LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –
Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2461/2012 R.G. proposto da:
Assago Gestioni s.r.l., in liquidazione in persona del liquidatore rappresentata e difesa dagli Fabrizio Brochiero Magrone, Erminio An-noni e Alessandro Delbecchi, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, via Giovanni Bettolo n. 4, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 118, depositata il 29 dicembre 2010.
Udita la relazione svolta dal Consigliere Marco Dinapoli nella camera di consiglio del 26 novembre 2019.
FATTI DI CAUSA
Assago gestioni s.r.l. in liquidazione, in persona del suo liquidatore, ricorreva in primo grado avverso avviso di accertamento n. ***** del ***** relativo all’anno di imposta 2003, con cui: A) veniva azzerato il credito Iva esposto dalla società ed erogata la sanzione di Euro 855.268,50 per omessa fatturazione di operazioni imponibili e omessa presentazione degli elenchi per operazioni intracomunitarie per i mesi di novembre e dicembre 2003; B) veniva recuperata a tassazione Irpeg la plusvalenza derivante dalla cessione a prezzo antieconomico delle quote sociali di Evoluzione s.r.l. con conseguente maggiore imposta di Euro 570.179,00.
La Commissione tributaria provinciale di Imperia (sentenza n. 6/3/2009 dep. l’11.2.2009) in parziale accoglimento del ricorso, annullava l’accertamento della plusvalenza e confermava la sanzione Iva.
Appellava la contribuente ribadendo le argomentazioni svolte in primo grado e cioè che non si trattava di omissione (della dichiarazione e della presentazione degli elenchi intra), bensì di ritardo, che non incideva per altro sulla base imponibile. L’ufficio presentava appello incidentale in relazione alla decisione sulla plusvalenza.
La CTR Liguria con sentenza n. 118/2010 dep. il 29 dicembre 2010 rigettava entrambi gli appelli.
Avverso la sentenza di appello la contribuente ricorre per cassazione con due motivi, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione oppure, decidendo nel merito, l’annullamento dell’avviso di accertamento nella parte relativa alle sanzioni Iva, vinte le spese e gli onorari di causa.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso con cui rileva l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso avverso, e propone ricorso incidentale, con due motivi, chiedendo la cassazione della sentenza impugnata in parte qua, con vittoria di spese, competenze e onorari.
Assago Gestioni deposita a sua volta controricorso per resistere al ricorso incidentale, chiedendone il rigetto per infondatezza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 – Il primo motivo del ricorso principale denunzia omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) con conseguente nullità anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c.; la motivazione sarebbe infatti apparente, approssimativa, generica perché si limita a confermare la sentenza di primo grado ignorando completamente le argomentazioni e la documentazione prodotta per sostenere, con riferimento alla sanzione erogata, che si sarebbe trattato di mero ritardo dovuto a causa di forza maggiore e che non ne sarebbe derivato alcun danno erariale né alcun pregiudizio all’azione di controllo.
2 – Il secondo motivo denunzia omessa motivazione su un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) e violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3 – motivazione illogica; la sentenza non avrebbe tenuto conto della norma che stabilisce che le sanzioni non sono irrogate quando si verifica una violazione formale senza debito di imposta.
3. – L’Agenzia delle entrate eccepisce l’inammissibilità del ricorso avverso perché privo di autosufficienza in quanto omette la esposizione sommaria dei fatti di causa nonché la specifica indicazione dei documenti sui quali si fonda, limitandosi a riproporre le tesi già esposte nel giudizio di merito.
3.1 Sostiene comunque l’infondatezza del ricorso perché la contribuente, non potendo negare la materiale commissione delle violazioni in materia di Iva, invoca ma non prova delle pretese cause di forza maggiore (aggiungendone alcune solo in appello) ed invoca a torto la non punibilità delle violazioni per mancanza di danno erariale e/o di pregiudizio all’azione di controllo, mentre invece non ricorrerebbero i presupposti fattuali per l’esenzione.
4. – A sostegno del ricorso incidentale, poi, denunzia con due motivi:
4.1. – Vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) perché la sentenza esclude la plusvalenza accertata ai fini Irpeg con motivazione generica ed astratta, omettendo di valutare gli elementi su cui si fonda l’accertamento, e cioè la notevole discordanza fra il valore di cessione delle quote di Evoluzione s.r.l. (Euro 6.000 per ognuna delle 15 quote) ed il valore del compendio patrimoniale della società ceduta (pari a 3 milioni di Euro).
