LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12054/2019 proposto da:
O.T.L., elettivamente domiciliato in Lecce, via G. Toma n. 45, presso lo studio dell’avv. S. Centonze, che lo rappresenta e difende per procura in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 990/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 05/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/05/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.
RILEVATO
che:
La Corte d’appello di Lecce ha respinto il gravame proposto da O.T.L., cittadino *****, avverso la sentenza del Tribunale di Lecce che aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a decidere della domanda del migrante volta ad ottenere l’accertamento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 22, comma 12 quater e art. 5, comma 6 (“per particolare sfruttamento lavorativo”) e la conseguente condanna dell’Amministrazione dell’Interno al rilascio di tale permesso.
La corte d’appello ha ritenuto che, a differenza della situazione giuridica soggettiva dello straniero che chieda la concessione della protezione sussidiaria e/o umanitaria, che ha consistenza di diritto soggettivo costituzionalmente protetto, costituendo una delle forme di realizzazione del diritto di asilo previsto dall’art. 10 Cost., comma 3, rispetto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, con riferimento alla peculiare situazione del “particolare sfruttamento lavorativo”, che riguarda la diversa ipotesi in cui allo straniero venga concesso o negato il permesso di soggiorno sulla base di un atto amministrativo, il richiedente è titolare solo di un interesse legittimo. Secondo il giudice a quo la normativa in materia, stabilendo i requisiti necessari al rilascio del permesso di soggiorno di che trattasi, implicherebbe una valutazione dell’amministrazione (e’ necessario che lo straniero abbia presentato denuncia penale e che cooperi attivamente nel procedimento penale instaurato nei confronti del suo datore di lavoro) che, ancorché rimessa all’autorità penale (PM), diversa da quella che deve poi rilasciare il permesso (questore) e’, comunque, discrezionale dovendo il PM valutare caso per caso la contestualità delle condizioni della denuncia e della cooperazione dello straniero nel procedimento penale.
Contro la sentenza, depositata il 5.10.2018, O.T.L. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello per motivi attinenti alla giurisdizione e per violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 22, comma 12 quater, per avere la Corte di appello di Lecce erroneamente qualificato come interesse legittimo, anziché come diritto soggettivo, la sua posizione giuridica ed avere pertanto ritenuto che la controversia fosse devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Il ricorso è fondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, “L’opposizione avverso il provvedimento del questore, di diniego del permesso di soggiorno in favore del cittadino straniero vittima di sfruttamento lavorativo, previsto dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 22, comma 12-quater, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, al quale è devoluta la piena cognizione in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti, atteso che il parere espresso dal procuratore della Repubblica, cui è condizionato il rilascio del permesso da parte del questore, costituisce esercizio di discrezionalità tecnica ed esaurisce la propria rilevanza all’interno del procedimento amministrativo, non vincolando l’autorità giurisdizionale”(Cass. sez. un. nn. 30757/18, 32044/18).
La sentenza va pertanto cassata ed, essendo stata negata la giurisdizione in entrambi i gradi di merito, il giudizio va rimesso al Tribunale di Lecce ai sensi dell’art. 353 c.p.c.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021