Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24356 del 09/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 37239/2019 R.G., proposto da:

S.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Di Benedetto Alfonso, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 18 giugno 2019 n. 3606/16/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. n. 28 ottobre 2020 n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18 dicembre 2020 n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 27 aprile 2021 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

RILEVATO

Che:

S.G. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dal Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 18 giugno 2019 n. 3606/16/2019, che, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di cartella di pagamento per l’IRPEF relativa all’anno d’imposta 2012, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma col n. 2182/22/2018, con condanna alla rifusione delle spese di lite. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che le contestazioni del contribuente attenessero ad omesso o carente versamento dell’IRPEF. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza non sono state presentate memorie.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, comma 3, L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 2, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la divergenza tra l’importo dichiarato” e rimporto calcolato” per “acconti” ed “imposta a debito” esigesse la comunicazione di uno specifico avviso di recupero anche all’esito di controllo automatizzato.

2. Con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver essere stato motivato il rigetto dell’appello con una motivazione meramente apparente.

Ritenuto Che:

1. Il primo motivo è infondato.

1.1 Per costante orientamento di questa Corte, l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, comma 3, e dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis, comma 3, non richiede di regola la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti a rilevare meri errori materiali e richieda rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione, nel qual caso la sua omissione, a seconda che sussistano o meno incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, può costituire mera irregolarità, non incidente sulla validità della cartella di pagamento, oppure può comportarne la nullità L. 27 luglio 2000, n. 212, ex art. 6, comma 5, (tra le altre: Cass., Sez. 5, 25 ottobre 2017, n. 25294; Cass., Sez. 5, 24 gennaio 2018, n. 1711; Cass., Sez. 6-5, 6 maggio 2020, n. 8541; Cass., sez. 5, 5 novembre 2020, n. 24747; Cass., Sez. 6-5, 9 febbraio 2021, n. 3185). 1.2 Nella specie, il giudice di appello ha fatto buon governo del principio enunciato, ritenendo che le contestazioni del contribuente attenessero ad omesso o carente versamento dell’IRPEF, per cui non era necessaria la preventiva comunicazione dell’avviso di recupero.

2. Anche il secondo motivo è infondato.

2.1. Invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (da ultime: Cass., Sez. 1, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5, 13 aprile 2021, n. 9627).

2.2 Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo in parte qua una sufficiente esposizione delle ragioni sottese al rigetto dell’appello, ancorché l’illustrazione delle argomentazioni giustificative della decisione (al di là della loro fondatezza) risulti stringata e concisa.

Difatti, il giudice di appello ha correttamente ritenuto che lo specifico riferimento delle contestazioni mosse al contribuente all’omesso o al carente versamento dell’IRPEF bastasse ad escludere la necessità della preventiva comunicazione dell’esito del controllo automatizzato. Il che è soddisfacente sul piano della adeguatezza argomentativa.

3. Stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato.

4. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio effettuata da remoto, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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