Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24773 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30350-2019 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FALERIA 10 (TEL E FAX 0984/408643), presso lo studio dell’avvocato MANFREDO PIAZZA, rappresentata e difesa dagli avvocati PEPPINO RUSSO, STEFANIA CORTESE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 776/3/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA, depositata il 15/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

CONSIDERATO IN FATTO

1. A.R. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza avverso il preavviso di iscrizione ipotecario riferito a plurime cartelle esattoriali per tributi ed imposte varie per un totale complessivo, comprensivo di interessi sanzioni, pari ad Euro 281.806,87 deducendo la mancata notifica delle cartelle di pagamento.

2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate e la Commissione Regionale Tributaria della Regionale della Calabria dichiarava inammissibile l’intervento di Agenzia delle Entrate e Riscossioni ed accoglieva l’appello rilevando, che, con la produzione delle relate di notifica, era stata fornita dall’Ufficio la prova delle notifica delle cartelle esattoriali.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente affidandosi a tre motivi. L’Agenzia delle Entrate non si è costituita.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 11 e 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si sostiene che la CTR non ha rilevato la nullità dell’appello dal momento che l’Agenzia delle Entrate è stata rappresentata sia nel giudizio di primo grado che in quello di appello da un avvocato del libero foro.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione dell’art. 2719 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, n. 1, per avere la CTR erroneamente ritenuto non dimostrata la notificazione delle cartelle di pagamento sulla base della produzione da parte dell’Agente di Riscossione non degli originali ma delle copie degli avvisi di ricevimento delle raccomandate.

1.2 Con il terzo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sull’invocata prescrizione dei crediti vantati dall’Agente di Riscossione.

2 Il primo motivo è infondato.

2.1 Dalla intestazione della sentenza si evince che l’Agenzia delle Entrate, a differenza dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione, non si è avvalsa di un professionista appartenente al libero foro ma è stata in giudizio direttamente 3. Il secondo motivo è infondato.

3.1 La CTR, con accertamento insindacabile in questa sede, ha affermato che l’Ufficio ha fornito la prova della notifica delle cartelle sottese al preavviso di iscrizione di ipoteca attraverso la produzione di copia della documentazione ed in particolare degli avvisi di ricevimento.

3.2 Sostiene la contribuente che, a fronte del disconoscimento operato dal contribuente della conformità all’originale delle copie degli avvisi di ritorno e non avendo l’Agente di riscossione provveduto a depositare gli originali, la CTR avrebbe dovuto ritenere sfornite di prova le notifiche delle cartelle.

3.3 L’art. 2719 c.c., prevede che “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta”.

3.4 Secondo il consolidato orientamento di questa Corte “l’art. 2719 c.c., esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche e si applica tanto al disconoscimento della conformità della copia al suo originale quanto al disconoscimento dell’autenticità di scrittura o di sottoscrizione, dovendosi ritenere, in assenza di espresse indicazioni, che in entrambi i casi la procedura sia soggetta alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c.. Ne consegue che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico e non equivoco alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione, mentre il disconoscimento onera la parte della produzione dell’originale, fatta salva la facoltà del giudice di accertare tale conformità anche aliunde” (Cass. n. 5077 del 2017, Cass. n. 13425 del 2014, Cass. n. 19680 del 2008, Cass. n. 1525 del 2004).

3.5 Si afferma, dunque, il principio che la contestazione non può mai essere generica ed anche in presenza di uno specifico rilievo resta sempre salva la possibilità del giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzione 3.6 Nel caso di specie l’impugnata sentenza, nell’affermare che l’appellata non ha offerto il benché minimo elemento che potesse far dubitare della difformità rispetto all’originale di tutti o solo alcune dei documenti prodotti (nella specie le cartoline attestanti le avvenute notifiche alla contribuente che apparivano essere copie chiare e senza alcun segno di contraffazione), si è uniformata ai principi giurisprudenziali sopra esposti.

4 Il terzo motivo è inammissibile in quanto formulato in violazione dell’art. 369, comma 2, n. 4 (difetto di “autosufficienza”).

4.1 Per consolidata giurisprudenza (cfr tra le più recenti Cass. n. 29093 del 2018, Cass. n. 19048 del 2016) il ricorrente quando intenda dolersi della non corretta valutazione di un atto o di un documento da parte del giudice di merito deve, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369, comma 2, n. 4, produrlo in atti o di indicarne il contenuto (trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso).

Tale onere è imposto anche nel caso in cui vengono fatti valere, come nella fattispecie, vizi processuali dell’impugnato provvedimento.

4.2 Sul punto la Corte in più di una occasione ha enunciato il seguente principio ” l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità “(cfr. Cass. n. 22800 del 2017, Cass. n. 20405 del 2006) 5.3 Nel caso in esame A.R. si è limitata a rappresentare in modo del tutto generico che la CTR non ha statuito sulla prescrizione senza indicare la sede processuale in cui è stata proposta la relativa eccezione e senza riportare nel ricorso i passi degli atti difensivi contenenti le specifiche censure non consentendo, quindi, a questa Corte di poter verificare l’asserito errore omissivo commesso dai giudici di seconde cure.

3 Il ricorso va, quindi, rigettato.

4 Nulla è da statuire sulle spese non essendosi costituita l’Agenzia delle Entrate.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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