell’azione di cui all’art. 2058 c.c.
La proposizione di entrambe le forme di risarcimento era inammissibile, come ritenuto dal giudice di primo grado, ed in caso di inadempimento all’obbligo di risarcimento in forma specifica, il creditore trova tutela nella disciplina di cui all’art. 612 c.p.c.
Il motivo è infondato.
Vale in tal senso la premessa che l’art. 1669 c.c. – riferendosi genericamente alla responsabilità dell’appaltatore per il caso di rovina o pericolo di rovina di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, senza precisare la forma con la quale il danno deve essere risarcito e senza, perciò, limitare la responsabilità stessa alla particolare tutela della reintegra per equivalente – si ricollega al principio generale secondo il quale, nei limiti stabiliti dall’art. 2058 c.c., prevede l’alternativa possibilità del risarcimento in forma specifica o per equivalente pecuniario e non esclude, quindi, l’ammissibilità della domanda di condanna dell’appaltatore alla eliminazione diretta dei vizi della costruzione (Cass. 29/11/1996, n. 10624).
Detto principio deve trovare applicazione anche nel rapporto tra le due domande risarcitorie che siano introdotte in un medesimo giudizio dal danneggiato.
Quanto il nostro sistema vieta è infatti una doppia condanna sullo stesso titolo a cui conseguirebbe l’indebito arricchimento del preteso danneggiato evidenza, questa, scongiurata nel caso in esame in cui, come correttamente inteso dalla Corte di appello di Trento, in applicazione della regola dell’alternatività di cui all’art. 2053 c.c..
Per l’indicata modalità in caso di responsabilità aquiliana, quale è quella fatta valere per la rovina di edificio ex art. 1669 c.c., il danneggiato può agire per il risarcimento in forma specifica e per quello per equivalente purché le due forme risarcitorie vengano dedotte in via subordinata, e non congiunta e coordinata, optando la parte per l’una o l’altra forma di risarcimento (Cass. 15/05/2003, n. 7529), e negli stessi termini il giudice del merito può pronunciare condanna.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c..
La Corte di appello aveva ritenuto erronea la decisione di primo grado di non estendere anche alle parti non difettose (stanze di degenza, uffici ed ambulatori in cui non era evidente la presenza di avvallamenti, crateri, crepe, fenomeni invece sussistenti lungo corridoi e spazi comuni, in cui si aveva passaggio frequente di carrozzine, letti su ruote, carrelli porta-vivande e medicinali) l’obbligo di rifacimento dei massetti, nel rilievo che altrimenti si sarebbe negato al committente “l’interesse ad una esatta esecuzione del contratto ed alla realizzazione dell’opus in misura conforme alle prescrizioni contrattuali”.
In tal modo statuendo il giudice di appello aveva oltrepassato il perimetro applicativo dell’art. 1669 cit. che, relativo al risarcimento aquiliano per gravi difetti, non attribuisce al committente, insieme al ristoro del corrispondente danno, anche il diritto al rispetto delle pattuizioni convenzionali che può essere, al più, perseguito con una mirata azione contrattuale, nella fattispecie non svolta.
Il motivo è inammissibile.
La proposta censura non tocca infatti la ratio decidendi dell’impugnata decisione.
La sentenza della Corte di merito resta infatti ferma nell’operata estensione del riconoscimento del risarcimento ai solai di tutti gli ambienti della struttura eseguiti con l’utilizzo di un composto cemento-sabbia ritenuto del tutto insufficiente.
L’accertamento è stato operato sulla eziologia dei danni per una regola che sostiene, quanto alla riconoscibilità del pregiudizio extracontrattuale, il nesso di causalità che deve essere ritenuto non solo quando il danno possa considerarsi conseguenza inevitabile della condotta, ma anche quando ne sia conseguenza altamente probabile e verosimile (Cass. 30/10/2009, n. 23059).
Nel resto, il richiamo alle finalità proprie del rimedio contrattuale di realizzazione di un’opera in misura conforme alle prescrizioni negoziali, passaggio pure presente nella sentenza impugnata, non vale ad attribuire alla decisione della Corte di appello una solidità altrimenti non rinvenibile; il fondamento dell’assunta statuizione ben rimane comunque inserito nell’azione aquiliana di cui all’art. 1669 c.c. e la critica portata a quel passaggio motivatorio, di non rilevante estensione, non incrina la tenuta della decisione.
4. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1669 e 1670 c.c.
I giudici di primo e secondo grado avevano ritenuto adempiuto l’obbligo di informazione di cui all’art. 1670 cit. nei rapporti tra appaltatore e subappaltatore con la lettera del 15-16 dicembre 2008 inviata alla INCO, Penta Service S.r.l. ed al D.L. M..
