LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE X
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8696-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
T.F., INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1051/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 27/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI PRISCOLI LORENZO.
RILEVATO
Che:
il Tribunale di Catanzaro accoglieva il ricorso proposto da T.F. il 24 giugno 2016 e:v, dichiara4estintv per prescrizione i crediti contributivi azionati dall’INPS con dieci cartelle esattoriali notificate tra febbraio 2007 e giugno 2010, alle quali aveva fatto seguito l’intimazione di pagamento notificata dalla società Equitalia Sud s.p.a. il 24 marzo 2016, contro cui il contribuente aveva reagito in giudizio;
la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate, ritenendo applicabile la prescrizione di cinque anni, in virtù del disposto di Cass. SU n. 23397 del 2016 secondo cui la definitività della cartella non opposta non muta il regime della prescrizione del credito iscritto a ruolo e quindi non lo assoggetta ad un termine di prescrizione decennale.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre la parte contribuente non si costituisce.
Sulla proposta del relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
CONSIDERATO
Che:
Con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20 e L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 197, per non avere la Corte d’Appello considerato che dal 1999, dopo l’iscrizione a ruolo, la prescrizione (anche) dei crediti previdenziali è decennale.
Il motivo è infondato.
Infatti, questa Corte ha affermato che: il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale previsto dall’art. 2953 c.c. (previsto solo per i diritti per i quali sia intervenuta una sentenza passata in giudicato), si applica con riguardo a tutti gli atti in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass. SU n. 23397 del 2016);
la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) della in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c., restando irrilevante sia il subentro dell’Agenzia delle entrate quale nuovo concessionario, sia il fatto che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, preveda un termine di prescrizione decennale per la riscossione, atteso che detto termine concerne il procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili e non interferisce con lo specifico termine previsto per azionare il credito (Cass. n. 11335 del 2019);
in tema di riscossione mediante ruolo, la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, non produce la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., restando irrilevante sia il subentro dell’Agenzia delle entrate quale nuovo concessionario (AdER), sia la previsione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, sul termine decennale per la riscossione, atteso che: trattasi di termine fissato in relazione alla disciplina ordinaria del procedimento di riscossione; quella di prescrizione è eccezione in senso stretto sicché non è rilevabile d’ufficio l’effetto estintivo della prescrizione breve; un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 20 cit. impone di riferire detto termine al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili e non a quello per azionare il credito (Cass. n. 11814 del 2020);
“la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, non comporta anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., restando irrilevante il termine di prescrizione decennale contemplato dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 197, che concerne il “riaffido” in riscossione, da parte dell’ente creditore al concessionario, dei crediti rispetto ai quali siano sorte irregolarità o falsità, già oggetto di dichiarazione di “saldo e stralcio” ai sensi dello stesso art. 1, comma 184 e ss.” (Cass. n. 1826 del 2020).
La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta ai suddetti principi là dove ha affermato che per i contributi previdenziali la prescrizione si compie in cinque anni, interpretando in maniera corretta la portata di Cass. SU n. 23397 del 2016 la quale, pronunciandosi proprio in tema di prescrizione di contributi previdenziali, ha affermato che la prescrizione è decennale solo quando il credito dell’Ufficio sia stato accertato in sede giudiziale con sentenza passata in giudicato oppure quando per il credito sia prevista la prescrizione ordinaria di dieci anni, mentre nel caso dei contributi previdenziali è di cinque anni e nel caso di specie l’irretrattabilità del credito si è determinata in virtù della scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo e non in virtù di una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato.
Il motivo è pertanto infondato e conseguentemente il ricorso va respinto; nulla va statuito in merito alle spese, non essendosi costituita la parte contribuente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021