Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.24123 del 07/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31305/19 proposto da:

-) E.I., elettivamente domiciliato a Roma, via Niccolò

Machiavelli n. 25, presso l’avvocato Emilio Sanchez de las Heras, che lo difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 25 settembre 2019 n. 7640;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 aprile 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

FATTI DI CAUSA

1. E.I., cittadino *****, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. n. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese per sfuggire alle minacce di alcune persone che lo ritenevano ingiustamente responsabile della distruzione di alcuni mezzi d’opera, avvenuta nel corso di uno scontro fra gruppi contrapposti per il possesso di un terreno.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento E.I. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 25.9.2019 n. 7640.

Il Tribunale ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato l’esistenza di specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da E.I. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente censura il decreto del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il suo racconto.

Sostiene che il Tribunale ha formulato tale giudizio sulla base “di mere opinioni personali”. Deduce che le circostanze da lui riferita era credibile; che le contraddizioni rilevate dal Tribunale erano inesistenti, che il racconto compiuto dinanzi alla commissione territoriale aveva perso di chiarezza a causa dell’incapacità dell’interprete e del coinvolgimento emotivo dell’odierno ricorrente.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Esso infatti investe un apprezzamento di fatto (per di più ampiamente motivato), riservato al giudice di merito e non sindacabile in questa sede, quale è lo stabilire se una persona sia attendibile od inattendibile, sincera o menzognera.

Quanto, poi, all’affermazione secondo cui il decreto impugnato sarebbe erroneo perché il Tribunale ha fondato la propria valutazione su “opinioni personali”, ad essa va replicato che qualunque decisione giudiziaria è una “opinione”.

Un’opinione che deve essere motivata, ma un’opinione.

Non servirà scomodare il de lingua latina di Varrone per ricordare che “sentenza” è lemma derivante dal verbo latino sentio, il quale ha il significato di “percepire, ritenere, credere, supporre”.

E’ una “valutazione personale” – ad esempio – quella con cui il giudice reputa “non grave” l’inadempimento, per i fini di cui all’art. 1455 c.c.; è una “valutazione personale” quella con cui il giudice reputa equa ex art. 1226 c.c. una certa misura di risarcimento del danno; è una “valutazione personale” quella con cui il giudice reputa attendibile od inattendibile un testimone; è una “valutazione personale” quella con cui il giudice presume che il reo si asterrà dal commettere ulteriori reati, ex art. 164 c.p..

Allo stesso modo, sarà sempre in base ad una “valutazione personale” che il giudice di merito valuterà se il richiedente asilo – ad es. – sia o non sia attendibile, sia o non sia omosessuale, professi o non professi il credo religioso che assume essere stata la causa della sua persecuzione.

Al giudice di merito, pertanto, nella presente sede di legittimità, non potrà mai ascriversi, quale error in iudicando o in procedendo, di avere valutato l’attendibilità del richiedente in base ad una “opinione personale”, perché questo equivarrebbe ad addebitargli come errore quel che invece costituisce la quidditas della sua funzione (Sez. 1, Ordinanza n. 28782 del 16/12/2020, Rv. 660022 – 01).

Al giudice di merito si potrà addebitare nella presente sede soltanto di avere espresso una opinione immotivata: censura, tuttavia, ammissibile nei soli limiti stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la già ricordata sentenza n. 8053 del 2014: e cioè non già quando la motivazione sia perfettibile, ma solo quando sia mancante del tutto, apodittica, totalmente incomprensibile o insuperabilmente irrazionale.

2. Col secondo motivo il ricorrente impugna il decreto del Tribunale nella parte in cui ha escluso la sussistenza in ***** di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

2.1. Il motivo è inammissibile in quanto il Tribunale ha utilizzato fonti attendibili ed aggiornate, non adeguatamente confutate dal ricorrente.

3. Col terzo motivo il ricorrente impugna il decreto del Tribunale nella parte in cui ha rigettato la domanda di protezione umanitaria.

Il motivo è prospettato come “violazione di legge”; nella illustrazione di esso, tuttavia, si espone che il Tribunale avrebbe:

-) trascurato di considerare la forte sproporzione tra le condizioni di vita dell’Italia e della *****;

-) trascurato di considerare che il ricorrente in Italia trovato un lavoro regolare col quale riesce a sostenersi autonomamente.

3.1. Il motivo è fondato.

A pagina 11, terzultimo capoverso, infatti, il Tribunale nega la sussistenza di condizioni oggettive di vulnerabilità del richiedente, affermando che “i rischi connessi alla reimmissione nel territorio della ***** sia in relazione alla condizione personale del ricorrente che alla situazione generale del paese sono stati compiutamente analizzati in precedenza”.

Gli elementi “già compiutamente analizzati in precedenza”, tuttavia, sono rappresentati da due report dai quali il Tribunale ha tratto la conclusione della insussistenza in ***** di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

Da essi, tuttavia, quale che ne fosse l’effettivo contenuto, il Tribunale non ha tratto alcuna informazione, che sia stata esposta in motivazione, concernente la tutela dei diritti umani.

3.2. Ciò posto in punto di fatto, rileva il Collegio che le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a stabilire come debba interpretarsi la nozione di “vulnerabilità” che costituisce il fondamento del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (nella disciplina applicabile ratione temporis), hanno affermato che tale presupposto di fatto può ricorrere in due serie di ipotesi (Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02).

Giustifica il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in primo luogo, la “vulnerabilità soggettiva”, e cioè quella dipendente dalle condizioni personali del richiedente (come nel caso, ad esempio, dei motivi di salute o di età).

Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, tuttavia, può essere giustificato anche dalla “vulnerabilità oggettiva”: e cioè quella dipendente dalle condizioni del paese di provenienza del richiedente.

Sussiste, in particolare, una condizione di vulnerabilità oggettiva quando nel paese di provenienza del richiedente protezione sia a questi impedito l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. Impedimento che non necessariamente deve essere di diritto, ma può essere anche soltanto di fatto.

3.3. Da ciò discende che anche la sussistenza delle condizioni di vulnerabilità oggettiva deve essere accertata d’ufficio, ricorrendo a fonti di informazione attendibili ed aggiornate sul paese di provenienza del richiedente: a meno che, ovviamente, il giudizio di inattendibilità non investa addirittura la provenienza stessa del richiedente.

3.4. Nel caso di specie, il Tribunale non si è attenuto a questi principi ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità.

Infatti il Tribunale ha correttamente accertato ex officio se in ***** sussista una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, ma altrettanto non ha fatto al fine di accertare se i diritti inviolabili della persona siano o non siano, nel paese di provenienza del richiedente, gravemente compromessi in modo intollerabile.

3.5. Il decreto va dunque cassato con rinvio al Tribunale di Milano, in differente composizione, il quale tornerà ad esaminare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari indagando ex officio sulla esistenza o meno, in *****, di una grave compromissione dei diritti umani fondamentali, ed avvalendosi a tal fine di fonti attendibili ed aggiornate, con riferimento specifico alla persona ed alle condizioni del richiedente.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

(-) rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso;

(-) accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ai Tribunale di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021

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