Non erano state valutate pertanto le segnalazioni del 31 maggio e del 22 agosto 2007 del Servizio Tecnico del Comune di *****, dante causa dell’APSP ed originario committente, e, ancora, la lettera del 28 agosto 2007 inviata a INCO, appaltatrice, e M., il direttore dei lavori, e non a Penta Service S.r.l., subappaltatrice, in cui si rappresentava la presenza di danni accertati nei pavimenti della cucina, dei corridoi e delle sale da pranzo della struttura, chiedendosi un sopralluogo congiunto.
Alla subappaltatrice non era stata data comunicazione della denunzia con conseguente decadenza dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1670 c.c.
Il motivo nella sua infondatezza resta assorbito dalle valutazioni condotte sul primo.
La necessità di una maturata conoscenza delle precise cause tecniche del vizio sottrae valore alla lettera del 28 agosto 2007 ricevuta da In. Ca. ed alla sua mancata comunicazione alla subappaltatrice Penta Service S.r.l.
5. Con il quinto motivo la ricorrente fa valere, subordinatamente al mancato accoglimento del quarto motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c., comma 3.
Il fatto dannoso era stato congiuntamente attribuito a INCO, Penta Service e M. con condanna il solido al rifacimento dei massetti ed al risarcimento del danno.
INCO. S.r.l. per avere fornito in modo insufficiente a Penta Service S.r.l. indicazioni e materiali – tra cui soprattutto il cemento – necessari per la realizzazione dei pavimenti; Penta Service S.r.l. per avere errato nel dosaggio dei materiali a lei forniti da INCO. S.r.l., realizzando un impasto povero di cemento; M., quale direttore dei lavori, per avere omesso ogni opportuna vigilanza.
La Corte di merito in siffatto quadro doveva applicare l’art. 2055 c.c. e ritenere un concorso di colpa dei danneggianti salvo adeguata motivazione per vincere la presunzione di uguaglianza delle singole colpe che ricorre nel dubbio o comunque qualora si enuncino colpe di più soggetti senza indicazione di prevalenza dell’una rispetto all’altra.
I giudici di appello nei rapporti interni e con riguardo all’azione di garanzia svolta dalla INCO. S.r.l. avevano invece diviso la responsabilità solo tra subappaltatrice e direttore dei lavori nella misura dell’80% e del 20% (là dove il primo giudice aveva distribuito la responsabilità nella misura del 50%, per ciascuna, tra appaltatrice e subappaltatrice ed escluso il d.I.), trascurando il segmento di colpa della INCO. S.r.l. nonostante l’espressa attribuzione in dispositivo della corrispondente responsabilità.
Il motivo è infondato.
Nella prospettiva adottata nel proposto mezzo ben può affermarsi che non c’e’ contrasto tra parte motiva e dispositiva nella parte in cui in quest’ultima la Corte di merito condanna, in solido, INCA, Penta Service ed il D.L. al risarcimento dei danni in favore dell’Azienda Pubblica per i Servizi attenendo tale condanna al rapporto degli esecutori dell’opera rispetto alla proprietà e non ai rapporti interni tra i primi.
Questi ultimi vengono, invece, anche in dispositivo disciplinati nella riconosciuta misura dell’80% e del 20% quanto, rispettivamente, ai contributi causali della subappaltatrice e del D.L.
6. In ordine al ricorso incidentale dell’Azienda Pubblica Servizi alla Persona “San Giovanni”, si osserva quanto segue.
6.1. Sul primo motivo di violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’operata violazione dell’istituto del “notorio” applicato ai fini dell’abbattimento del 30% dei costi di rifacimento dei massetti.
Il mezzo proposto è infondato.
La riduzione del 30% dei prezzi di listino del Prezziario Pat non rientra nel “notorio”, ma attinge ad elementi specifici tecnico-contabili, propri del settore delle costruzioni, conosciuti ed applicati dal nominato consulente tecnico di ufficio e ripresi nell’impugnata sentenza.
Questa Corte ha chiarito che il “fatto notorio”, da intendersi in senso rigoroso in quanto introduce nel processo civile in deroga al principio dispositivo di cui all’art. 112 c.p.c. e al principio di disponibilità delle prove ex art. 115 c.p.c., prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati né controllati, è quel fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile; restano estranei pertanto a tale nozione le acquisizioni specifiche di natura tecnica, gli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari o richiedono il preventivo accertamento di particolari dati (Cass. 19/03/2014, n. 6299).
