LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34539/2019 R.G., proposto da:
l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, con sede in *****, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
– ricorrente –
contro
P.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandro Rizzo, con studio in Catanzaro, elettivamente domiciliata presso l’Avv. Pino D’Alberto, con studio in Roma, giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
– controricorrente –
Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria il 10 aprile 2019 n. 1170/04/2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 14 aprile 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
RILEVATO
CHE:
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria il 10 aprile 2019 n. 1170/04/2019, non notificata, la quale, in controversia su impugnazione di comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria per il mancato pagamento di avvisi di accertamento per IRPEF ed IVA relative all’anno d’imposta 2008, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dalla medesima nei confronti di P.M. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro l’8 novembre 2016 n. 2825/05/2016, con compensazione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha pronunziato l’absolutio ab instantia sul presupposto che l’Agenzia delle Entrate – Riscossione non potesse costituirsi in giudizio mediante il patrocinio di un difensore del libero foro. P.M. si è costituita con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso per cassazione. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta redatta dal relatore designato è stata notificata al difensore della parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza, la controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2, art. 12, comma 1, e art. 15, comma 2-sexies, del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 4-novies, convertito, con modificazioni, nella L. 28 giugno 2019, n. 58, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver erroneamente ritenuto che l’Agenzia delle Entrate – Riscossione dovesse essere difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato nel giudizio di appello, non potendo costituirsi mediante il patrocinio di un difensore del libero foro.
2. Con il secondo motivo, in via subordinata, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 182 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11 e art. 12, comma 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver consentito all’Agenzia delle Entrate – Riscossione di sanare il difetto di rappresentanza processuale mediante l’assegnazione di un termine per la costituzione della difesa erariale.
Ritenuto che:
1. Preliminarmente. si deve disattendere l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, che la contribuente ha formulato in controricorso (e ribadito in memoria) sul presupposto che la sentenza impugnata sarebbe stata notificata il 19 aprile 2019 all’agente della riscossione presso il domicilio eletto del difensore costituito nel giudizio di secondo grado, il quale ne avrebbe ritirato la copia il 2 maggio 2019. Per cui, al momento della notifica del ricorso per cassazione l’11 novembre 2019 sarebbe già decorso il termine “breve” di sessanta giorni.
1.2 Tuttavia, come è stato riconosciuto dalla stessa contribuente, la sentenza notificata è stata depositata presso la Segreteria della Commissione Tributaria Regionale dopo la scadenza del termine fissato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 2 (cioè oltre trenta giorni dopo la relativa notifica).
La predetta disposizione impone alla parte che provvede alla notifica della sentenza l’onere di depositare, “nei successivi trenta giorni, l’originale o copia autentica dell’originale notificato, ovvero copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale unitamente all’avviso di ricevimento nella segreteria, che ne rilascia ricevuta e l’inserisce nel fascicolo d’ufficio”.
Secondo il più recente orientamento di questa Corte, dall’inadempimento di tale ultima formalità, che la notificante ha ammesso di non aver osservato, discende l’inapplicabilità del termine “breve” di impugnazione e, conseguentemente, la tempestività del ricorso proposto dalla difesa erariale nel termine lungo previsto dall’art. 327 c.p.c. (Cass., Sez. 5, 8 novembre 2017, n. 26449; Cass., Sez. 5, 28 febbraio 2018, n. 24616; Cass., Sez. 5, 1 agosto 2019, n. 20740).
Al riguardo, occorre ribadire che questo collegio – in linea con la tendenza maggioritaria – non condivide il principio affermato in un isolato arresto (Cass., Sez. 6-5, 2 marzo 2015, n. 4222), secondo cui “a nulla (…) rileva, quanto meno per quel che riguarda gli effetti correlati al decorso del termine breve di impugnazione, il mancato deposito della ricevuta di consegna diretta all’Agenzia pure previsto dai ricordato art. 38, comma 2 cit., non risultando dalla lettera della legge alcuna sanzione correlata all’inadempimento di siffatto onere – per come evidenziato dalla dottrina unanime – né potendo l’omesso deposito produrre effetti ai fini della conoscenza della sentenza una volta che la notifica a mani proprie della stessa è stata, come detto, ritualmente eseguita”.
