Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24798 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38608-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 120, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PIERMARINI, rappresentata e difesa dall’avvocato FABRIZIO BELLAVISTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3033/12/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, depositata il 17/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa CAPRIOLI MAURA.

FATTO e DIRITTO

Ritenuto che:

Con sentenza nr 3033/2019 la CTR della Sicilia rigettava l’appello dell’Ufficio nei confronti di M.F. avverso la pronuncia della CTP di Palermo con cui era stato accolto il ricorso della contribuente relativamente al diniego di rimborso per un credito Iva.

Il giudice di appello riteneva che l’Amministrazione non aveva contestato nel provvedimento impugnato e neppure in sede giudiziale la sussistenza dei presupposti sostanziali del diritto al rimborso.

Avverso tale decisione l’Ufficio propone ricorso con un unico motivo con cui si contesta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonché dell’art. 112 c.p.c. dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e ove occorer possa n. 3.

Si lamenta la carente motivazione che non consente di seguire l’iter logico che ha persuaso il giudice a deliberare in una certa maniera.

Si rileva altresì che la decisione impugnata è frutto di un esame superficiale dell’appello dell’Ufficio.

L’intimata si è costituita con controricorso eccependo l’inammissibilità del ricorso e comunque la sua infondatezza.

Il motivo è fondato.

Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dalla contribuente che lamenta un mutamento della linea difensiva da parte dell’Amministrazione finanziaria la quale avrebbe negato il difetto di prova del diritto al rimborso per omessa produzione della documentazione giustificativa. Al riguardo si osserva che il diniego di rimborso non è assimilabile ad un avviso di accertamento, sicché non deve essere motivato alla stregua di quest’ultimo e, inoltre, in sede contenziosa è il contribuente che inoltra la domanda di rimborso ad assumere la veste di attore, sicché la motivazione del rigetto non assume il carattere dell’esaustività (Cass. 2020 nr 22345; Sez. 5, 28 marzo 2018, n. 7629; Sez. 5, 18 aprile 2014, n. 8998; Sez. 5, 5 maggio 2010, n. 10797).

In particolare questa Corte ha affermato (Cass. n. 18427 del 2012) “in tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva la formazione del giudicato interno” (analogamente Cass. n. 15026 del 2014; conf. Cass. n. 21197 del 2014), giacché “nelle liti originate dalla negazione del credito (sia stato esso chiesto a rimborso ovvero sia stato riportato a nuovo (…) l’anno successivo a quello di relativa maturazione), (…) è sempre consentito all’amministrazione prospettare in giudizio argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle espresse nella motivazione del provvedimento negativo (v. per tutte Cass. n. 22567/2004)”; inoltre, “in tema di contenzioso tributario, ove la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo avanzata dal contribuente, quest’ultimo riveste la qualità di attore in senso non solo formale – come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e di provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con le quali l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salvo la formazione del giudicato interno o dove in concreto ne ricorrono i presupposti – l’applicazione del principio di non contestazione” (Cass. n. 29613 del 2011; in tema di onere della prova in materia di azioni di rimborso v. anche Cass. n. 8439 del 2004 e n. 24951 del 2011). Si è quindi affermato che il principio di non contestazione, sicuramente applicabile al processo tributario (Cass. n. 1540 del 2007), opera soltanto sul piano della prova (Cass. n. 9732 del 2016). Alla stregua di tali principi è evidente che nessuno specifico onere di contestazione incombeva sull’amministrazione finanziaria rispetto a quella che era una mera affermazione di parte, rimasta indimostrata, perché “ove l’onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa fatta valere in giudizio non incomba all’Amministrazione finanziaria, quest’ultima non ha l’onere di contestare espressamente i fatti soltanto affermati dal contribuente” (Cass. n. 19187 del 2006; Cass. 2020 nr 25601).

Ciò posto alla luce delle considerazioni sopra esposte si deve rilevare che la motivazione posta a base della impugnata sentenza non rispetta i canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

ll giudice del merito è tenuto a valutare, nel contraddittorio tra le parti e secondo i principi di riparto dell’onere della prova, se la domanda di rimborso proposta dal contribuente è fondata.

Avendo il contribuente impugnato il provvedimento di rigetto dell’istanza di rimborso, l’eventuale illegittimità del provvedimento di diniego del rimborso per difetto di motivazione, non implica, di per sé, il riconoscimento del diritto del contribuente al rimborso, essendo lo stesso onerato di dare prova dei presupposti su cui si fonda la domanda proposta. Questa linea interpretativa, non è stata seguita dal giudice del gravame il quale si è limitato a valorizzare la mancanza di contestazione dei presupposti sostanziali da parte dell’Agenzia delle entrate con riferimento al provvedimento di diniego senza tuttavia esaminare le ragioni esposte dall’Ufficio nell’atto di gravame riportate nel corpo del ricorso in ossequio al principio dell’autosufficienza.

In altri termini il giudice del merito avrebbe dovuto anche verificare alla luce del motivo di appello proposto se la contribuente avesse assolto al proprio onere probatorio.

Accoglie il motivo cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia, in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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