LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9055-2018 proposto da:
P.F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIAGRAZIA CARUSO;
– ricorrente –
contro
ASSESSORATO REGIONALE DELLO SVILUPPO RURALE E DELLA PESCA MEDITERRANEA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
contro
***** SERVIZIO ISPETTORATO PROVINCIALE DELL’AGRICOLTURA DI *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1745/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 29/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 1745/2017, depositata in data 29/9/2017, – in controversia promossa dalla Comunione ereditaria Pa. SA, in persona del legale rappresentante P.F.M., sorta fra gli eredi di Pa.Fe.Te., nei confronti dell’Assessorato Regionale dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, per sentire dichiarare l’illegittimità del provvedimento n. 40 del 28/7/2015 di decadenza degli aiuti agroalimentari (per un quinquennio, a decorrere dalla campagna agroalimentare 2013), con esclusione dalla graduatoria regionale definitiva, – ha confermato la decisione di primo grado, adottata con ordinanza ex art. 702 bis c.p.c., che aveva respinto la domanda attrice, per difetto di iscrizione della Comunione alla Camera di Commercio entro il termine perentorio del *****, essendo la domanda stata avanzata solo il *****.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che: a) ai fini della prova del tempestivo inoltro della domanda alla CCIAA, a fronte della ricevuta di presentazione della domanda recante la chiara indicazione del “*****”, presa in considerazione dal Tribunale, era inammissibile il documento “Distinta registro imprese”, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, prodotto in grado di appello, non avendo l’appellante Comunione dimostrato di non averlo potuto produrre in primo grado per causa ad essa non imputabile, mentre, dal doc.to 17, prodotto in primo grado, non si desumeva affatto che al ***** la domanda in questione fosse già stata presentata; b) il bando pubblico prevedeva espressamente quale requisito di ammissione al finanziamento l’iscrizione o almeno la presentazione della domanda di iscrizione entro il termine del ***** (così successivamente spostato dal gennaio 2013, per effetto di alcune proroghe), con conseguente immediata esclusione del concorrente che ne fosse privo.
Avverso la suddetta pronuncia, P.F.M., nella qualità, propone ricorso per cassazione, notificato via PEC il *****, affidato a quattro motivi, nei confronti dell’Assessorato Regionale dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea (che resiste con controricorso) e del ***** Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di ***** (che non svolge difese).
E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dei principi generali in materia di decadenza da finanziamenti e/o concessioni e dei criteri generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., censurando la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto irrilevante il fatto che la domanda fosse stata comunque ritenuta ricevibile e fosse stata inserita, di conseguenza, nella graduatoria provvisoria, per ben due anni, il che dimostrava che il requisito in oggetto dovesse essere posseduto solo “al momento dell’elargizione del finanziamento”, come era avvenuto (essendo stato conseguito “in data *****”); 2) con il secondo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 115 c.p.c., per omessa valutazione della documentazione in atti, per non avere la Corte d’appello rilevato sia che la mancata tempestiva iscrizione dipendeva da ritardo della PA nell’esitare la pratica (il “Collegio dei Giudici Minorili di Catania”, comparendo tra i comunisti un minore, con necessità di autorizzazione da parte del giudice tutelare o della stessa Camera di Commercio) sia che il ***** era stata solo formalizzata “richiesta di subentro del nuovo rappresentante P.F. ” 3) con il terzo motivo, la violazione delle “norme che regolano i procedimento amministrativo in relazione all’art. 115 c.p.c.”, sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in relazione al fatto che, solo nel corso del giudizio, l’amministrazione aveva integrato la motivazione del provvedimento di decadenza con la contestazione circa la mancata iscrizione o domanda di iscrizione nel termine fissato dal bando; 4) con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 345 c.p.c., dovendo ritenersi, nella specie, applicabile l’art. 702 quater c.p.c., norma che consente, nel procedimento sommario in appello, distinto dal rito ordinario, la produzione di documenti nuovi o perché indispensabili o perché non potuti produrre in primo grado per causa non imputabile, cosicché il documento “Distinta registro imprese” poteva essere prodotto in appello, essendo indispensabile ai fini del decidere, emergendo dallo stesso che la Comunione ereditaria aveva presentato alla CCIAA di Ragusa, sin dal 29/10/2012, una domanda/denuncia al REA di Associazione.
