Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24365 del 09/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33256-2019 proposto da:

R.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO FIORE 3, presso lo studio dell’avvocato D’ALBERTO PINO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRABASILE ANGELO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1031/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, depositata il 04/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO ANTONIO FRANCESCO.

RILEVATO

Che:

Con sentenza depositata il 24 gennaio 2013, la CTR della Puglia ha accolto l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti dell’avv. C.D. per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Bari, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso il silenzio – rifiuto dell’Ufficio sulle istanze di rimborso che il contribuente aveva presentato per I’Irap versata negli anni dal 2005 al 2007, con compensazione delle spese, pronuncia, quest’ultima, della quale si era doluto con appello incidentale il contribuente. Avverso la sentenza della CTR l’avv. Costanza proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.

Questa Corte, con ordinanza n. 19766 del 2016, accoglieva il ricorso in relazione al secondo motivo e dichiarava inammissibile il primo. Cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava la causa, anche per le spese, a diversa sezione della CTR della Puglia.

Quest’ultima, con decisione del 4 aprile 2019, dichiarava cessata la materia del contendere e compensava le spese dell’intero giudizio.

Avverso la suddetta sentenza, R.D., cessionaria del credito litigioso, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale. La ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo la ricorrente – denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, commi 1 e 2, e dell’art. 92 c.p.c., comma 2 – censura la sentenza impugnata per avere la CTR disposto la compensazione delle spese del giudizio in assenza di valide ragioni.

Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione tra le parti. Sostiene la ricorrente che la CTR, con motivazione generica ed apparente, contenente un mero rinvio ad una pronuncia non pertinente delle Sezioni Unite di questa Corte, non aveva preso in considerazione i fatti decisivi ai fini della regolamentazione delle spese di lite.

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa erariale, dovendosi escludere che le censure articolate dalla ricorrente siano volte ad ottenere un riesame del merito della controversia.

I due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente, sono fondati.

La ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la CTR, dopo aver dichiarato la cessazione della materia del contendere, compensato le spese processuali “in virtù del pronunciamento delle sezioni unite”. Nel corpo della motivazione è menzionata la decisione delle Sezioni Unite n. 9451 del 10 maggio 2016, secondo la CTR, “mutando il precedente orientamento in materia, ha “riletto” i presupposti per l’integrazione del requisito dell’autonoma organizzazione”. Giova premettere che la statuizione di cessazione della materia del contendere comporta l’obbligo per il giudice di provvedere sulle spese del giudizio, salva la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale (Cass. n. 3148 del 2016).

Nel caso di specie trova applicazione il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2, con le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma 1, lett. f), n. 2, le quali operano in relazione a tutti i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore (1 gennaio 2016), in assenza di specifiche previsioni circa l’applicabilità limitata ai nuovi processi. Non essendovi soccombenza reciproca, la CTR avrebbe quindi dovuto, al fine di esercitare legittimamente la facoltà di compensazione delle spese di lite, valutare la ricorrenza nel caso in esame di gravi ed eccezionali ragioni, espressamente indicate nella motivazione.

I giudici di appello, a sostegno della disposta compensazione delle spese processuali, hanno richiamato il “pronunciamento delle sezioni unite” che non può che essere riferito alla decisione delle Sezioni Unite n. 9451 del 2016, menzionata in motivazione, che avrebbe “mutando il precedente orientamento in materia, (…) “riletto” i presupposti per l’integrazione del requisito dell’autonoma organizzazione”.

Con la suddetta pronuncia, tuttavia, le Sezioni Unite hanno confermato l’orientamento da tempo consolidatosi dopo Cass., Sez. U., n. 12108 del 2009, limitandosi a precisare che il presupposto dell’autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive.

Questa Corte ha chiarito che nel processo tributario le “gravi ed eccezionali ragioni” indicate esplicitamente dal giudice nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale delle spese del giudizio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi un vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (Cass. n. 2206 del 2019; v. anche Cass. n. 23059 del 2018, Cass. n. 6059 del 2017).

Ha dunque errato la CTR nel disporre la compensazione delle spese processuali sulla base dell’inconferente richiamo alla pronuncia delle Sezioni Unite.

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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