Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24728 del 14/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12845-2020 proposto da:

A.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LETTERE CARLA;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 2, presso lo studio dell’avvocato ALFONSI GUIDO, rappresentato e difeso dall’avvocato BONANNI ANTONELLO;

– controricorrente –

contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1810/2019 della CORTE D’APPELO DI L’AQUILA depositata l’08/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA ANDREA.

RILEVATO

– che, per quanto ancora di interesse, la Corte d’Appello dell’Aquila, nella causa di separazione personale pendente tra F.G. e A.G., ha rigettato l’appello incidentale proposto da quest’ultima avverso la statuizione del Tribunale de L’Aquila, che ha rigettato la sua domanda di assegnazione della casa sita in L’Aquila loc. San Marco di Preturo, alla via del Peschio n. 1/A, istanza formulata dalla sig.ra A. quale genitore affidatario e collocatario della figlia minore F.D.;

– che la Corte d’Appello ha evidenziato che l’abitazione sita in l’Aquila ebbe la funzione di centro di aggregazione familiare solo nei primi due anni di matrimonio, prima della nascita della figlia, la quale crebbe e costruì i propri riferimenti affettivi in una diversa città, come, peraltro, dimostra la scelta dei coniugi di posticipare il loro rientro a l’Aquila (dopo che la casa era già stata ristrutturata) a causa della missione all’estero del sig. F., militare di carriera, giacché il nucleo familiare era radicato e poteva contare su riferimenti parentali nella città di Tarquinia;

– che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.G., affidandolo a cinque motivi, mentre F.G. ha resistito con controricorso;

che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis;

che la sig.ra A. ha depositato la memoria ex art. 380 bis. c.p.c..

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Corte d’Appello considerato l’evento del sisma aquilano nel 2009, e, in particolare, che, senza il terremoto, i coniugi non avrebbero mai abbandonato l’abitazione sita in l’Aquila, la quale aveva continuato ad essere la “casa familiare”;

2. che con il secondo motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero che i coniugi avevano vissuto tutti quegli anni in Tarquinia come ospiti della casa del sig. F., con la conseguenza che la casa di Tarquinia non aveva mai rappresentato un centro degli affetti e legami familiari;

3. che con il terzo motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte d’Appello affermato che la casa di l’Aquila, al momento del trasferimento della famiglia, non fosse pronta, essendo viceversa tale abitazione pronta dal 2014, essendo il rientro stato concordato per il 2016 una volta terminati ulteriori lavori di ristrutturazione e dopo il ritorno del F. da una missione all’estero;

4. che con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere i giudici di merito ammesso la prova per testi finalizzata a provare la volontà di entrambi i coniugi di continuare a considerare come “casa familiare” quella sita in l’Aquila in cui avevano vissuto fino al 2009, anno del sisma;

5. che con il quinto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per errata qualificazione giuridica da parte della Corte d’Appello della nozione di “casa familiare”, in contrasto con quanto statuito da questa Corte nella sentenza n. 3331/2016;

6. che tutti i motivi, da esaminare unitariamente, essendo tutti riconducibili alla disputa tra le parti sulla nozione di casa familiare, sono infondati;

– che va preliminarmente osservato che l’art. 337-sexies c.c., comma 1, la cui formulazione richiama il precedente art. 155-quater c.c., indica quale criterio prioritario per l’assegnazione della casa coniugale l’interesse della prole, volendosi tutelare l’interesse dei figli (dopo la crisi matrimoniale) a continuare a vivere nell’ambiente in cui sono cresciuti, al fine di salvaguardare la continuità dell’ambiente domestico in funzione del mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate (vedi Cass. n. 25604/2018; conf. Cass. n. 3015/2018; Cass. n. 14553/2011);

che, in particolare, soprattutto l’ultima delle pronunce sopra citate ha precisato che l”assegnazione della casa familiare, rispondendo all’esigenza di conservare l'”habitat” domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza;

che, nel caso di specie, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, se è pur vero che fino al 2009, anno del terremoto, i signori F. – A. avevano per due anni adibito l’abitazione di proprietà esclusiva del controricorrente a casa coniugale, tuttavia, costretti ad un trasferimento forzoso in altra località a causa del tragico evento, la loro figlia minore Daniela era nata solo successivamente nel 2011 e la famiglia ha per ben sette anni vissuto a Tarquinia dove aveva potuto contare su riferimenti familiari;

che, pertanto, se è altrettanto vero che il trasferimento dalla casa di l’Aquila non fu dovuto ad una volontà dei coniugi, il verificarsi del terremoto ha comunque comportato che nell’abitazione di l’Aquila la figlia minore non vi abbia mai messo piede e non ha quindi mai rappresentato il luogo in cui si sia svolta la vita della famiglia, quello in cui si sia costituito rhabitat ” domestico nei termini sopra illustrati, con conseguente non configurabilità a monte dell’esigenza posta a fondamento del prioritario criterio di assegnazione della casa coniugale previsto dalla legge, ovvero tutelare il diritto dei figli alla continuità dell’ambiente domestico;

che, peraltro, anche a voler richiamare l’arresto di questa Corte Pla.tasniiai5tit09/2021 (in cui era stata assegnata la causa coniugale alla moglie, nonostante la mancata fruizione da parte del minore di tale abitazione al momento della nascita, in virtù della pregressa convivenza dei coniugi presso tale abitazione e della destinazione a casa familiare impressa a tale immobile), non ricorre comunque la stessa fattispecie;

– che, infatti, in primo luogo, la casa di l’Aquila non è stata acquistata – a differenza del caso esaminato dalla sentenza sopra citata – con un impegno comune di entrambi i coniugi (ritenuto chiaro indice della volontà di realizzare un progetto di vita familiare), essendo, invece, di proprietà esclusiva del sig. F., e non vi è stato, inoltre, un allontanamento solo temporaneo dei coniugi dalla casa coniugale, essendosi, nel caso di specie, la vita familiare articolata in una diversa località per molti anni, 7. che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo; sussistono i presupposti per la condanna al doppio del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021

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