Infatti, secondo l’indirizzo prevalente di questa Corte, quelle previste nella disposizione in esame sono formalità procedimentali che la norma in esame prevede come necessarie al fine del decorso del termine breve di impugnazione, automaticamente conseguendo all’inadempimento di una di quelle formalità il decorso del diverso termine di impugnazione, ovvero quello lungo previsto dall’art. 327 c.p.c.; invero non si tratta di una “sanzione correlata all’inadempimento di siffatto onere”, quanto piuttosto dell’inoperatività di un termine (quello breve per impugnare) piuttosto che di un altro (quello lungo); a quanto detto deve aggiungersi che il rispetto della forma imposta da una norma procedimentale come quella in esame, esime da ogni valutazione sullo scopo avuto presente dal legislatore con l’imporre simili formalità, non potendo il giudice essere impegnato in tali valutazioni e conseguentemente negare rilevanza a quelle normativamente imposte, soprattutto quando, come nel caso di specie, l’opzione di scelta dell’esercizio dei diritto (di impugnazione) in un determinato termine (peraltro, perentorio) è direttamente condizionato dal rispetto o meno di quelle formalità; peraltro, in applicazione dei principio secondo cui “le forme processuali sono prescritte al fine esclusivo di conseguire lo scopo ultimo del giudizio” (tra le altre: Cass., Sez. Un., 12 marzo 2014, n. 5700; Cass., Sez. Un., 20 luglio 2016, n. 14916; Cass., Sez. Un., 29 maggio 2017, n. 13452), è necessitata la conclusione che alla posizione della parte che omette l’adempimento di tutte le formalità prescritte dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 2, per far decorrere all’altra parte il termine breve per impugnare la sentenza della commissione tributaria, deve preferirsi la posizione di quest’ultimo soggetto che, invece, constatato l’inadempimento ad una di quelle formalità, abbia ritenuto inoperante quel termine (Cass., Sez. 5, 8 novembre 2017, n. 26449; Cass., Sez. 5, 1 agosto 2019, n. 20740). Ne discende che l’inosservanza del prescritto adempimento comporta la decorrenza del termine “lungo” di impugnazione ed impedisce l’irrevocabilità della sentenza impugnata dopo la decorrenza del termine “breve” dalla relativa notifica, rendendo irrilevante (tamquam non esset) l’eventuale apposizione della formula di passaggio in giudicato sulla copia notificata.
1.3 Si può, quindi, procedere all’esame del ricorso per cassazione.
1.4 Il primo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento del secondo motivo.
1.5 Secondo questa Corte, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4 – nel rispetto del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17, e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 5, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura dello Stato, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla convenzione tra l’Agenzia delle Entrate Riscossione e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità (tra le altre: Cass., Sez. Un., 19 novembre 2019, n. 30008; Cass., Sez. 5, 29 novembre 2019, n. 32241; Cass., Sez. 6-5, 24 febbraio 2021, n. 5052).
1.6 Quanto alla difesa in giudizio, il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225, dispone: “L’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43 fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del presente art., comma 5, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2”.
1.7 Deve, inoltre, rilevarsi che la norma di interpretazione autentica del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 4-nonies, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. 28 giugno 2019, n. 58, prevede che: “il comma 8 citato, si interpreta nel senso che la Disp. del testo unico di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4, si applica esclusivamente nei casi in cui l’Agenzia delle entrate-Riscossione, per la propria rappresentanza e difesa in giudizio, intende non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nei giudizi a quest’ultima riservati su base convenzionale; la medesima disposizione non si applica nei casi di indisponibilità della stessa Avvocatura dello Stato ad assumere il patrocinio”. Tale disposizione, quindi, chiarisce, con validità ex tunc, che la delibera motivata è necessaria esclusivamente nei casi in cui le controversie vertano su tematiche riservate all’Avvocatura dello Stato su base convenzionale ed essa sia disponibile ad assumerle. Il legislatore ha voluto affermare che la fonte primaria della difesa erariale, in forza del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225, è la convenzione, cui occorre in primo luogo fare riferimento onde verificare la validità del mandato difensivo. Il R.D. 30 ottobre 1933, n. 161, art. 43, comma 4 – con la necessità di adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza – opera dunque solo nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione, nonostante la specifica controversia rientri, in forza della convenzione, tra quelle di competenza dell’Avvocatura dello Stato, non intenda di essa avvalersi.
