LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25885-2016 proposto da:
RADICI PARTECIPAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOFFREDO GOBBI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO FRANCHINA giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
L.M.M., domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato PIERPAOLO LIVIO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1457/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie della ricorrente.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 13214/2014, ha dichiarato improcedibile, in quanto tardiva, l’opposizione proposta dalla Radici Partecipazioni S.p.A. avverso il decreto ingiuntivo n. 80341/2010 emesso in favore dell’avv. L.M.M. per compensi professionali maturati a seguito di attività svolta nell’interesse della società.
Avverso tale sentenza ha proposto appello la società opponente, cui ha resistito la creditrice, e la Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 1457 del 13/4/2016 ha rigettato il gravame.
Ha osservato che la società aveva tentato la notifica dell’atto di opposizione presso il domicilio eletto nel ricorso monitorio, ma la stessa non era andata a buon fine, atteso il trasferimento dell’avv. L. per luogo ignoto, come riferito dall’ufficiale giudiziario addetto alla notifica.
La stessa era stata poi rinnovata sia presso la Cancelleria del Tribunale che presso il nuovo studio dell’avv. L., perfezionandosi però oltre il quarantesimo giorno dalla notifica del decreto.
Ne scaturiva che l’opposizione era stata correttamente ritenuta tardiva, in quanto era onere del notificante accertarsi, prima della stessa notifica, di quale fosse l’attuale localizzazione dello studio dell’opposta, la quale non era tenuta ad alcuna comunicazione.
Nella specie emergeva che l’avv. L. aveva comunicato il cambiamento della sede dello studio al competente Consiglio dell’Ordine, il che rendeva imputabile alla società il mancato perfezionamento del primo tentativo di notifica.
Ne’ poteva invocarsi la previsione di cui all’art. 650 c.p.c., in quanto la norma consente l’opposizione tardiva solo per l’ipotesi di mancata conoscenza del decreto ingiuntivo per caso fortuito o forza maggiore (mentre nel caso di specie si dibatteva circa la tempestività della notifica dell’atto di opposizione), ma era altresì da escludersi la ricorrenza del caso fortuito e della forza maggiore, in quanto l’esito infausto della prima notifica era imputabile alla stessa società che aveva omesso di procedere alle preventive verifiche circa l’attualità del domicilio cui indirizzare la notifica.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Radici Partecipazioni S.p.A., sulla base di cinque motivi, illustrati da memorie.
L’intimata resiste con controricorso.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 345,641 c.p.c. e art. 139 c.p.c. e ss., nonché la falsa applicazione dell’art. 638 c.p.c., R.D. n. 1578 del 1933, artt. 10 e 17 e del R.D. n. 37 del 1934, artt. 10 e 17.
Si contesta l’affermazione del giudice di appello che ha escluso qualsiasi effetto alla rinnovazione della notifica del decreto ingiuntivo, inizialmente tentata presso il domicilio dell’avv. L., come indicato nel ricorso monitorio, in data 6/4/2011, e poi eseguita, dapprima mediante deposito in Cancelleria in data 18/4/2011 nonché presso il nuovo studio dell’opposta in data 19/4/2011.
Si sostiene che l’opposta non aveva offerto prova di quando avesse abbandonato il precedente domicilio e su quale fosse lo stesso al momento della proposizione del ricorso monitorio ed in quale momento avesse comunicato al COA il novo domicilio e quando tale notizia fosse stata effettivamente iscritta nell’albo professionale.
La sentenza impugnata ha dato credito all’affermazione della controparte circa il fatto che la notizia fosse stata ritualmente comunicata, ma avvalendosi di un documento tardivamente prodotto in appello, e quindi inammissibile.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 153,641 c.p.c. e art. 139 c.p.c. e ss., nonché la falsa applicazione degli artt. 638 c.p.c., R.D. n. 1578 del 1933, artt. 10 e 17 e R.D. n. 37 del 1934, art. 69.