La riduzione dei prezzi di listino delle lavorazioni del prezziario utilizzato in sede di gare d’appalto di una pubblica amministrazione committente è nozione tecnica comune e partecipata da chi a quelle gare partecipi e che resta estranea, come tale, alla nozione del “notorio” il cui rigore interpretativo trova giustificazione proprio nel fatto che, non afferendo ad un settore tecnico definito da regole sue proprie, esso trova legittimazione nell’applicazione in quanto si sia diversamente affermato nelle conoscenze della collettività secondo un grado di univocità e sicura percezione e, quindi, di certezza tale da apparire indubitabile e incontestabile (Cass. 29/10/2014, n. 22950).
6.2. Il secondo motivo del ricorso incidentale con cui l’Azienda Pubblica Servizi alla persona “San Giovanni” fa valere il vizio di motivazione, per omesso esame delle puntuali censure svolte dalla parte avverso le quantificazioni del nominato consulente tecnico di ufficio, è infondato.
6.2.1. Vale infatti il principio per il quale l’adesione da parte del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico che nella sua relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (Cass. 02/02/2015, n. 1815; Cass. 09/10/2017, n. 23594).
6.2.2. L’evidenza, valorizzata nel controricorso dall’Impresa Costruzioni INCO S.r.l. e contenuta nella sentenza impugnata, della intervenuta riconvocazione del consulente tecnico di ufficio nominato in primo grado da parte della Corte di appello per rispondere alle osservazioni del consulente di parte, a ben vedere neppure lascia integrato l’estremo, di ordine logico, di cui pure il già segnalato principio è portatore, ovverosia dell’implicito rigetto delle critiche di parte in ragione dell’adozione di conclusioni del giudice di merito incompatibili, in adesione a quelle nominato tecnico di ufficio.
In siffatto quadro da una parte vale il rilievo circa un difetto di autosufficienza del motivo là dove esso non indica in quale atto difensivo la parte abbia portato all’esame del giudice del merito l’ulteriore contestazione alle conclusioni del nominato consulente di ufficio di cui si contrastano, pertanto, direttamente in questa sede, i contenuti per un operato raccordo con i rilievi di parte. Questi ultimi poi sono sì riportati in ricorso, ma per una tecnica di redazione dell’atto di parte cui si accompagna, inequivocamente, un diretto accesso al fatto non consentito in sede di legittimità.
L’art. 195 c.p.c., comma 3, là dove prevede, nella vigente formulazione, novellata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 5, ed applicabile al giudizio di specie, in quanto introdotto con citazione notificata il 13 luglio 2009, nei termini assegnati dal giudice un meccanismo di scambio tra consulente di ufficio e consulente di parte dei rispettivi scritti – il tutto per la sequenza: relazione di ufficio; osservazioni di parte e loro successive valutazioni di queste ultime; conseguente deposito da parte del tecnico nominato della relazione finale – realizza il pieno confronto delle parti con la soluzione tecnica che ove poi condivisa dal giudice rimane sostenuta nelle sue ragioni da quello scambio.
Rimane salvo l’omesso esame di un fatto decisivo che come tale deve poter condurre però il giudice che presti adesione alla consulenza di ufficio ad una diversa decisione nel merito e non, come pure dedotto dalla ricorrente incidentale, alla diversa determinazione istruttoria di rinnovo della consulenza di ufficio o, ancora, ad una più pregnante motivazione di sostegno della opzione praticata.
7. Il ricorso incidentale proposto da Impresa Costruzioni INCO S.r.l. ed articolato in tre motivi con cui la ricorrente denuncia la violazione: dell’art. 1669 c.c., comma 1 e art. 2947 c.c. per prescrizione della promossa azione di danni; degli artt. 1669 c.c., comma 1 e art. 2058 c.c., per impossibilità del danneggiato di azionare la responsabilità extracontrattuale con richiesta del risarcimento in forma specifica e per equivalente; degli artt. 1559 c.c.”, la dove la Corte aveva ritenuto di estendere l’azione a tutte le parti del pavimento ammalorato, dopo aver ricondotto l’azionato rimedio a quello contrattuale, è infondato per le ragioni che, sopra indicate, sostengono il rigetto degli omologhi mezzi proposti da Penta Service S.r.l.
8. In via conclusiva, vanno rigettati il ricorso principale proposto da Penta Service S.r.l. ed i ricorsi incidentali dell’Azienda Pubblica Servizi alla Persona “San Giovanni” e dell’Impresa Costruzioni INCO S.r.l.
Quanto alle spese di lite, le stesse attesi gli esiti del presente giudizio restano integralmente compensate tra le parti.
Sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo quanto a tutti i ricorrenti, principali ed incidentali.
PQM
Rigetta il ricorso proposto da Penta Service S.r.l. ed i ricorsi incidentali di Azienda Pubblica Servizi alla Persona “San Giovanni” ed Impresa Costruzioni INCO S.r.l.
Compensa tra tutte le parti le spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 21 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021
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