1.8 In sostanza, non è più sostenibile che la regola generale sia l’avvalimento dell’avvocatura erariale e che quello di avvocati del libero foro sia un’eccezione, perché il tenore testuale della norma – a differenza di quanto solo in apparenza risulta dalle previsioni regolamentari che oltretutto, per principio generale, non sono in grado di interferire sulle norme di rango primario – esclude con chiarezza sia l’organicità che la stessa esclusività del patrocinio erariale, per quanto “autorizzato”, per la chiara alternatività (con l’utilizzo dell’avverbio “altresì”) tra le due facoltà radicate in capo all’Agenzia delle Entrate – Riscossione.
Pertanto, il richiamo, operato dal D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225, al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2, secondo cui: “L’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, nonché dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata”, non esclude che si applichino le nuove disposizioni sulla difesa tecnica (nella dicotomia “pubblica del libero foro”) dettate dalla prima parte del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, stesso art. 1, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225 (Cass., Sez. 5, 29 novembre 2019, n. 32241; Cass., Sez. 6-5, 24 febbraio 2021, n. 5052).
1.9 Detta soluzione interpretativa è stata ritenuta conforme al Protocollo d’intesa del 22 giugno 2017, stipulato tra l’Avvocatura dello Stato e l’Agenzia delle entrate – Riscossione proprio in forza del disposto del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225, secondo cui, in subiecta materia, “L’Ente sta in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti o di avvocati del libero foro, iscritti nel proprio Elenco avvocati, nelle controversie relative a: – liti innanzi al Giudice di Pace (compresa la fase di appello); – liti innanzi alle Sezioni Lavoro di Tribunale e Corte d’Appello; – liti innanzi alle Commissioni Tributarie”. Sul punto, le Sezioni Unite, con la sentenza sopra citata hanno chiarito che “a) se la convenzione riserva all’Avvocatura di Stato la difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia può evitarla solo in caso di conflitto, oppure alle condizioni del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4 (cioè adottando la delibera motivata e specifica e sottoposta agli organi di vigilanza), oppure ancora ove l’Avvocatura erariale si renda indisponibile; b) se, invece, la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa e rappresentanza in giudizio, non è richiesta l’adozione di apposita delibera od alcuna altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro (da scegliere in applicazione dei criteri generali di cui agli atti di carattere generale di cui al comma 5 e nel rispetto dei principi del codice dei contratti pubblici); c) in tutti i casi è in facoltà dell’Agenzia di avvalersi e farsi rappresentare anche da propri dipendenti delegati pure davanti ai giudici di pace e ai tribunali, per di più nulla essendo innovato quanto alle già raggiunte conclusioni per ogni altro tipo di contenzioso” (Cass., Sez. Un., 19 novembre 2019, n. 30008).
1.10 La consapevolezza, da parte del riformatore del 2016, dell’accentramento delle relative ingenti attività in capo ad un ente statale ha da subito imposto che, nel bilanciamento tra l’esigenza di effettività della difesa delle ragioni delle finanze pubbliche e quella del contenimento della relativa spesa, fosse necessario avvalersi non solo dell’organo istituzionalmente deputato alla rappresentanza in giudizio di ogni altro organo dello Stato, ma pure, in realistica considerazione della limitatezza delle sue risorse e della necessità di un razionale impiego di quelle esistenti fino ad improbabili altrimenti inevitabili futuri ingenti incrementi di personale, delle potenzialità prima offerte dalla normativa previgente. Tali potenzialità già il testo originario del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225, ha voluto, quindi, con ogni evidenza non certo limitare, ma anzi valorizzare, esaltare, adeguare e razionalizzare; evidentemente nella consapevolezza che affidare la difesa di un tale mastodontico contenzioso esclusivamente alla difesa interna dei propri dipendenti delegati o al personale, pur sempre limitato e dimensionato su di un organico ancora inadeguato all’improvviso impatto derivante dalla trasformazione del precedente esattore in agenzia statale, dell’Avvocatura dello Stato avrebbe comportato il sacrificio di un’apprezzabile effettività di tutela delle ragioni creditorie pubbliche, drammaticamente sproporzionato rispetto ad astratte esigenze di contenimento della spesa necessaria per la difesa esterna (Cass., Sez. Un., 19 novembre 2019, n. 30008).
1.11 In conclusione, nel caso in esame, anche alla luce dello ius superveniens, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ben poteva costituirsi nel giudizio di appello con avvocato del libero foro, contrariamente a quanto è stato ritenuto dal giudice di merito.
2. Pertanto, apprezzandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo motivo, il ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 14 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021