Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24829 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6793/2020 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

D.D., in qualità di erede di D.A.;

– intimato –

e contro

CONSULTING IMMOBILI D’IMOPRESA, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1211/04/2018 della Commissione tributaria del VENETO, depositata il 16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate emanava avviso di accertamento nei confronti di D.A., accertando un maggior reddito di capitale per l’anno di imposta 2004 a seguito dei maggiori utili extrabilancio accertati nei confronti della società Consulting Immobili d’Impresa s.r.l., a sua volta destinataria di tre avvisi di accertamento. Analogo avviso veniva emesso nei confronti dell’altro socio D.D.. Avverso tali atti impositivi società e soci proponevano ricorso dinanzi alla CTP, giungendo nelle more del giudizio ad un accordo conciliativo con l’amministrazione finanziaria, con cui venivano definiti gli accertamenti societari e di riflesso quelli notificati ai due soci. La CTP, dunque, dichiarava estinto il giudizio per cessata materia del contendere. Stante il mancato versamento degli importi previsti negli atti di conciliazione entro i termini previsti, con conseguente mancato perfezionamento di quell’accordo, l’Ufficio proponeva appello avverso la sentenza di estinzione del giudizio. Nelle more del giudizio di secondo grado veniva sottoscritto dalla società e dal socio D.D. un ulteriore atto di conciliazione e quindi presentata nuova domanda di estinzione del giudizio. I predetti contribuenti tuttavia non versavano le somme stabilite nel nuovo accordo, sicché l’Ufficio procedeva ad una nuova iscrizione a ruolo. Invece, con riferimento alla posizione dell’altro socio, D.A., non veniva sottoscritta alcuna conciliazione. Successivamente, in data 04/07/2017, il giudizio veniva interrotto per morte del predetto contribuente. A seguito della riassunzione del processo su istanza dell’Agenzia delle entrate del 25/08/2017, la CTR, acquisiva il certificato di morte di D.A. e dava atto che non vi era in atti la prova della compiuta notifica dell’atto di appello al medesimo ovvero ai suoi eredi. L’Ufficio depositava, quindi, memoria con documentazione attestante la notifica dell’atto di impugnazione per compiuta giacenza, sostenendo la ritualità della notifica, la quale era avvenuta anche nei confronti del procuratore domiciliatario del contribuente.

2. Con la sentenza impugnata, la CTR dichiarava l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere nei confronti della società e di D.D., dichiarando l’inammissibilità dell’appello proposto nei confronti di D.A. in quanto l’Agenzia delle entrate non aveva riassunto in termini di legge la causa nei confronti degli eredi del medesimo per instaurare nei loro confronti il necessario contraddittorio.

3. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui non replicano gli intimati.

4. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO

che:

1. Va preliminarmente rilevato che la ricorrente non censura la statuizione d’appello che ha dichiarato l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere nei confronti della Consulting Immobili d’Impresa s.r.l. e D.D. in proprio, sicché, sul rilievo che la ricorrente ha notificato il ricorso anche alla predetta società (ma non al socio), stante il difetto di legittimazione passiva della stessa, il ricorso proposto nei suoi confronti va dichiarato inammissibile senza necessità di provvedere sulle spese processuali, essendo la società contribuente rimasta intimata.

2. Invece, è fondato e va accolto il motivo di ricorso con cui la ricorrente lamenta che la CTR, in violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43, aveva erroneamente posto a carico dell’Agenzia delle entrate, che aveva presentato istanza per la riassunzione del processo interrotto per morte del contribuente D.A., l’onere di provvedere alla notifica dell’istanza agli eredi del medesimo “per instaurare nei loro confronti il necessario contraddittorio”.

3. Osserva il Collegio, alla stregua della chiara lettera della norma censurata e del condivisibile orientamento di questa Corte in materia (cfr. Cass. n. 12672 del 2015; Cass. n. 25363 del 2018), che “la specialità del rito tributario rispetto all’ordinario rito civile detta una sequenza procedimentale ben precisa di carattere officioso, nella quale il Presidente, esaminata l’istanza, fissa l’udienza di trattazione e nomina il relatore e quindi la segreteria, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43, comma 3, provvede alla comunicazione di cui all’art. 31 del citato decreto. La sentenza impugnata, che ha addossato all’Amministrazione un onere di notifica alla controparte dell’istanza di cui al summenzionato decreto, art. 43, comma 2, facendone derivare l’estinzione del giudizio per omessa notifica nel termine assegnato con decreto presidenziale, è incorsa dunque nella denunciata violazione delle citate norme di legge processuale”. Invero, “Il peculiare carattere di ufficiosità della prosecuzione del processo tributario interrotto, come articolato nella sequenza innanzi riportata, fa sì che in questo caso non trovi spazio la norma di rinvio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, stante l’incompatibilità della disciplina propria di detto subprocedimento, nell’ambito del processo tributario, rispetto a quello seguente all’interruzione del processo civile, stante la connotazione di quest’ultimo in ragione della sua più accentuata natura dispositiva (cfr., in senso conforme, Cass. sez. 5, 27 febbraio 2015, n. 4071)”.

4. Ne consegue, in accoglimento del motivo in esame, la cassazione della sentenza impugnata con riferimento alla posizione di D.D., nella sua qualità di erede di D.A., con rinvio della causa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, che, nell’attenersi al principio di diritto sopra indicato, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità tra le predette parti.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti della Consulting Immobili d’Impresa s.r.l.; accoglie il ricorso proposto nei confronti di D.D., quale erede di D.A., cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione tributaria del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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