Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.24865 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15412/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (CF *****), in persona del Direttore p.t., rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

ELECTRONIC SYSTEMS s.p.a. (CF *****), in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso per procura a margine del controricorso dall’avv. Umberto Delzanno e dall’avv. Leonardo Alesii, elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma alla via Dardanelli n. 13;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1421/36/14, depositata in data 10 dicembre 2014, della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2021 dal relatore Dott. Ceniccola Aldo.

RILEVATO

che:

Con sentenza 1421/36/14, depositata il 10 dicembre 2014, la Commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva in parte l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Novara che aveva accolto il ricorso proposto dalla s.p.a. Electronic Systems avverso avvisi di accertamento, relativi agli anni 2005 ed il 2006, nei quali erano state effettuate alcune riprese a tassazione, conformemente ai rilievi contenuti nel pvc.

Osservava la CTR, per quanto ancora di interesse, che, in ordine al primo rilievo, l’attività di accertamento era nata dalla presunzione di insussistenza dell’operazione fatturata, presunzione venuta però meno in forza di una sentenza penale, non definitiva, che poteva essere assunta sotto l’aspetto indiziario, sicché, essendo emerso dall’indagine svolta dal giudice penale, che la P&P s.r.l., società controllata dalla contribuente, non aveva emesso fatture per operazioni inesistenti, si poteva trarre la ragionevole conclusione che le operazioni erano state effettivamente fruite dalla Electronic Systems. Sul punto, dunque, l’appello dell’Ufficio doveva considerarsi infondato.

Quanto invece alla questione concernente l’effettiva determinazione del canone di sublocazione, concernente il contratto stipulato tra la contribuente e la P&P s.r.l., l’Ufficio aveva verificato che la Electronic Sistems aveva preso in locazione dalla società Immobiliare Leopardi s.r.l. un capannone industriale per il canone annuo di Euro 60.340 e poi lo aveva sublocato alla controllata P&P, dedotta una porzione di circa 140 mq., per il minor corrispettivo di Euro 31.000: i verificatori avevano in ciò ravvisato un comportamento palesemente antieconomico, teso a trasferire imponibile verso la controllata per un importo determinato in Euro 23.306. La CTR, considerato che la contribuente aveva preso in locazione un fabbricato di 9.900 metri cubi per Euro 60.340 e ne aveva sublocato solo 7.100 metri cubi, poiché il valore del canone era stato determinato tenendo conto delle volumetrie e non delle superfici, rideterminava il canone, in proporzione al volume, in Euro 43.274 e dunque accoglieva, riguardo a tale aspetto, l’appello dell’Ufficio.

Avverso tale sentenza l’Ufficio propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. Resiste il contribuente mediante controricorso, contenente ricorso incidentale affidato ad un motivo. L’ufficio ha depositato controricorso al ricorso incidentale. Il contribuente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo posto a fondamento del ricorso principale, l’Ufficio lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 645 c.p.p., dell’art. 116 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7 (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la CTR posto a fondamento della decisione, nella parte riguardante la contestazione di operazioni inesistenti, le risultanze di una sentenza penale di assoluzione, recepita in modo acritico e senza operare alcuna autonoma valutazione riguardo agli elementi indiziari utilizzati dall’Ufficio.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. La CTR, partendo dal rilievo che l’attività di accertamento era nata dalla presunzione di insussistenza delle operazioni fatturate dalla società controllata, ha ritenuto di poter superare tale presunzione in base alla pronuncia assolutoria del giudice penale, sicché, secondo il giudice di appello, potendo la sentenza essere “assunta sotto l’aspetto indiziario” ed essendo emerso dall’indagine penale che la controllata non aveva emesso fatture per operazioni inesistenti, doveva trarsene “la ragionevole conclusione che le operazioni furono dalla Electronic effettivamente fruite”.

1.3. L’orientamento espresso dalla CTR contrasta, però, con il principio già affermato da questa Corte, secondo cui “In materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario” (cfr. in tal senso Cass. 28/06/2017, n. 16262).

