LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20078/2019 proposto da:
O.W., rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE BRIGANTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TEMPORE;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 15/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/03/2021 dal Consigliere e Presidente Dott. FELICE MANNA.
RITENUTO IN FATTO
O.W., cittadino nigeriano nel 1989, proponeva ricorso avverso il provvedimento col quale la Commissione territoriale di Ancona aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale o umanitaria. A base della domanda, la necessità di sottrarsi alla vendetta privata dei familiari di un ragazzo, di cui assumeva di aver provocato la morte a seguito d’un incidente stradale, i quali l’avevano aggredito e bruciato la casa. Deduceva, inoltre, di temere l’esito del processo penale a suo carico.
Il Tribunale di Ancona, con Decreto n. 6280 del 2019, rigettava il ricorso, ritenendo che i fatti narrati dal richiedente non fossero credibili e che la documentazione prodotta a sostegno non fosse autentica.
Avverso tale decreto il richiedente propone ricorso, affidato a quattro motivi.
Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Col primo motivo è allegata la nullità del decreto per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 11, lett. a) e art. 13 e artt. 737,135 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, nonché art. 111 Cost., comma 6, per lacune motivazionali relative alla ritenuta non veridicità del racconto del richiedente. Si deduce, in particolare, la contraddittorietà o illogicità della motivazione, lì dove da un lato la domanda di protezione internazionale (riconoscimento dello status di rifugiato e protezione sussidiaria) è stata respinta per la non credibilità del narrato, e dall’altro la medesima domanda non è stata accolta in virtù di una causa di esclusione, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 10 e 16, costituita dalla gravità del reato commesso.
Parte ricorrente censura, poi, quest’ultima motivazione richiamando Corte di giustizia Europea 13.9.2018, causa C-369/17, secondo cui il diritto dell’Unione osta alla legislazione d’uno Stato membro che escluda la protezione internazionale per la commissione di un reato giudicato grave solo in base alla pena prevista, senza effettuare un completo esame di tutte le circostanze del caso individuale.
Il motivo prosegue deducendo che il decreto impugnato non avrebbe operato una propria e autonoma valutazione critica dei fatti, richiamandosi al provvedimento della Commissione territoriale, e che la domanda di protezione umanitaria sarebbe stata respinta senza che fossero esplicitate le ragioni logico-giuridiche sottese all’effettiva comparazione richiesta da Cass. n. 4455/18, dal percorso migratorio effettuato all’integrazione raggiunta in Italia.
E nel lamentare una compiuta valutazione dei fatti di ogni loro risvolto, anche non verbale, deduce che l’udienza è stata tenuta da un G.O.T. (Giudice onorario di Tribunale) e non dai magistrati che poi hanno composto il collegio e deciso il ricorso, il che violerebbe l’art. 106 Cost. e la L. n. 46 del 2017, art. 2.
1.1. – Il motivo non ha pregio in ciascuna delle censure che espone.
1.1.1. Il giudizio di non credibilità del racconto del richiedente è ben formulato in ragione sia del difetto di adeguata circostanziazione, sia delle incoerenze interne rilevate dal Tribunale (affermata conoscenza d’un processo penale a carico del richiedente per l’asserito incidente stradale, desunto senza alcun riscontro oggettivo e sulla base della produzione di un rapporto di polizia non autentico).
1.1.2. – Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (v. n. 17182/20).
Pertanto, nella specie, la lamentata contraddizione tra il giudizio di non credibilità del racconto e la richiamata causa di esclusione della protezione (l’aver commesso nel Paese d’origine un reato grave) non ha alcun peso, in quanto, trattandosi di motivazione alternativa (“in ogni caso, anche laddove credibili, nel caso in oggetto, viene in rilievo una circostanza ostativa al riconoscimento della status di protezione”: v. pag. 4 decreto impugnato), resistendo la prima ratio decidendi (quella sulla non credibilità intrinseca del racconto), resta ininfluente qualsivoglia giudizio sulla seconda.