Si deduce che la Corte d’Appello non ha fatto corretta applicazione dei principi del giudice di legittimità che ha ormai sancito la facoltà per la parte di poter riattivare il procedimento notificatorio, con efficacia retroagente al primo tentativo di notifica, ove la riattivazione avvenga in un contenuto lasso di tempo e la mancata conclusione del procedimento notificatorio non sia imputabile alla parte.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 641 c.p.c. e art. 139 c.p.c. e ss., nonché la falsa applicazione dell’art. 638 c.p.c., R.D. n. 1578 del 1933, artt. 10 e 17 e del R.D. n. 37 del 1934, art. 69. La Corte d’Appello ha ritenuto che l’opposizione fosse tardiva sul presupposto che l’avv. L. avesse tempestivamente comunicato al COA il cambio di studio in data 30/3/2011.
Si ricorda che, anche in caso di mutamento dell’indirizzo da parte del difensore esercente all’interno del circondario di appartenenza, è dato riattivare il procedimento notificatorio nel caso in cui la mancata notifica sia frutto del caso fortuito o della forza maggiore, come è da ritenersi per l’ipotesi di mancata o intempestiva comunicazione del mutamento di indirizzo ovvero di ritardo nell’annotazione da parte del COA. Nella specie, a fronte del documento, peraltro tardivamente prodotto, attestante la comunicazione dell’avv. L. circa il cambiamento dell’indirizzo del proprio studio, il Consiglio dell’Ordine non è stato in grado di attestare con certezza quando tale annotazione sia stata effettuata sul proprio sito internet, potendosi quindi ritenere che la stessa sia intervenuta in epoca successiva a quella cui risale il primo tentativo di notifica.
Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 153 e 650 c.p.c., quale integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n., 120/1976, in quanto la sentenza gravata ha dato rilievo alla sola impossibilità di conoscenza del decreto ingiuntivo per caso fortuito o forza maggiore, dimenticando che, a seguito dell’intervento del giudice delle leggi, l’opposizione tardiva è ammessa anche nel caso in cui il caso fortuito o la forza maggiore abbiano impedito la proposizione dell’opposizione.
Nella specie, occorre dare rilevanza alla condotta negligente dell’ufficiale giudiziario che, sebbene la prima notifica non fosse andata a buon fine in data 6/4/2011, aveva restituito l’atto al difensore della ricorrente solo in data 13/4/2011, allorché era scaduto il termine per l’opposizione coincidente con la data dell’11/4/2011.
Il tempo impiegato dall’UNEP per la comunicazione dell’esito della prima notifica non può andare a detrimento della ricorrente che, se fosse stata tempestivamente informata, avrebbe potuto rispettare il termine di cui all’art. 641 c.p.c.
I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.
Questa Corte nella sua più autorevole composizione ha infatti affermato che (Cass. S.U. n. 3818/2009) in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione. Ove, peraltro, la notifica in detti luoghi abbia avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore (per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio o per il ritardo della sua annotazione ovvero per la morte del procuratore o, comunque, per altro fatto non imputabile al richiedente attestato dall’ufficiale giudiziario), il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice “ad quem”, corredata dall’attestazione dell’omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione ovvero, ove la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportare la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, per la rinnovazione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 164 c.p.c. (conf. Cass. S.U. n. 14494/2010) Tali principi sono stati poi ribaditi dalla successiva giurisprudenza di legittimità che ha appunto affermato che (Cass. S.U. n. 14594/2016), proprio in relazione al mancato perfezionamento della notifica per intervenuto mutamento dell’indirizzo del difensore esercente all’interno del circondario corrispondente al COA cui risulta essere iscritto, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.
Nella fattispecie i giudici di appello hanno confermato la valutazione di tardività dell’opposizione, già espressa dal Tribunale, rilevando che l’atto di opposizione era stato notificato all’avv. L., quale difensore di se stesso, ed esercente la professione quale iscritta al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, (e cioè all’interno del medesimo circondario del giudice che aveva emesso il decreto ingiuntivo) ancora presso il domicilio indicato nel ricorso monitorio, e che tale notifica non era andata a buon fine, avendo l’ufficiale giudiziario dato atto nella relata del 6 aprile 2011 del trasferimento del difensore per luogo ignoto.
Ricevuta notizia dell’esito infausto della prima notifica, la società ricorrente ha quindi provveduto alla notifica dell’opposizione presso il nuovo indirizzo dell’opposta ma in data 18/4/2011 (con consegna avvenuta il successivo 19/4/2011), allorché era già maturato il termine per l’opposizione.