1.4. Nel caso in esame, al di là del rilievo che la sentenza penale non era neppure passata in giudicato, la CTR, pur partendo dall’esatto rilievo che la sentenza penale poteva essere assunta sotto l’aspetto indiziario (per l’esattezza di tale rilievo, cfr. Cass. 27/02/2013, n. 4924), ha tuttavia finito per omettere del tutto l’esercizio di un autonomo potere di valutazione critica circa la rilevanza dei fatti accertati, anche in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, dovendo il giudice tributario sempre procedere ad un apprezzamento delle conclusioni assolutorie, ponendo a confronto tale decisione con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio.

1.5. Come statuito da Cass. 27/09/2011, n. 19786, infatti, “Nel processo tributario, l’efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione del legale rappresentante della società contribuente per insussistenza del reato di esposizione di elementi passivi fittizi mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, non opera automaticamente per i fatti relativi alla correlata azione di accertamento fiscale nei confronti della società, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto di quella testimoniale del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a fondare una pronuncia penale di condanna. Pertanto, stante l’evidenziata autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretto l’operato del giudice tributario che, nonostante il giudicato penale di assoluzione, ha dato conto che nell’accertamento della indeducibilità dei costi afferenti ad operazioni soggettivamente inesistenti, opposti elementi indiziari permettevano altresì di negare la stessa esistenza oggettiva di tali operazioni, come le risultanze del processo verbale di constatazione, le informative attestanti la non operatività della società straniera destinataria degli esborsi, l’irregolare tenuta della contabilità della contribuente, l’assenza di contratti scritti per prestazioni professionali di terzi e la non autenticità delle relative sottoscrizioni apposte su documenti)”.

2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, il contribuente lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 42, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 54 e 56, degli artt. 2727,2729 e 2697 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973m, art. 41-bis e dell’art. 1362 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la CTR errato nel calcolare il corretto ammontare del canone di locazione in base al computo matematico dei metri cubi locati, con ciò ponendosi non solo in aperto contrasto con i principi che regolano l’autonomia negoziale, ma anche con quelli riguardanti l’onere della prova, avendo l’Ufficio affidato la determinazione del canone a presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. La CTR, nel rideterminare il valore del canone di sublocazione, ha tenuto conto proprio delle osservazioni formulate dal contribuente nel ricorso introduttivo e cioè che vi erano particolari caratteristiche dell’immobile (ravvisabili nell’esistenza di una torre per lavorazioni) che giustificavano la determinazione del canone in base ai volumi e non in base alle superfici. Dopo aver escluso, poi, l’utilizzabilità dei criteri generici desumibili dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare, proprio a cagione delle peculiari caratteristiche dell’immobile, la CTR ha dunque determinato il valore del metro cubo (desumendolo dall’originario contratto di locazione) moltiplicando questo valore per i metri cubi (ridotti, rispetto al contratto originario) oggetto del contratto di sublocazione, così pervenendo all’accertamento di un valore maggiore rispetto a quello pattuito tra le parti e condividendo le conclusioni dell’Ufficio riguardo alla sussistenza di una simulazione del canone di sublocazione.

2.3. Rispetto a tale ricostruzione il contribuente ha obiettato che nel corso del giudizio erano stati dedotti almeno due elementi idonei a dimostrare l’erroneità della ricostruzione dell’Ufficio, ossia la coerenza del canone pattuito rispetto ai valori OMI e l’irrilevanza del mero dato fornito dai mq. locati, dovendosi invece tenere in considerazione il dato maggiormente rappresentativo fornito dai metri cubi.

2.4. E’ di tutta evidenza come tali rilievi siano inidonei a scalfire le conclusioni del giudice di appello che non meritano alcuna censura né sotto il profilo della violazione delle regole poste a presidio del rispetto dell’autonomia negoziale, né del corretto riparto dell’onere probatorio.

2.5. Quanto al primo profilo, riguardante la coerenza del canone rispetto ai dati registrati dall’Osservatorio, infatti, la CTR ha giudicato generici e dunque inapplicabili i criteri OMI, motivando tale convincimento sulla base delle peculiari caratteristiche dell’immobile; quanto al secondo, la CTR non ha fatto altro che applicare il criterio dei metri cubi che era stato proposto proprio dal contribuente.

3. Le ragioni che precedono impongono pertanto l’accoglimento del ricorso principale, il rigetto di quello incidentale, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla CTR del Piemonte che provvederà, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Piemonte che provvederà, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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