1.1.3. – Contrariamente a quanto sostiene parte ricorrente, il decreto impugnato ha operato un giudizio di comparazione tra la situazione di partenza del richiedente e quella attuale in Italia, escludendo da un lato situazioni di vulnerabilità soggettiva ai sensi dell’art. 19, comma 2, lett. a) – d), dall’altra la mancata allegazione di elementi idonei a far ritenere esistente una vulnerabilità derivante dal preteso sradicamento dal contesto socioeconomico-italiano. E rispetto a tale motivazione parte ricorrente non ha allegato nulla che sia inerente alla situazione specifica del richiedente o a sue personali condizioni di vulnerabilità.
1.1.4. – Infine, le S.U. di questa Corte hanno recentemente chiarito che non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11, tale attività rientra senza dubbio tra i compiti delegabili al giudice onorario in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta (sentenza n. 5425/21).
2. – Il secondo motivo, nell’allegare la violazione o falsa applicazione dell’art. 3 CEDU, art. 10 Cost., comma 4 e art. 27 Cost., D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 10, 13, 27 e 32, art. 16 Dir. Europea n. 2013/32 e D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5, 6, 7, 10, 14 e 16, riproduce la censura contenuta nel primo motivo circa la contraddittorietà o illogicità del decreto impugnato; e, quindi, soggiace alla motivazione reiettiva di cui al paragrafo 1.1.2, che precede.
3. – Il terzo motivo espone la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3 e art. 32 Cost., L. n. 881 del 1977, art. 11,D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 10, 13, 27, 32 e art. 35-bis, comma 11, lett. a), artt. 2, 3 e 16 Direttiva Europea n. 2013/32, art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5, 6, 7 e 14 e T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e censura la violazione del dovere di cooperazione istruttoria, perché il Tribunale avrebbe dovuto prendere in esame tutte le dichiarazioni del richiedente, eventualmente attivandosi, mediante l’audizione del richiedente, per colmane lacune probatorie o chiarire le dichiarazioni di lui.
3.1. – Anche tale motivo è infondato.
Il Tribunale ha assolto il dovere di cooperazione istruttoria acquisendo informazioni dettagliate e specifiche sul sistema giudiziaria nigeriano, per poi trarre da ciò i propri elementi di giudizio, in particolare, sulla non autenticità del rapporto di polizia prodotto, a sua volta non assimilabile ad un mandato d’arresto, che avrebbe in qualche modo giustificato il timore del richiedente.
Quanto alla generale valutazione di non credibilità del narrato, la giurisprudenza di questa Corte è nel senso che, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, il giudice ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (cfr. (n. 21584/20).
Nulla di tutto ciò sovviene nella specie, posto che il ricorrente si limita ad enunciare un’astratta possibilità di chiarimenti – per giunta incompatibili con il formulato giudizio di non credibilità intrinseca ed estrinseca – e non ad allegare di aver dedotto specifici punti suscettibili di approfondimento ma in concreto rimasti in ombra.
4. – Il quarto mezzo espone la violazione o falsa applicazione degli artt. 6 e 13 CEDU, art. 47Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e art. 46 della Direttiva Europea n. 2013/32, assumendo che i precedenti motivi esposti dimostrerebbero l’ineffettività del rimedio così come applicato dal giudice di merito, in quanto, sebbene il richiedente debba produrre tutti gli elementi idonei a motivare la domanda, lo Stato d’accoglienza ha l’obbligo di vigilare affinché l’esame di quest’ultimo sia completo, rigoroso ed approfondito.
4.1. – Il motivo è inammissibile per la sua inconcludenza, limitandosi esso a richiamare un principio astratto senza dimostrarne, nella specie, il malgoverno, se non attraverso il mero rinvio a quanto già detto, altrove e altrimenti, nel ricorso.
5. – In conclusione il ricorso va respinto.
6. – Nulla per le spese, per essere il Ministero rimasto intimato.
7. – Ricorrono i presupposti processuali per il raddoppio, a carico del ricorrente, del contributo unificato, se dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Sussistono a carico del ricorrente i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021