La soluzione del giudice di merito deve reputarsi, ad avviso del Collegio, incensurabile e ciò alla stregua della reiterata giurisprudenza di questa Corte che, dando seguito ai principi sopra ricordati, ha affermato che (Cass. n. 20527/2017) ove la notifica, nella specie del ricorso per Cassazione, non si sia perfezionata per l’intervenuto mutamento del domicilio del difensore costituito, il notificante non può invocare la non imputabilità dell’errore se il destinatario della notifica esercita la sua attività professionale nel circondario del tribunale in cui si svolge la controversia; in tal caso, infatti, egli ha l’onere di verificare tempestivamente, onde conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, l’attualità dell’indirizzo indicato in atti dal difensore costituito, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale (conf. Cass. n. 15056/2018; Cass. n. 8618/2019).
In tal senso è stato anche affermato che (Cass. n. 17336/2019) la notificazione, nella specie di un atto di appello, non compiutasi, perché tentata presso il precedente recapito del difensore della controparte che abbia trasferito altrove il suo studio, è inesistente “in rerum natura”, ossia per totale mancanza materiale dell’atto, non avendo conseguito il suo scopo consistente nella consegna dell’atto al destinatario; essa non è pertanto suscettibile di sanatoria ex art. 156 c.p.c., comma 3, a seguito della costituzione in giudizio dell’appellato, né di riattivazione del relativo procedimento, trattandosi di vizio imputabile al notificante in considerazione dell’agevole possibilità di accertare l’ubicazione dello studio attraverso la consultazione telematica dell’albo degli avvocati (conf. Cass. n. 23760/2020).
Tali precedenti, la cui portata appare sicuramente estensibile anche all’ipotesi in cui la notifica serva ad assicurare il rispetto del termine per l’opposizione a decreto ingiuntivo, ammettono però una possibilità di riattivazione del procedimento notificatorio, nonostante l’esito infausto della prima notifica nel caso in cui possa riscontrarsi un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, come, ad esempio, per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio all’ordine professionale o per il ritardo della sua annotazione, ovvero per la morte del procuratore e tutte le altre nelle quali l’ufficiale giudiziario o postale, nonostante la corretta indicazione del domicilio, non abbiano completato la notifica e ne abbiano attestato l’esito negativo per un fatto non imputabile al richiedente (così, Cass. S.U. n. 3818/2009).
Ma la medesima sentenza ha fatto precedere tali precisazioni, dalla considerazione per cui “la possibilità, inoltre, che la notifica dell’impugnazione, nonostante l’erronea indicazione del domicilio del procuratore, possa completarsi per la diligenza dell’ufficiale giudiziario o postale nel ricercare il destinatario, non vale ad escludere il collegamento causale tra l’eventuale esito negativo di essa e l’inadempimento del notificante all’onere preventivo di verifica del domicilio del notificando.”
Conseguentemente è stato precisato che (Cass. n. 26189/2016) la notificazione dell’atto di appello effettuata al procuratore domiciliatario mediante consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario l’ultimo giorno utile, senza che il notificante si sia accertato del cambio di domicilio del predetto procuratore ove quest’ultimo appartenga alla stessa circoscrizione del notificante, implica che l’eventuale difetto della notificazione sia imputabile allo stesso notificante, che non ha assolto all’onere di diligenza, sullo stesso gravante, del preventivo controllo dell’albo professionale, con conseguente inammissibilità dell’appello tardivamente proposto.
Le critiche della ricorrente non appaiono in grado di inficiare la correttezza della soluzione cui è pervenuto il giudice di merito che ha riscontrato il mancato perfezionamento della prima notifica, eseguita presso il precedente domicilio dell’avv. L., rilevando che quella successiva era ormai intervenuta a termine di opposizione già scaduto, sottolineando come il ritardo nell’esecuzione della notifica fosse da ascrivere all’opponente che non aveva previamente verificato quale fosse l’attuale indirizzo dell’opposta.
Va altresì ricordato, in caso di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., che effettivamente la stessa è possibile anche nel caso in cui il caso fortuito o la forza maggiore abbiano, non già impedito la conoscenza del decreto, ma la possibilità di poter fare tempestiva opposizione (così Corte Cost. n. 120/1976), ma questa Corte ha ripetutamente ribadito che (Cass. n. 20850/2018) occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – di non essere stato in grado di proporre una tempestiva opposizione, per eventi riconducibili appunto alle nozioni di caso fortuito o di forza maggiore (conf. Cass. S.U. n. 14572/2007).