2. La prima censura è inammissibile.
La Corte d’appello ha rilevato che al bando pubblico in oggetto, art. 4, fosse chiaramente previsto che, alla data della assunzione dell’impegno e quindi alla scadenza del termine (da ultimo fissato al *****) per partecipare al bando, doveva sussistere il requisito dell’iscrizione del concorrente alla Camera di Commercio (nella specie, di Ragusa) necessario per l’inizio dell’attività imprenditoriale e che la Comunione solo il ***** aveva inoltrato richiesta per iscrizione (documentazione questa prodotta fin dal primo grado dall’amministrazione pubblica). In particolare, il controricorrente Assessorato deduce che l’autorizzazione del Tribunale minorile di Catania a continuare l’esercizio dell’impresa agricola al genitore del minore fosse intervenuta già in data ***** (a confutazione di quanto dedotto dal ricorrente in ordine alla giustificazione del proprio ritardo).
Quindi, i requisiti ed i termini erano fissati dal bando pubblico, che costituiva lex specialis.
A fronte di tale specifica ratio decidendi, il ricorrente si limita a dedurre che alcuna clausola specifica del bando contemplasse l’esclusione per mancata iscrizione alla Camera di Commercio, tanto che la domanda era stata ritenuta ricevibile e per due anni la Comunione era rimasta iscritta nella graduatoria provvisoria.
3. La seconda censura è del pari inammissibile.
Va invero ribadito che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Cass. n. 23940 del 2017). L’art. 116 c.p.c., prescrive che il giudice deve valutare le prove secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti. La sua violazione è concepibile solo se il giudice di merito valuta una determinata prova, ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria, ovvero se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando detta norma (cfr. Cass. n. 8082 del 2017; Cass. n. 13960 del 2014; Cass. n. 20119 del 2009).
Il ricorrente, nella sostanza, deduce una diversa ricostruzione dei fatti ed una diversa lettura anche del contenuto della ricevuta (doc.to 4 atti parte resistente) di iscrizione al Registro Imprese del *****.
4. La terza censura è inammissibile.
Nel primo motivo, lo stesso ricorrente conferma che l’iscrizione al registro delle imprese era completata solo nel febbraio 2015, mentre, nel presente motivo, contraddicendosi, assume che essa sussisteva già all’ottobre 2012.
La questione della inammissibilità dell’integrazione in sede giudiziale del motivo di decadenza risulta comunque questione nuova, di cui la decisione di appello non parla e di cui il ricorrente non spiega come, dove e quando aveva introdotto la questione nel giudizio di merito.
In ogni caso, nella stessa nota dell’Assessorato in data 14/11/2014, riprodotta per estratto a pag. 23 del ricorso, si data atto che il procedimento di decadenza fosse stato avviato per “mancata iscrizione alla CCIAA” e l’Avvocatura controricorrente ha dato atto che, nel verbale di contestazione del *****, si era ribadito che mancasse una formale iscrizione alla camera di Commercio al momento del rilascio telematico della domanda di aiuto, il *****.
5. La quarta censura è inammissibile per difetto di decisività.
Il ricorrente, pur correttamente richiamando il disposto dell’art. 702 quater c.p.c., che consente, nell’appello del procedimento sommario di cognizione, la produzione di nuovi documenti ove ritenuti indispensabili, con conseguente erroneità della motivazione sul punto della Corte d’appello, non spiega perché una denuncia al R.E.A. – Repertorio delle notizia Economiche e Amministrative, dell’ottobre 2012 dovrebbe essere equivalente all’iscrizione al Registro Imprese. Ora, nel caso in cui si discuta della corretta interpretazione di norme di diritto, il controllo del giudice di legittimità investe direttamente anche la decisione e non è limitato solo alla plausibilità della giustificazione, sicché, come desumibile dall’art. 384 c.p.c., comma 4, il giudizio di diritto può risultare incensurabile anche se mal giustificato, perché la decisione erroneamente motivata in diritto non è soggetta a cassazione, ma solo a correzione quando il dispositivo sia conforme al diritto (Cass. n. 13086 del 2015; Cass. n. 20719 del 2018).
3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.500,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021
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