LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27065-2019 proposto da:
O.E., Curatore del fallimento di ***** SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN NICOLA DE CESARINI, 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MACARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO CATALDO;
– ricorrente –
contro
P.M., M.A., ME.AN., M.S.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 116/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 20/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte.
RILEVATO
che:
con sentenza del 29.3.2013 il Tribunale di Messina ha rigettato, con aggravio di spese, per mancanza di prova la domanda risarcitoria proposta dal Curatore del Fallimento della s.r.l. *****, posta in liquidazione il *****, nei confronti dell’ex liquidatore M.R., per la violazione delle norme dettate a garanzia del patrimonio sociale; al M. era stato addebitato di aver proceduto a una intensa attività di dismissione di attrezzature e trasferimento di contratti attivi in favore di una nuova società, la ***** s.r.l., riconducibile ai suoi familiari, e di aver utilizzato il ricavato esclusivamente a beneficio di alcuni soltanto dei creditori (e cioè le banche);
con sentenza del 20.2.2019 la Corte di appello di Messina ha rigettato, con aggravio delle spese del grado, l’appello proposto dal Fallimento nei confronti del M., al quale, deceduto in corso di causa, erano subentrati gli eredi P.M. e M.A., Me.An. e M.S.;
avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 12.9.2019 ha proposto ricorso per cassazione il Fallimento della s.r.l. *****, svolgendo due motivi;
gli intimati eredi M. non si sono costituiti in giudizio; è stata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la trattazione in camera di consiglio non partecipata;
il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380-bis c.p.c..
Ritenuto che:
con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente lamenta omessa e/o carente motivazione su di un punto decisivo della controversia, in relazione agli artt. 165,166,184 c.p.c. e agli artt. 74,77 e 87 disp. att. c.p.c., e lamenta la determinazione della Corte di appello di decidere la causa senza chiarire preventivamente le ragioni della mancata ricerca del fascicolo di primo grado della parte appellante o senza disporne la ricostruzione;
osserva il ricorrente che era da escludere che il fascicolo di parte di primo grado dell’appellante non fosse agli atti del giudizio di appello, poiché la causa era stata assunta due volte a riserva da parte della Corte, che aveva disposto incombenti istruttori, e poiché risultava dal frontespizio che il Consulente aveva ritirato due fascicoli di parte e il fascicolo di primo grado;
il primo motivo appare inammissibile, sia perché proposto con riferimento alla pregressa formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sia perché non affronta e non confuta la fondamentale ratio decidendi, esposta a pag. 6 del provvedimento impugnato, con cui la Corte di appello ha affermato che il fascicolo di parte di primo grado non era mai stato prodotto nel giudizio di secondo grado da parte dell’appellante, mancando qualsiasi indicazione in tal senso sia in calce all’atto di appello, sia successivamente nei verbali di udienza;
tale circostanza dirimente, a monte, priva di ogni rilevanza la mancata prova del ritiro del fascicolo di parte dell’appellante;
a nulla vale quindi al ricorrente il sostenere che non risultava agli atti il ritiro da parte sua del fascicolo, visto che gli era stato imputato di non averlo neppure mai prodotto nel giudizio di appello;
il fatto che la Corte di appello abbia assunto la causa a riserva due volte è elemento del tutto neutro al fine della dimostrazione, che il ricorrente tenta in via vagamente indiziaria, della produzione del fascicolo di primo grado da parte sua;
il mancato rilievo da parte della Corte è perfettamente possibile e il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare la produzione del fascicolo, eseguita nei modi previsti dall’art. 87 disp. att. c.p.c.;
il fatto che il Consulente abbia ritirato due fascicoli di parte si riferisce ovviamente ai fascicoli di parte di secondo grado e il riferimento al contestuale ritiro del fascicolo di primo grado può riferirsi al fascicolo d’ufficio, in difetto di specificazione, o a quello di parte convenuta;
i riferimenti del ricorrente agli orientamenti giurisprudenziali circa i doveri ricostruttivi del giudice in caso di smarrimento non imputabile alla parte del fascicolo di parte, sono fuori tema, visto che è stato ritenuto che il fascicolo di parte non fosse mai stato depositato;
non giova al ricorrente neppure la tesi illustrata in memoria, secondo cui la Corte di appello non avrebbe formulato tale affermazione, stante l’assoluta inequivocabilità di una asserzione riferita alla mancata “produzione” del fascicolo e non al mancato deposito o rideposito del fascicolo al momento della decisione;
con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 191 e ss. c.p.c. e agli artt. 87,91,145 e 146 disp. att. c.p.c., con riferimento alla decisione della Corte di appello di non utilizzare le risultanze istruttorie della consulenza tecnica, poiché questa aveva natura percipiente e non meramente deducente;
il motivo appare inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza, anche a prescindere dal fatto che secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche quando la consulenza tecnica d’ufficio può essere ricondotta alla categoria “percipiente”, ossia disposta per l’acquisizione di dati la cui valutazione sia poi rimessa all’ausiliario, quest’ultimo non può avvalersi, per la formazione del suo parere, di documenti non prodotti dalle parti nei tempi e modi permessi dalla scansione processuale, pena l’inutilizzabilità, per il giudice, delle conclusioni del consulente fondate sugli stessi (Sez. 3, n. 18770 del 26.09.2016, Rv. 642105 – 01; Sez. 6 – 1, n. 27776 del 30.10.2019, Rv. 655818 – 01, Sez. 3, n. 31886 del 06.12.2019, Rv. 656045 – 01; Sez. 6 – 3, n. 13736 del 03.07.2020, Rv. 658504 – 01);
infatti il ricorrente non individua specificamente e puntualmente i documenti utilizzati dal consulente tecnico, non dà conto del loro contenuto, trascrivendoli o sintetizzandoli adeguatamente, e conseguentemente non consente di valutare l’incidenza di tali documenti solo genericamente menzionati sul risultato delle valutazioni espresse dall’ausiliario;
ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile senza condanna alle spese in difetto di costituzione degli intimati.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021