Tale principio ha poi trovato concreta applicazione, proprio in tema di riattivazione del procedimento notificatorio per mancato perfezionamento della prima notifica in Cass. n. 25339/2015, che ha confermato la sentenza di merito, che aveva dichiarato inammissibile l’appello in quanto l’appellante non aveva dedotto né documentato la non imputabilità a sé dell’esito negativo della prima notifica a causa della non accertabilità del mutamento di domicilio del difensore della controparte.
Ne deriva che, al fine di poter beneficiare della possibilità di riattivare il procedimento di notifica, con la sostanziale applicazione della previsione di cui all’art. 650 c.p.c., era onere dell’opponente dimostrare che, ove avesse effettivamente provveduto alla verifica delle attuali indicazioni dell’indirizzo dell’avv. L. alla data in cui ha richiesto la prima notifica, tale verifica non avrebbe permesso di appurare che era stato annotato il mutamento di indirizzo.
A tale onere però non ha adempiuto la ricorrente che non ha fornito la prova dell’esistenza di una delle circostanze che, secondo le indicazioni delle SS.UU., come sopra richiamate, permettono di riattivare il procedimento di notifica, anche in caso di esito infausto del primo tentativo.
Per l’effetto perde rilevanza il documento di cui si assume essere avvenuta la tardiva produzione in appello, in quanto, l’onere di provare la mancata comunicazione al COA del mutamento di indirizzo, nonché la sua mancata o tardiva annotazione sul sito del Consiglio, gravava sull’opponente che a tanto non ha adempiuto, sicché, anche una volta escluso dal materiale probatorio utilizzabile la comunicazione dell’avv. L., recante la data del 31 marzo 2011, resterebbe comunque inadempiuto l’onere di dimostrare l’incolpevolezza della mancata prima notifica, in assenza della prova di una preventiva verifica delle risultanze del registro dell’ordine di appartenenza.
Ne’ appare idonea a fornire la prova del caso fortuito o della forza maggiore la risposta fornita dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano trasmessa allo studio del difensore della ricorrente in data 15/5/2013, e prodotta all’udienza del 7/10/2015, posto che la scansione dei tempi per procedere all’annotazione (circa due giorni lavorativi dalla registrazione nel gestionale del COA e dall’invio per la pubblicazione nell’Albo online, operazioni avvenute in data 1/4/2011) comporta invece che debba reputarsi verosimile (e pur tenuto conto del fatto che il 1 aprile 2011 era un venerdì) che alla data del 6/4/2011, momento di consegna dell’atto per la prima notifica, fosse stato annotato sul sito il mutamento di indirizzo.
Risulta incensurabile pertanto la conclusione del giudice di merito che ha escluso che l’opponente avesse fornito la prova, della quale era onerata, della non imputabilità dell’esito negativo della prima notifica, in quanto, in assenza della prova della mancata annotazione del mutamento di indirizzo, andava ribadita la negligenza nel non avere previamente verificato l’attualità del domicilio dell’avv. L..
L’originaria imputabilità alla stessa ricorrente del mancato perfezionamento della prima notifica, rende poi irrilevante, alla luce dei precedenti sopra richiamati, anche il ritardo nel quale sia eventualmente incorso l’ufficiale giudiziario nel comunicare l’esito negativo della prima notifica, e ciò in quanto le successive vicende hanno il loro antecedente causale nella condotta negligente imputabile alla stessa parte richiedente la notifica, che non può quindi sottrarsi alle conseguenze negative della sua negligenza, evocando la concorrente responsabilità dell’ufficiale giudiziario.
I motivi in esame vanno quindi rigettati.
3. Il quinto motivo di ricorso con il quale, a seguito dell’accoglimento dei primi quattro motivi, chiede la cassazione della sentenza impugnata e solo in subordine, la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., è chiaramente assorbito per effetto del rigetto dei precedenti motivi, stante la sua logica subordinazione al previo accoglimento dei motivi volti a contestare la statuizione circa la tardività dell’opposizione.
4. Il ricorso deve quindi essere rigettato, dovendosi regolare le spese in base al principio della soccombenza.
5. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori di legge, se dovuti;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda Civile, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021
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