LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32313-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
Contro
SORGENTI SRL IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4287/11/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 22/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CATALDI MICHELE.
RILEVATO
Che:
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza n. 4287/11/2018, depositata il 22 giugno 2018, con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello della Sorgenti s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso della medesima contribuente contro la cartella di pagamento derivante dalla liquidazione automatizzata, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, del modello Irap presentato dalla società contribuente per l’anno d’imposta 2010, dal quale si evinceva il debito d’imposta nella misura dichiarata e non dovuta.
La contribuente è rimasta intimata.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
1.Con l’unico motivo l’Ufficio ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, della L. n. 724 del 1997, art. 30 e dell’art. 2967 c.c..
Assume infatti la ricorrente che il giudice a quo, nel rigettare il relativo motivo d’appello erariale, ha erroneamente ritenuto che nel caso di specie potesse applicarsi il principio, già espresso da questa corte, secondo il quale ” In materia di società di comodo, l’Amministrazione finanziaria non può emettere la cartella D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, ammissibile solo se fondata su un controllo meramente cartolare, per l’importo indicato dal contribuente quale risultato del test di operatività, atteso che i parametri di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30 (nel testo risultante dalle modifiche apportategli dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) non rappresentano il reddito effettivamente percepito, ma dati presuntivi, il cui mancato raggiungimento costituisce, salva la prova contraria, un elemento sintomatico della natura non operativa della società.” (Cass. Sez. 6- 5, Ordinanza n. 25472 del 12/12/2016).
Infatti, nella fattispecie sub iudice, la stessa contribuente, nel rigo 22 del quadro IR della dichiarazione ai fini Irap del 2011, relativa all’anno d’imposta 2011, aveva indicato come dovuta l’imposta, poi non versata, nella medesima misura di cui alla successiva cartella D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis.
E’ vero, peraltro, come pacificamente riconosce la stessa ricorrente, che la contribuente, avvedutasi che l’imponibile dichiarato e liquidato ai fini Ires ed Irap, corrispondente al minimo previsto dal test di operatività L. n. 724 del 1997, ex art. 30, non era stato effettivamente conseguito, aveva proposto interpello all’Agenzia delle entrate, chiedendo la disapplicazione della relativa normativa, e che il Direttore dell’Agenzia aveva riconosciuto la detrazione dal reddito minimo dichiarato di immobilizzazioni materiali, da far valere con l’impugnazione dell’eventuale avviso d’accertamento.
Tuttavia, secondo la ricorrente, da tale iter non poteva trarsi come ha invece fatto il giudice a quo, la conseguenza che lo strumento dell’immediata emissione della cartella di pagamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis fosse precluso a priori, perché non fondato su un controllo meramente cartolare. Infatti, il controllo che aveva dato origine alla cartella era basato proprio sull’originaria dichiarazione ed autoliquidazione effettuata dalla contribuente, che aveva indicato l’imposta (per quanto in misura corrispondente al minimo previsto dal test di operatività) come effettivamente dovuta.
Il motivo è fondato.
Infatti, come già ritenuto da questa Corte (Cass. n. 3394/2019, in motivazione) in fattispecie assimilabile, per quanto qui rileva, a quella sub iudice, anche nel caso in esame l’Amministrazione non ha calcolato l’imposta autonomamente, cioè utilizzando e qualificando come effettivo il reddito dichiarato dalla contribuente quale risultato del test di operatività, determinato secondo i parametri presuntivi previsti dalla L. n. 724 del 1994, art. 30, nel testo applicabile ratione temporis; ma si è limitata a procedere alla liquidazione dell’imposta nella misura dichiarata come dovuta dalla stessa società contribuente al rigo IR22 della relativa dichiarazione Irap (riprodotta in parte qua per autosufficienza nel ricorso).
Va quindi ritenuto legittimo il ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate allo strumento del controllo formale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, per richiedere un importo determinato sulla base di un esame meramente cartolare dei dati forniti dallo stesso contribuente.
Ha dunque errato la CTR laddove ha confermato la decisione della CTP, che aveva dichiarato nulla la cartella impugnata perché emessa all’esito del controllo formale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, sebbene non sussistessero i presupposti di tale strumento e fosse necessario emettere un avviso d’accertamento attraverso il quale eventualmente imputare alla contribuente l’importo (non dichiarato come effettivo, ma solo) indicato da quest’ultima quale risultato del test di operatività.
La sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR per ogni altra questione rimasta assorbita.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Commissione tributaria regionale del Lazio, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021