LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2838-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
FIN SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCO CIULLINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1413/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata l’11/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
RILEVATO
che:
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della parte contribuente avente ad oggetto il diniego di rimborso per IVA per l’anno d’imposta 2007;
contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinnanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana la quale rigettava l’appello sostenendo che la tesi dell’Ufficio (secondo cui in assenza del modello VR non può considerarsi azionata la procedura di rimborso di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, per cui la parte contribuente potrebbe avvalersi solo del termine previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21) sia infondata in quanto l’indicazione nella dichiarazione annuale dell’esistenza del credito di imposta è manifestazione più che sufficiente della volontà di richiederne il rimborso, senza che occorrano altri adempimenti.
Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle entrate, affidato ad un unico motivo di impugnazione, mentre la parte contribuente si costituisce con controricorso.
Sulla proposta del relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
CONSIDERATO
che:
Con l’unico motivo di ricorso, dedotto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, sostenendo che quando la richiesta di rimborso non viene effettuata mediante apposito modello VR, la fattispecie disciplinata dal citato art. 38-bis, non si realizza con la conseguenza che si applica la norma residuale di cui al citato art. 21, che ammette l’istanza di rimborso entro un termine di decadenza biennale.
Il motivo è fondato.
Secondo questa Corte, infatti:
“….la fattispecie in esame, avente ad oggetto un credito i.v.a. maturato con riferimento ad anno d’imposta in cui non risultava presentata la relativa dichiarazione, non può essere ricondotto all’ipotesi di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, che disciplina la detrazione o il rimborso della eccedenza d’imposta nell’ipotesi in cui il credito risulti dalla dichiarazione regolarmente presentata, la quale presuppone una dichiarazione ritualmente presentata. Alla domanda di rimborso non rientrante tra quelle previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, e perciò non contemplata da disposizioni specifiche, trova applicazione il rimedio residuale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, che consente la presentazione di una domanda di restituzione, nel rispetto del termine di due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione (cfr., in tema, Cass., ord., 11 maggio 2017, n. 11652)” (Cass. n. 19637 del 2020).
Nel caso di specie si verte in una ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione IVA perché presentata oltre il termine di 90 giorni, ragione per cui non trova applicazione il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, bensì il rimedio residuale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2.
Non trovano invece applicazione al caso di specie i seguenti principi:
in tema di IVA, l’istanza di rimborso del credito d’imposta maturato dal contribuente deve considerarsi già presentata con la compilazione del corrispondente quadro della dichiarazione annuale “RX4”, che configura formale esercizio del diritto, mentre la presentazione del modello “VR” costituisce, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, solo un presupposto per l’esigibilità del credito e, dunque, un adempimento prodromico al procedimento di esecuzione del rimborso; ne consegue che, ove si tratti di istanza di rimborso relativa all’eccedenza d’imposta risultata alla cessazione dell’attività, la fattispecie è regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, assoggettata all’ordinario termine di prescrizione decennale, non a quello biennale di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, applicabile solo in via sussidiaria e residuale (Cass. 32424 del 2019);
in tema di IVA, l’istanza di compensazione del credito d’imposta maturato dal contribuente deve considerarsi già presentata con la compilazione del corrispondente quadro della dichiarazione annuale, a prescindere dalla formalizzazione del mutamento di opzione con l’apposito modello ministeriale; ne consegue che, ove all’istanza di compensazione, esercitata tempestivamente in dichiarazione, sopravvenga il decesso del contribuente, essa si trasforma in richiesta di rimborso, al cui diritto non è applicabile il termine biennale di decadenza, previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, ma solo quello ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 15867 del 2020).
Infatti la vicenda in esame non riguarda il caso della cessazione dell’attività aziendale né quello della morte dell’imprenditore e non solo non è stata indicata da parte del contribuente nel quadro VR la volontà di ottenere a rimborso la somma ma la dichiarazione IVA non può che considerarsi omessa e quindi non ritualmente presentata (requisito invece necessario secondo il principio per primo ricordato) perché trasmessa oltre il termine di legge, come risulta dalla documentazione prodotta dall’Agenzia delle entrate nel corpo del ricorso.
La Commissione Tributaria Regionale in sede di rinvio dovrà peraltro valutare se l’eccedenza IVA sia stata dedotta nel termine per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto e sussistono gli altri requisiti di cui alla pronuncia di seguito indicata.
Infatti, in tal caso troverebbe applicazione il principio delle Sezioni Unite secondo cui “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (Cass. S.U. n. 17757 del 2016; Cass. n. 10656 del 2021).
Il motivo di impugnazione dell’Agenzia delle entrate è fondato e dunque il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
PQM
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021