LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29505-2019 proposto da:
R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO UGO BARTOLOMEI 5, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FLAMMIA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MYRMEX SRL (già MIRMEX S.p.A., C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO ORESTANO 21, presso lo studio dell’avvocato FABIO PONTESILLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARINA SANTAGOSTINO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 702/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA MARCHESE.
RILEVATO
che:
la Corte di appello di Bologna, in accoglimento del gravame proposto da Mirmex S.p.A. (poi Mirmex S.r.l. e, di seguito, per brevità, solo Mirmex) nei confronti di R.A. e in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo con cui era stato intimato al predetto R. il pagamento di Euro 67.000,43 a titolo di recupero anticipi provvigionali, oltre accessori e spese;
avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione R.A. con due motivi, cui ha opposto difese, con controricorso, la società in epigrafe;
la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;
parte ricorrente ha depositato memoria.
RILEVATO
che:
con il primo motivo è dedotta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 2 e 3 – la violazione del divieto di introdurre domande nuove in appello e investe la statuizione con cui la Corte riconduce il negozio intercorso tra le parti alla delegazione cumulativa, piuttosto che all’accollo liberatorio o alla novazione soggettiva, e ritiene che l’attività di qualificazione giuridica dell’accordo può essere operata anche d’ufficio dal giudice;
con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 2 e 3 – è dedotta la violazione delle norme sulla novazione soggettiva, sulla delegazione cumulativa, sull’accollo liberatorio;
i motivi possono congiuntamente esaminarsi presentando analoghi profili di inammissibilità;
a fondamento del decisum, la Corte territoriale ha osservato come tra le parti fossero intervenuti una serie di accordi. L’esame degli stessi dimostrava che:
1. le parti avevano stipulato un contratto di agenzia il 24 novembre 2005, risolto per mutuo consenso il 31 marzo 2008;
2. all’atto della risoluzione, era residuato un saldo, tra anticipi provvigionali e provvigioni, in favore di Mirmex pari ad Euro 30.754,06;
3. R. e Mirmex, in data 1 agosto 2008, stipulavano un secondo contratto di agenzia, convenendo condizioni simili al primo e prevedendo la progressiva riduzione del credito di quest’ultima (id est: della Mirmex), entro il 31 luglio 2011, attraverso il meccanismo della compensazione con le provvigioni maturande;
4. nel corso del secondo rapporto, il credito Mirmex non si riduceva affatto ma, al contrario, aumentava fino ad arrivare a complessivi Euro 67.000,43;
5. l’agente (id est: il R.) recedeva dal contratto e il credito della Mirmex diveniva liquido ed esigibile;
6. contestualmente, il 1 agosto 2008, veniva stipulato altro contratto di agenzia tra Mirmex e Spacemedical Snc, soggetto giuridico distinto dal R., anche se a questi non estraneo. Con tale atto, Spacemedical Snc si assumeva l’obbligo di estinguere il debito di R. verso Mirmex residuato dalla risoluzione del primo contratto di agenzia;
7. tale obbligazione si aggiungeva, in via solidale, a quella del debitore originario R. in quanto, non solo in nessuna scrittura figurava la dichiarazione del creditore Mirmex di liberare il R. ma – e ciò era risolutivo per i giudici di merito – nel contratto dell’1.8.2008, tra Mirmex e R., veniva richiamata l’esistenza del debito in questione ed erano previste le modalità della sua estinzione;
8. per la Corte di appello, così ricostruita la volontà delle parti, la qualificazione giuridica dell’accordo intervenuto tra Spacemedical e R. diveniva questione “ultronea”; in ogni caso, per i giudici “il negozio pare(va) da ricondurre alla delegazione cumulativa non certo all’accollo liberatorio o alla novazione soggettiva (…) tratta(va)si di mera qualificazione giuridica che p(oteva) essere operata anche d’ufficio dal giudice, per cui la prospettazione in corso di giudizio (…) del concretarsi dell’una o dell’altra figura non comporta(va) domanda nuova”;
premessi i passaggi motivazionali che sorreggono la decisione, i motivi censurano argomentazioni che la sentenza, espressamente, definisce sovrabbondanti; per la Corte, come si è visto, a prescindere dalla qualificazione giuridica degli accordi, è decisivo ciò che le parti hanno convenuto ovvero di non liberare il debitore principale e di affiancare, all’obbligazione principale, quella ulteriore del terzo, in via solidale;
il ricorrente, senza neppure confrontarsi con detta affermazione, si dilunga sulla qualificazione degli accordi che, però, non trascrive in ricorso e neppure localizza esattamente in atti;
per plurimi profili, le censure sono dunque inammissibili;
a tacer d’altro, perché formulate in violazione degli oneri di completezza e documentazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e dall’art. 369 c.p.c., n. 4;
giova ribadire, in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, che il ricorso per cassazione, in ragione del principio di specificità, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);
per tali ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della società controricorrente, che liquida in Euro 5000,00 a titolo di compensi professionali, in Euro 200 per esborsi oltre a spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021