4.2- Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e comma 2, e art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), perché la sentenza avrebbe ignorato la valenza della presunzione derivante dalla vistosa antieconomicità dell’operazione di cessione delle quote nonostante il contribuente non avesse fornito alcuna valida prova contraria, pur essendone gravato in virtù delle norme indicate.
5.1 – Entrambi i motivi del ricorso principale sono inammissibili perché formulati in maniera perplessa, privi di specificità, ed attinenti al merito e non alla legittimità.
5.2 – In primo luogo entrambe le censure sono ricondotte in alternativa a due possibili vizi, con mancanza assoluta di specificità delle argomentazioni riferite all’uno o all’altro, e violazione del principio secondo cui il giudizio di cassazione è fondato sulla critica vincolata ed è delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa, condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ogni motivo di ricorso, dunque, deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri in una delle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., “sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e linestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito.” (ex multis Cass. 11603/2018).
5.3 – In secondo luogo entrambi i motivi mancano del requisito dell’autosufficienza, richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6. La ricorrente lamenta infatti l’omessa valutazione da parte dei giudici del merito di documenti ed argomenti che però non indica specificamente, non trascrive nel ricorso nella parte ritenuta rilevante, né allega ad esso, ed infine non “localizza” nell’ambito del giudizio di merito con l’indicazione dei modi e dei tempi della loro produzione per cui il ricorso non possiede l’autonomia indispensabile per consentire alla Corte, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni proposte.
5.4 – I due motivi di ricorso, infine, sono inammissibili anche perché, sotto l’apparenza delle censure mosse, contrastano in realtà la valutazione di merito della sentenza impugnata, e mirano ad una rivisitazione del materiale probatorio acquisito nel corso del processo, inammissibile in sede di legittimità.
5.5 – In disparte l’inammissibilità, il ricorso è comunque infondato. Infatti è possibile cogliere dalla motivazione della sentenza, ancorché stringata, quale sia stato l’iter logico della decisione sfavorevole alla ricorrente, consistente nel fatto che la sussistenza delle violazioni addebitatele è pacifica in causa, perché la contribuente ha omesso la presentazione delle dichiarazioni, mentre non ha fornito idonea prova liberatoria della tesi difensiva, consistente nell’invocare una causa di forza maggiore e nella presunta mancanza di danno erariale. Risultano pertanto indicati i motivi di merito che hanno determinato la decisione, mentre non è richiesta a pena di nullità una specifica motivazione in ordine a tutte le argomentazioni ed a tutte le prove indicate dalla parte soccombente. Infatti, “secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragar/a, ovvero la carenza di esse (Cass. 23 gennaio 2020 n. 2153; cfr. Cass. V, 9/3/2011, n. 5583)”.
6.1 – Sussiste invece il vizio di motivazione lamentato con il primo motivo del ricorso incidentale. Infatti la decisione di rigetto del principale motivo dell’appello incidentale (costituito dalla vistosa antiecono-micità dell’operazione di cessione delle quote di Evoluzione s.r.l.) non è giustificata da alcuna motivazione, sia pur succinta. La sentenza impugnata, infatti, si limita ad affermare che “in relazione alla valutazione del valore delle quote si rileva come la decisione dei giudici di prime cure è corretta e ben motivata, ben rileva la CTP laddove sottolinea che il valore di una quota societaria non può essere determinato in base ad una astratta operazione matematica ma deve tener conto di fattori concreti e peculiari presenti al momento della cessione”. Tali fattori, però, non risultano neanche indicati, per cui l’affermazione del giudice a quo risulta, in concreto, priva di qualsiasi riscontro processuale. Omissione tanto più grave in considerazione del fatto che, venendo in considerazione un accertamento di tipo induttivo, incombeva sul contribuente l’onere di fornire la prova liberatoria, per cui il giudice del merito non avrebbe potuto sottrarsi all’obbligo di valutarne la valenza dimostrativa in maniera specifica.
7.- In base ai motivi che precedono, in conclusione, il ricorso principale va rigettato ed il primo motivo del ricorso incidentale va accolto, in esso assorbito il secondo; ne consegue la cassazione in parte qua della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, per un nuovo giudizio di merito, cui si rimette anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
PQM
la Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione e rinvia alla Commissione tributaria della Liguria, in diversa composizione, per un nuovo giudizio, anche sulle spese.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021