LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 632-2020 proposto da:
T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LA SPEZIA N. 95, presso lo studio dell’avvocato DE PASQUALE VALENTINA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 997/11/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 24/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI PRISCOLI LORENZO.
RILEVATO
Che:
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso un avviso di accertamento IRPEF e IRAP per l’anno d’imposta 2010 con il quale l’Ufficio ricalcolava il volume d’affaridella parte contribuente, titolare di due autoscuole;
la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che una gestione antieconomica dell’attività d’impresa per un periodo di tempo significativo appare di per sé implausibile e giustifica quindi l’accertamento effettuato dall’Ufficio; inoltre l’Ufficio ha correttamente conteggiato il numero degli allievi iscritti (157, numero risultante dai registri tenuti presso le autoscuole) i quali anche se potrebbero non aver portato a termine il corso hanno comunque versato la quota d’iscrizione: una volta calcolato il numero degli allievi, l’Ufficio ha applicato le tariffe dichiarate dalla parte contribuente per ogni categoria di patente sulla base dell’esame delle ricevute dell’autoscuola da cui sono state ricavate le percentuali di scelta delle diverse opzioni tariffarie, così ricavando analiticamente il numero delle singole prestazioni ed il volume d’affari derivante dalle iscrizioni, lezioni di teoria ed esami, mentre, quanto al calcolo delle lezioni di guida, esso è stato ragionevolmente effettuato prendendo come base il numero di chilometri percorsi dalla vettura utilizzata per le lezioni, numero mai contestato dalla contribuente, sottraendo il percorso quotidiano per raggiungere le sedi di lavoro; in ogni caso ben possono aver preso lezioni di pratica coloro che non avevano svolto o superato l’esame pratico cosicché risulta corretto effettuare il calcolo delle guide partendo dal dato oggettivo dei chilometri percorsi dall’autovettura.
Avverso la suddetta sentenza il contribuente popone ricorso, affidato ad un motivo di impugnazione mentre l’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.
Sulla proposta del relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
CONSIDERATO
Che:
Con l’unico motivo d’impugnazione, dedotto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la parte contribuente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 111 Cost. per essere la sentenza impugnata affetta dal vizio di motivazione contraddittoria e assente e per avere in particolare la Commissione Tributaria Regionale motivato in maniera incongrua, senza aver spiegato il perché la presunta gestione antieconomica appaia implausibile.
Il motivo è infondato. Secondo questa Corte infatti:
il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014);
in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018).
Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale affermando che una gestione antieconomica dell’attività d’impresa per un periodo di tempo significativo appare di per sé implausibile e giustifica quindi l’accertamento effettuato dall’Ufficio; che l’Ufficio ha correttamente conteggiato il numero degli allievi iscritti (157, numero risultante dai registri tenuti presso le autoscuole) i quali anche se potrebbero non aver portato a termine il corso hanno comunque versato la quota d’iscrizione; che una volta calcolato il numero degli allievi, l’Ufficio ha applicato le tariffe dichiarate dalla parte contribuente per ogni categoria di patente sulla base dell’esame delle ricevute dell’autoscuola da cui sono state ricavate le percentuali di scelta delle diverse opzioni tariffarie, così ricavando analiticamente il numero delle singole prestazioni così ricavando analiticamente il numero delle singole prestazioni ed il volume d’affari derivante dalle iscrizioni, lezioni di teoria ed esami, mentre, quanto al calcolo delle lezioni di guida, esso è stato ragionevolmente effettuato prendendo come base il numero di chilometri percorsi dalla vettura utilizzata per le lezioni, numero mai contestato dalla contribuente, sottraendo il percorso quotidiano per raggiungere le sedi di lavoro; che in ogni caso ben possono aver preso lezioni di pratica coloro che non avevano svolto o superato l’esame pratico cosicché risulta corretto effettuare il calcolo delle guide partendo dal dato oggettivo dei chilometri percorsi dall’autovettura – ha infatti fornito una motivazione ragionevole, coerente e chiara, che ha spiegato analiticamente i motivi per i quali la sentenza impugnata ha ritenuto non plausibile le dichiarazioni della parte contribuente relative ad una gestione antieconomica per un periodo significativo di una impresa di non piccole dimensioni e, invece, convincente e razionale la ricostruzione dell’Ufficio, alla luce degli studi di settore e di dati oggettivi posti alla base di suddetti studi,e si colloca pertanto ben al di sopra del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, (Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 22272 del 2018).
Per il resto, le doglianze della ricorrente, pur formalmente volte a denunciare la nullità della sentenza per difetto di motivazione, investono il merito della lite e sono quindi insuscettibili di poter essere valutate in Cassazione attraverso la denuncia di un vizio di difetto di motivazione, in quanto con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020).
Dunque, il motivo di impugnazione è infondato e conseguentemente il ricorso va respinto; le spese segono la soccombenza.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021