Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24682 del 14/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30145-2019 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Angelo Bargoni 78, presso lo studio dell’avvocato Stefania Stemperini, rappresentata e difesa dall’avvocato Adriano Calandrella;

– ricorrente –

contro

T.G., T.M., T.S., in proprio e quali eredi della sig.ra M.G., elettivamente domiciliati in Roma, Via Chiusi 31, presso lo studio dell’avvocato Alessandra Scarnati, rappresentati e difesi dagli avvocati Ugo Marinucci, Raniero Marinucci;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1188/2019 della Corte d’appello de L’Aquila;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– la sig.ra G.A. impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello de L’Aquila che ha accolto il gravame proposto dagli eredi di M.G. e respinto la sua domanda di accertamento dell’intervenuta uscapione del fondo rustico sito in ***** censito al ***** al foglio ***** p.lla *****;

– la causa era stata introdotta nel 2010 dalla sig.ra G. nei confronti della sig.ra M., formale titolare del terreno, e si era conclusa in primo grado con la sentenza del Tribunale de L’Aquila di accoglimento della domanda attorea, sentenza gravata da T.S., T.G. e T.M., eredi della M.;

– la sentenza d’appello respinge la domanda della G. sostenendo l’ammissibilità della produzione documentale di parte appellante T. e argomentando che dall’istruttoria non è emersa la prova del possesso esclusivo ultraventennale in capo alla G.;

– la cassazione della pronuncia è chiesta con ricorso affidato a due motivi, cui resistono i sigg.ri T. con controricorso;

– la relatrice ha formulato proposta ex art. 380 bis c.p.c. di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 345, c.p.c., comma 3, come novellato dal D.L. n. 83 del 2012 convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto plausibile quanto dedotto dagli appellanti circa l’impossibilità di reperire tempestivamente le fotografie in questione per causa non a loro imputabile, consistita nel terremoto che ha devastato l’immobile dove le stesse erano conservate e rendendo tale immobile inaccessibile sino a tutto il 2014, perché ricompreso nella zona rossa ove l’accesso era vietato a seguito di ordinanza del Comune de L’Aquila n. 67/2009;

– la censura appare inammissibile perché attinge la valutazione di fatto e non l’applicazione di diritto dell’art. 345 c.p.c., comma 3, così come novellato ed a mente del quale non sono ammessi i nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile;

– parte appellante ha allegato le ragioni dell’impedimento alla produzione delle fotografie in primo grado, identificando tali ragioni con la impossibilità di accedere al luogo in cui dette fotografie erano custodite, in ragione del divieto di accesso alla zona rossa disposto successivamente al terremoto che ha interessato la città di L’Aquila e dintorni nel 2009; persuasivamente, quindi, la corte distrettuale ha ritenuto tale ragione idonea ad integrare la “causa non imputabile” di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3; i riferimenti svolti a pag. 5 del ricorso alla data della stampa delle fotografie ed al formato delle stesse, d’altra parte, propongono questioni di fatto non scrutinabili nel giudizio di legittimità;

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’erroneità della sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio nonché, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per motivazione omessa o apparente;

– deduce la ricorrente l’erroneità della valutazione svolta dalla corte territoriale in ordine all’attendibilità delle prove testimoniali escluse su richiesta delle parti;

– la censura è inammissibile giacché, per un verso, va qui rimarcato che l’apprezzamento della attendibilità dei testi rientra nei poteri del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se, come nella specie, è motivato (Cass. 98/2019); per altro verso, perché essa non attinge la ratio decidendi;

– la corte territoriale, infatti, ha ritenuto decisivo, ai fini del giudizio sull’assolvimento dell’onere della prova dell’usucapione, l’accertamento, emerso all’esito dell’istruttoria, di una situazione di fatto tale da far escludere che la G., attrice in usucapione, avesse esercitato – per la durata di venti anni a decorrere dal 1986 – un godimento del fondo qualificabile come possesso uti dominus, connotato, cioè, dal concreto esercizio dello jus excludendi alios;

– la corte territoriale ha ritenuto, in particolare, che l’istruttoria testimoniale abbia consentito di accertare che la convenuta M., a prescindere dalla mancanza di un confine visibile, abbia posto in essere attività di raccolta di cibo per animali, di allevamento del pollame e di raccolta di frutti, atti cioè che appaiono idonei a far escludere in capo alla G. il possesso per la durata ultraventennale necessaria al riconoscimento dell’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà del fondo oggetto di lite;

– ebbene, a fronte di tale argomentazione la critica sollevata dalla ricorrente non allega l’omesso esame di fatti decisivi ma ripropone circostanze di fatto, quali le caratteristiche della costruzione a confine ovvero il rigetto dell’azione di spoglio proposta dalla convenuta contro il marito della G., evidenziando come un diverso apprezzamento di fatto delle suddette circostanze avrebbe potuto condurre alla conferma della sentenza di prime cure favorevole alla ricorrente;

– si e’, tuttavia, in entrambi i casi al di fuori del sindacato della corte di cassazione sulla legittimità della pronuncia impugnata non ravvisandosi né una motivazione apparente (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014; Cass. sez. 3, n. 23940/2017) né la mancata considerazione di fatti decisivi (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014; Cass. Sez. 2, n. 27415/2018);

– l’inammissibilità di entrambi i motivi comporta l’inammissibilità del ricorso e, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la-ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 850,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del *****, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021

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