Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza Interlocutoria n.24707 del 14/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 15591/2019 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliata in CASSANO D’ADDA, VIA DIONIGI, 44, presso lo studio dell’Avvocato SIMONA MERISI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.D., con domicilio eletto alla casella PEC davide.palmieri.monza.pecavvocati.it, e alla casella PEC debenedetti.pec.avvocatidebenedettituis.it., rappresentato e difeso dall’Avvocato Antonino DE BENEDETTI;

– controricorrente –

e contro

Z.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1134/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/05/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

IN FATTO E IN DIRITTO

– che M.P. ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 1134/19, del 13 marzo 2019, della Corte di Appello di Milano, che – rigettato il gravame dalla stessa esperito avverso l’ordinanza n. 3209/17, del 4 dicembre 2017, del Tribunale di Milano – ha confermato la reiezione domanda ex art. 2901 c.c., proposta dall’odierna ricorrente per conseguire la declaratoria di inefficacia dell’atto di cessione con il quale, nel maggio 2012, il proprio debitore P.D. cedeva alla di lui moglie, Z.A., crediti verso terzi, nascenti da sentenza (la n. 172/16) resa dalla medesima Corte milanese;

– che riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essere creditrice del P., in forza di titolo costituito dalla sentenza n. 3269/15, del 24 aprile 2015, della Corte di Appello di Milano (confermativa della decisione resa dal locale Tribunale n. 2560/14, del 16 luglio 2014), che riconosceva il medesimo responsabile del reato di calunnia, condannandolo, tra l’altro, a risarcire – per quanto qui di interesse – il danno e le spese legali alle parti civili costituite, tra le quali la predetta M.P.;

– che in forza di detto titolo esecutivo, la M. notificava – tra il 19 febbraio e il 2 marzo 2016 – atto di pignoramento presso terzi, nei riguardi di U.A., B.A.M., R.D. e A., nonché della società Fondamenta S.p.a., tutti debitori del P., in ragione della già indicata sentenza n. 172/16 della Corte meneghina;

– che nel corso di tale procedura esecutiva il P. depositava memoria – qualificata dal giudice dell’esecuzione come contestazione ex art. 549 c.p.c. – nella quale eccepiva l’intervenuta cessione, giusta atto del maggio 2012 in favore della moglie Z.A., dei crediti oggetto del pignoramento, cessione della quale assumeva di aver dato comunicazione, per interposta persona, ai debitori ceduti, in data 8 febbraio 2016 (ovvero, sottolinea la ricorrente, appena tre giorni dopo che un primo atto di precetto, da essa notificato al P., era stato dallo stesso ricevuto);

– che per la declaratoria di inefficacia di tale atto di cessione ha agito in giudizio la M., ex art. 702-bis c.p.c.;

– che il primo giudice, non ritenendo necessaria alcuna attività istruttoria, pronunciava – nella contumacia della Z. il rigetto della domanda, sul rilievo del difetto di prova dell’avvenuta cessione, in ragione del mancato rinvenimento tra gli atti di causa della comunicazione dell’8 febbraio 2016;

– che esperito gravame dall’attrice soccombente, il giudice di appello lo respingeva, ma sulla base di diversa motivazione, ritenendo, infatti, che quel documento non fosse l’atto di cessazione, “ma solo la comunicazione con la quale il cedente comunica al legale dei debitori ceduti l’avvenuta cessione”, e dunque, come tale, non idoneo a provare il revocando atto dispositivo, ritenuto “presupposto indispensabile ai fini di valutare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 2901 c.c., comma 1, nn. 1 e 2, ossia l’anteriorità al sorgere del credito e l’onerosità dello stesso”;

– che avverso la sentenza della Corte ambrosiana ha proposto ricorso per cassazione la M., sulla base di quattro motivi;

– che il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e degli artt. 2901, 2697 e 1264 c.c.;

– che esso censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto indispensabile la produzione dell’atto di cessione (distinto dalla sua comunicazione al debitore ceduto) quale presupposto per l’esercizio dell’azione revocatoria, reputando, inoltre, non idonea a provare l’avvenuta cessione neppure la mancata contestazione della stessa da parte del P.;

– che il secondo motivo denuncia sia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e degli artt. 2901 e 2697 c.c., sia omessa valutazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

– che esso contesta la sentenza della Corte territoriale per aver ritenuto necessaria la produzione dell’atto di cessione ai fini della valutazione dell’onerosità della stessa e della sua anteriorità al sorgere del credito (e ciò anche con riferimento alla cessione di crediti futuri), ponendo inoltre a carico dell’attore la prova sia dell’onerosità della cessione, che dell’anteriorità del suo credito rispetto all’atto revocando;

– che il terzo motivo denuncia nullità del procedimento in relazione all’art. 702-ter c.p.c., per mancata integrazione istruttoria e/o conversione del rito per l’acquisizione dell’atto di cessione, ove ritenuto indispensabile, richiamandosi, sul punto, al principio affermato da questa Corte e secondo cui nel processo sommario di cognizione il giudice non può decidere la controversia in applicazione della regola di giudizio ex art. 2697 c.c., nel senso che esso non può dare per esistenti fonti di prova decisive e, nel contempo, astenersi dal disporne l’acquisizione d’ufficio;

– che, infine, il quarto motivo denuncia violazione di legge e nullità della sentenza, in relazione all’omessa pronuncia della domanda di revoca dell’ordinanza con cui essa appellante è stata condannata, ai sensi dell’art. 293 c.p.c., al pagamento di una sanzione pecuniaria;

– che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, il solo P. (peraltro, indicando erroneamente nel proprio atto il numero di ruolo generale del presente giudizio come “RG 15159/19” e non come 15591/19);

– che è rimasta, invece, solo intimata la Z.;

– che il controricorrente P. non ha ricevuto comunicazione dell’adunanza camerale fissata per il 7 maggio 2021;

– che, pertanto, occorre procedere a rinvio a nuovo ruolo, onde consentire al controricorrente – nel rispetto del principio del contraddittorio – di essere reso edotto della fissazione di nuova adunanza camerale, anche ai fini dell’eventuale deposito di memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

PQM

La Corte dispone rinvio a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 7 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021

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